Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • Il mio cammino di Santiago – Bignami

    On: 30 Giugno 2015
    In: la mia vita e io, viaggi
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    cammino di santiago, fisterra Non sono venute risposte, durante il Cammino di Santiago, e nemmeno le domande. Solo qualche conferma e molti semi di riflessione, che sento muoversi nella terra fonda, mentre non ci faccio caso, e ci saranno i giorni per bucare la crosta di fango che li divide dal giorno.

    E’ stato un viaggio condensato, troppo breve per entrare davvero nello spirito del cammino, per allontanarsi con onestà dalla prova fisica. Ma lungo abbastanza per vedere che mi piace: mettere un passo avanti all’altro forzando gambe e fiato, forzando i piedi a posarsi dritti, le ginocchia a non cedere, i pensieri a non contare i chilometri di mezzo tra te e un punto d’appoggio.

    Ho capito che i dolori e la fatica sono ondivaghi, e quando credi di essere al limite il corpo risponde, a sorpresa, con un passo. E un altro ancora.
    Ho visto che anche sulla strada per la bella Santiago, mentre ti sforzi di purificare la pelle in tossine e sudare via i ricordi che fanno zavorra, anche lì t’incazzi se il cielo si addensa in pioggia, o se un cane di passaggio, vagabondo quanto te, s’ingoia il sacchetto di cibo messo via per pranzo. Poi ci ridi. Dopo, quando avrai la pancia piena.

    Capisci che anche lì c’è chi allestisce la solita sfida tra sé e una pletora di avversari immaginari e sciorina chilometri e tempi di percorrenza, come alle corse campestri che da ragazza odiavo e che mi costringevano a fare, non certo per la potenza della falcata ma per l’ostinazione di arrivare al fondo.
    E anche lì c’è chi parte capace di non tornare, folle d’entusiasmo e di santa incoerenza, alla ricerca dei pezzi di un puzzle che prima o dopo, per qualche strada, in qualche vita, combaceranno per forza. (altro…)

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  • I panni del pellegrino

    On: 4 Giugno 2015
    In: la mia vita e io, viaggi
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    la carta del pellegrinoHo usato la scusa del quarantesimo compleanno almeno una decina di volte. Del resto dovevo pur consolarmi per aver abbandonato la comfort zone degli enta.
    Così ho deciso di regalarmi un tatuaggio (ma alla fine Federico me lo ha regalato lui), un tablet per scrivere meglio durante la transumanza quotidiana da casa a ufficio e viceversa, un ciondolo con il mio simbolo (sarebbe una spirale, l’ho deciso quando ho visto la collana in vetrina, più o meno), una donazione a un’associazione di cui mi fido, un paio di maglie scovate al mercato intorno alla data del genetliaco, una settimana in più di ferie, una cena con la famiglia e altre cosette sparse.

    Mi sono festeggiata come si deve. Ma il piatto forte di questo banchetto che mi sono apparecchiata deve ancora venire. E lo farà precisamente domani, con il volo che parte da Bergamo nel pomeriggio: si tratta di una settimana sul Cammino di Santiago insieme a Cristiana, amica di una vita, pronta anche lei a scorticarsi gli alluci per seguire la Compostela.

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  • Storia di una pubblicazione e grazie sparsi

    On: 12 Maggio 2015
    In: il progetto, la mia vita e io, ovunque tu sarai
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    ovunque tu saraiGrazie. Sei lettere che ultimamente sto usando come un mantra.
    Questo libro mi sta restituendo infinitamente più di quanto non avessi pensato.
    Allora, dal momento che non l’ho fatto tra le pagine del romanzo, voglio dire qui due parole a chi mi ha accompagnata durante il viaggio.

    Per cominciare, le persone che hanno assistito la costruzione, mattone dopo mattone, della storia che è diventata “Ovunque tu sarai“. Tra loro, la motivatrice Silvia-Mathilda Stillday -e le belle donne del gruppo- che mi ha detto, semplicemente: Se quello che ti piace fare è scrivere, perché non lo stai facendo?

    Poi grazie agli amici, primi lettori, che mi hanno imprestato le loro certezze quando le mie latitavano: Roberta, Cristiana, Danila, Erika, Karen, Giusy, Stefania, Tex, Fabrizio, Laura, Betta, Enza, Maurizio, Marco, Alessandra, Robert, Barbara (tutte le foto decenti della sottoscritta sono sue, tipo qulla qui sopra). Con santa pazienza hanno letto, corretto, immaginato. Via mail, al telefono, alle macchinette del caffè in ufficio (eh sì, sono stata parecchio impegnativa). Ma, più di tutto, mi hanno incoraggiato. Perché ciò di cui avevo bisogno sopra ogni cosa era pensare che fosse possibile.
    Grazie a Devis Bellucci che, come nei suoi libri, dispensa saggezza con generosità: senza conoscermi né chiedermi nulla in cambio mi ha aiutata a costruire una sinossi funzionante.

    Qui, nella storia della storia, arriva Barbara, che con il suo entusiasmo contagioso mi convince che il file word a cui stavo lavorando non deve restare chiuso nel cartella sul pc (succedanea del più noto cassetto). Così il manoscritto passa nelle mani di Andrea e poi di Sergio Calderale, a cui devo il primo editing e soprattutto l’ardire di cominciare a crederci.
    Grazie a lui, il lavoro approda al sicuro, tra mani di professionisti che meglio di così non mi poteva capitare: la Walkabout Literary Agency di Fiammetta Biancatelli, Ombretta Borgia e Paolo Valentini. Mi hanno accolta non solo con professionalità impeccabile, ma anche e soprattutto con una dose di umanità, empatia e partecipazione che me li rende da subito insostituibili.
    Da lì a Giunti il passo è stato breve. E’ stato in una telefonata di inizio estate di Paolo che mi dice: Ho delle notizie per te. Sei seduta? E io, sul balcone di casa affacciato sui prati, che penso Sono in piedi, ma ho gambe allenate.
    Il passo è stato in un paio di gite a Firenze, alla sede storica di Giunti, insieme a Fiammetta. Mi sono trovata seduta a una grande scrivania, a parlare con un certa incredulità di personaggi inventati da me. Con un certo imbarazzo, anche, perché mi pareva di essere presa un po’ troppo sul serio, e ogni poche parole mi veniva voglia di dire, No ma è finto, l’ho pensato io, è solo un gioco.
    Invece Donatella e Annalisa mi hanno presa sul serio. Mi hanno insegnato, guidato, ascoltato con pazienza e disponibilità. Così i loro colleghi, durante e dopo l’uscita: Alessandra, Daniela, Martina, Francesco, Alida.

    Nel frattempo, a casa hanno avuto gran sopportazione. Mio padre a suo modo, con l’ironia che nasconde l’orgoglio per questa figlia che passa il tempo libero a mettere in fila parole. Mia sorella che c’è sempre, senza bisogno di dircelo. Federico che non è soltanto l’uomo che ho scelto per la vita, ma il mio primo e accanito sostenitore (e non è da tutti). La sua famiglia, sua mamma e Carola soprattutto, che insieme ai miei impareggiabili zii, mi regalano tempo e spazio per coltivare le mie passioni, facendo i baby sitter quando serve. I miei bambini, che hanno a volte pazienza, e a volte anche no, ma sono loro che mi danno l’energia per tutto.
    Grazie alla mia mamma, ovunque sia, madre anche del mio amore per la scrittura.

    Poi è arrivato IL giorno e lì, se dovessi elencare tutti quelli che mi hanno stordita di calore e tifo, non mi basterebbe un pomeriggio. Ho avuto così tanto entusiasmo intorno che ho finito per crederci anche io: un bel sogno è diventato vero.
    Per farlo, ha scelto una strada sua, mi è bastato incoraggiarlo ai bivi, spronarlo in salita. Ha saputo scegliere mani generose che lo hanno modellato come fosse di creta, cuori fertili dove lasciare un segno piccolissimo.
    A tutti quelli che hanno avuto voglia di sorridergli: grazie.

     Il jolly: ha sei lettere.

    (Questo post è anche la risposta a chi mi ha chiesto perché non ho inserito i ringraziamenti in fondo al libro: sarebbero stati più lunghi del romanzo).

    NB Se qualcuno si trovasse il zona, giovedì 14 maggio, ci vediamo alle 17.30 alla Biblioteca di Chivasso, nell’ambito delle iniziative del Salone del Libro (Salone Off)

    chivasso - 14 maggio - Salone off
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  • Di cavalli, amici, Barbera e una prima volta

    On: 14 Aprile 2015
    In: la mia vita e io, ovunque tu sarai
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    a cavalloOgni anno a Moncestino,  in aprile,  c’è questa manifestazione che si chiama Sagra del Salamino.  Se viene in una bella giornata calda ci si mette alla tavolata allestita in un prato, davanti al salone del comune, che questi piccoli paesi di collina sono così, tutti erba fresca e ombra d’alberi, ci si tira via gli strati a cipolla, residuo d’inverno, e ci si crogiola al sole mangiando e sorseggiando Barbera, come fosse un long drink su una spiaggia tropicale. Noi in genere ci arriviamo a cavallo, così appena dietro la staccionata se ne stanno beati gli equini a godersi il sollazzo dopo la sfacchinata.

    Così è andata domenica scorsa, con due particolari diversi: il primo era la mia scorta di pastiglie per il mal di gola in tasca, causa influenza e tosse da vecchio asmatico.  Il secondo è che,  verso fine giornata,  ho presentato “Ovunque tu sarai“.  Vi dirò,  è stato bello.
    Vestita da cavallerizza, rasentando l’afonia e il mimo, in mezzo al coro da stadio di amici e parenti,  ho raccontato un po’ del libro e un po’ di me.
    Avevo delle perplessità: prima fra tutte il fatto che mi imbarazza parlare di quello che scrivo,  più che se mi intervistassero sulle mie abitudini sessuali.  Invece è andata liscia ed è stata una prima volta che mi somiglia: scompigliata,  semplice,  un po’ buffa.

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  • La notizia, quella vera

    On: 30 Marzo 2015
    In: la mia vita e io, lettera, ovunque tu sarai
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    il mio cuore è una stanza dove si brinda

     

    Succede che hai un desiderio. Anzi, veramente ne hai tanti, ma uno salta fuori con slancio ogni volta che apri il cassetto.
    Succede che ‘sto desiderio, un bel giorno, corteggialo oggi e domani, diventa reale. Di carne, di terra. In questo caso, di carta.

     

    Diventa un libro che si chiama “Ovunque tu sarai” ed è già un bel traguardo per te, che ti sarebbe bastato anche meno per essere contenta. Meno di una copertina sgargiante, di professionisti serissimi che ci lavorano su, che se lo prendono a cuore, che parlano dei personaggi inventati da te come fossero veri; meno di un Editore che manco nei vagheggiamenti notturni. Meno del tuo nome scritto in rosso.
    Che da sempre, si sa, è il tuo colore preferito.
    Dicevo, era già molto bello così.

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  • Istanti rubati a #ottobre

    On: 30 Ottobre 2014
    In: foto, la mia vita e io
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    poldo

     

    Il protagonista di ottobre, insieme all’Autunno è lui: mister Poldo. Tutto ricci e occhi lucidi color nocciola. Benvenuto.

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  • L’avventura vera è a Borghetto Santo Spirito

    On: 17 Settembre 2014
    In: foto, la mia vita e io, viaggi
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    borghetto santo spirito

     

    Negli allenamenti per i marines io proporrei di includere almeno un paio di settimane al mare con bambini dai quattro anni in giù. Fortificano il corpo, lo spirito e -se ne esci intatto- la psiche.
    Se poi almeno uno terremoti è in fase spannolinamento, sei pronto per la promozione.

     

    Noi il nostro addestramento lo abbiamo fatto nella ridente Riviera ligure, in un appartamento tra Borghetto Santo Spirito e Loano, suddividendo coscienziosamente le giornate tra casa e spiaggia. E giostre.
    Arrivavo al letto, certe sere -naturalmente invaso dai due monelli disposti a tetris- che non ero nemmeno più sicura di come mi chiamassi.

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  • Esprimi un desiderio

    On: 24 Luglio 2014
    In: foto, la mia vita e io
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    sanlo3

     

    Risistemando un po’ di foto, mi è caduto lo sguardo su quelle di San Lorenzo, e ho ripensato alla serata della scorsa estate.
    Siamo partiti coi bambini, i ragazzini della settimana vacanze e una manciata di amici nel tardo pomeriggio e abbiamo occupato una radura nel bosco poco lontana da casa. Arrivati tutti, grazie al servizio navetta fuoristrada, abbiamo preparato la grigliata, in attesa che le stelle cadenti, non più nascoste dalla luce del giorno, ci mostrassero le loro danze veloci attraverso il cielo.

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  • La prima volta che…

    On: 23 Luglio 2014
    In: ospiti
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    la prima volta

    Questo post ce lo regala la mia amica Barbara Lamhita Motolese* (grazie!)

     

    La vita dei bambini è piena di prime volte, forse è per questo che sono pieni di entusiasmo.
    C’è una seggiovia a Prali che sale fino a 2000 metri, una seggiovia come tante, che per noi per un giorno è stata LA seggiovia, quella della prima volta sulla seggiovia, la prima volta che i tuoi figli volano su un seggiolino piccolo e li tieni stretti perchè la vita non ti è mai sembrata così piena di pericoli come da quando sei diventato un genitore. Un’altra prima volta, un altro momento di entusiasmo vissuto insieme, tra non molto comincerà a viverle da solo le grandi emozioni ma per ora è ancora tuo il viso che cerca spalancando gli occhi per dirti quanto è alta questa seggiovia, quanto è bello quell’albero, quanti fiori ci sono su quel prato.

     

    Un’altra prima volta, una delle tante.
    A 3 giorni di vita ha sentito l’aria sulla pelle per la prima volta, dormiva ma ha avuto un leggero tremito, avra’ freddo?
    Ad un mese ha riso per la prima volta, non sapeva cos’era, ma gli è piaciuto, tutto ad un tratto emetteva questi buffi suoni e tutti si giravano a guardarlo sorridendo.

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  • Perdere o vincere tutti

    On: 13 Giugno 2014
    In: la mia vita e io
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    vincereI primi Mondiali che ricordo li ho visti al mare. Ero in un appartamento di quelli che trovi in Liguria: piccolo, balcone tra i palazzi, spizzico blu laggiù in fondo al cemento, letti a castello. Eravamo mia madre, mia sorella e io. Lei era piccola e quando l’Italia ha perso sul più bello, ai rigori, è scoppiata in un pianto irrazionale e inconsolabile. Avrà avuto una sciarpa tricolore stretta in mano e si sarà sentita tradita. Come quando la vita promette e poi non mantiene. C’era da uscire a festeggiare con tutta le gente in canottiera e bermuda accalcata su terrazzini asfittici e invece niente: lacrime rabbiose sul piano alto di un letto a castello.

     

    Quelli che ricordo dopo: avevo pochi anni e molta voglia di uscire di casa e partecipare alla vita, ancora misteriosa, dei grandi (ovvero quella fascia di popolazione imperscrutabile tra i 15 e i 20 anni). Con un’amica si stava in cortile a dar guerra all’afa a suon di ghiaccioli, ma al primo scoppio di urla o fischi si sgattaiolava veloci, fino al bar poco distante, a sbirciare le reazioni alla finestra, a intuire un rigore non dato o un fuori gioco appeso al fischio dell’arbitro.

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