9 marzo
Eliandro è stato a casa da scuola qualche giorno – influenza
L’ultimo giorno prima di tornare in classe, quasi del tutto rimesso, si è messo a studiare, mentre io lavoravo al computer. Roba noiosissima. I fiumi più lunghi d’Europa. I laghi più grandi d’Europa. I mari. Come sono fatte le coste: alte e rocciose o basse e sabbiose? Nomi e nomi da mandare a memoria.
Mamma lo sai che io la odio la geografia.
Ogni tanto, una pausa insieme. Vieni a vedere, gli dicevo. La finestra di fronte alla mia postazione di lavoro si affaccia sulla campagna. C’è un pioppo smilzo, proprio qui davanti, su cui due gazze stanno costruendo un nido. Ci fermavamo a spiarle. Tra i rami spogli il nido è ben visibile, grosso come un cesto, disordinato come la nostra cucina. Le due bestiole sono instancabili: scovano rametti, li inseriscono nella matassa, ripartono. Lampi nerazzurri dappertutto.
Continueranno per giorni, abbiamo letto. Poi verranno i piccoli e le prove di volo.
Lo sai perché le gazze si chiamano ladre, gli ho chiesto.
Perché se trovano qualcosa che luccica, se lo prendono, mi ha risposto.
Così, tra un Danubio, una Mar Caspio e una foce a estuario, ci siamo goduti lo spettacolo in prima fila.
Uno sguardo alle cartine: qui ci siamo stati, ti ricordi i fiordi? qui pure, in questo mare abbiamo fatto il bagno. Ci torniamo?
Uno sguardo al cielo: guarda, uno è dentro il nido, vedi la testolina? starà arredando?
Passato il giorno, venuta sera, momento di andare a dormire. Sai mamma -mi ha detto mio figlio- è stata proprio una bella mattina, oggi. Anche se dovevo studiare geografia.
Mi ha fatto sorridere. Oggi anche noi abbiamo trovato qualcosa che luccica, e ce lo siamo preso.
23 marzo
Ogni giorno il giorno anticipa di qualche minuto. Arriva con la sua valigia di ore di luce, batte i vetri della finestra, eccomi, si comincia.
Questo fine settimana cambia l’ora, mi han detto. So già che quell’ora in meno mi peserà sugli occhi come piombo. Eppure tutto chiede di uscire dal letargo, uscire di casa, uscire nel mondo. Sto leggendo quattro libri contemporaneamente (un record), aro pagine ad inchiostro, nemmeno mi pagassero un tanto a riga. Penso che a breve metteremo giù le zucchine e lo scalogno, manca poco. Bisogna aspettare che passino le gelate di inizio aprile, mi han detto.
Eppure è tempo di semina sempre, ogni giorno. Semi nelle parole che dici, che scrivi, nei pensieri che concepisci, negli incontri, nelle canzoni che ascolti.
C’è un seme in quel cielo verso cui alzi gli occhi, nella forma di quella nuvola.
Semi casuali, fortuiti, o covati a lungo. Semi da scegliere con cura, necessari, sorprendenti. Pensavi non crescesse niente, lì, in quella terra arida e ingenerosa… e invece, cos’è quello strano, imprevisto, bellissimo fiore? È sempre tempo di semina, ogni giorno della nostra vita: non è questo che rende interessante il mondo?
30 marzo
Lo yoga è un cammino.
Così, dopo un numero indefinito di anni che lo pratico, mi sono decisa a mettere una piccola pietra miliare sulla mia strada e, al termine di un percorso nel percorso, nei giorni scorsi ho superato l’esame per diventare insegnante.
Un piccolissimo traguardo, ma soprattutto, per come la vedo io, un nuovo inizio stimolante.
Un punto da cui riprendere, quindi. O meglio, continuare.
La destinazione è ignota, ma la direzione è certa: attraverso la pratica, conoscere me stessa. Attraverso me stessa, conoscere quel che c’è, e, più di tutto, quel che sfugge ai sensi.
Lo yoga è una strada possibile. Come lo è la scrittura, la meditazione, camminare. Tutte cose che fanno parte del mio modo di stare nel mondo.
Così avanti, senza fretta. Passo a passo, senza meta, ma con precisa fede nella direzione.
Grazie a chi mi ha accompagnata fin qui.