Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • li stringo bene tra le ciglia (istanti rubati a #luglio2023)

    On: 2 Agosto 2023
    In: istanti rubati
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    12 luglio
    Ci sono tanti modi di stare insieme. Uno è scendere la sera dopo cena, l’aria rinfrescata, la notte a qualche passo da noi.In cucina i piatti sono ancora sul tavolo, a volte la TV è accesa, a volte un libro è aperto sul divano.
    Scendiamo a chiudere i polli, a difenderli dall’agguato della volpe. Ci aspettano sui trespoli, vicini, mansueti.
    Galletto Garibaldi, Gallina Gabriella, buonanotte.
    A volte facciamo qualche passo intorno a casa, stupendoci di tutto il silenzio che fa da sfondo al nostro confusionario vociare, a volte ci sdraiamo sul tappeto elastico a guardare il cielo, le foglie del salice che lo ricamano. Tra poco risaliamo a casa, forse un film, un dolcetto, forse qualche pagina alla luce della abat jours.
    Le emozioni della giornata svaporano, prenderemo sonno sapendo che abbiamo messo al sicuro quel che abbiamo potuto.

    24 luglio
    Ho dimenticato la borraccia in macchina e mi hai offerto la tua acqua.
    Mi hai messo la crema solare sulla schiena e sei riuscito a ripiegare il sacco lenzuolo e a infilarlo nell’apposito sacchetto – cosa per me più complessa della risoluzione di un rebus.
    Quando ha cominciato a piovere sulla strada per il rifugio, mentre io già ci vedevo correre a zig zag a perdifiato in un film apocalittico, scansando fulmini come bombe a mano lanciate in territorio di guerra, tu senza battere ciglio ti sei infilato il k way e hai continuato a camminare sereno e divertito.
    Suona strano dirlo, perché hai 11 anni e un pezzo, ma stare insieme a te mi dà un senso di sicurezza e tranquillità che di rado ho provato persino con persone adulte. E questo mi fa sentire decisamente fortunata.
    (Poi, vabbè, del fatto che mi dovevi aspettare in salita e che mi hai praticamente stracciata a tutti i giochi di strategia che abbiamo scovato al rifugio, per adesso non facciamo parola con nessuno ;))

    28 luglio
    L’estate è al colmo della fioritura e i giorni sono quelli densi che precedono le partenze.
    Ci sono state notizie apocalittiche di ghiaccio e di fuoco – sembrava un mondo rubato a un fantasy ma succedeva ai nostri vicini di casa.
    Ci sono stati spaventi grandi e piccoli, ancora piu vicini, di quelli che provi a non pensarci ma che lasciano strascichi nelle pieghe del sonno, negli interstizi tra i sogni.
    C’è stato un caldo impossibile e poi giorni nitidi e freschi, buttati a caso nel cuore dell’estate, presi in prestito a un settembre mite. E questa luce lunga, lunga al tramonto che fa brillare i campi di girasole e si intrufola nei filari come ospite atteso e non smette di dire – io la sento: Guardami, non sarei niente se non ci fosse la sera.
    Io ne rubo bocconi, li stringo bene tra le ciglia e me li porto di notte a sciacquare le increspature dei sogni.



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  • il cuore s’allaga di cieli altissimi (istanti rubati a #giugno2023)

    On: 2 Agosto 2023
    In: istanti rubati
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    4 giugno
    Le nostre uscite serali sono così: niente traffico, nessun rumore molesto, pavimento soffice.
    Un gatto ci precede, si stira, si fa le unghie sui tronchi; un cavallo viene a grattarsi il muso contro la tua spalla.
    Io parlo, domando, faccio le foto al tremulo e alle sue foglie argento, alla cresta del gallo e alle formiche sul salice. I bambini chiamano dal balcone, arriva il cane a spaventare un piccione.
    Tu qualche volta fischietti un ritornello, mi metti una mano intorno alla vita, facciamo finta di ballare e siamo bellissimi e scemi e ridiamo e ci pestiamo i piedi.
    (Io, te e la luna delle fragole).

    12 giugno
    (La leva calcistica della classe…)
    Quasi estate, pioggia a singhiozzo – la tropicalizzazione del clima, dicono. Un week end di fine scuola, afa, festa del paese, torneo di calcio. Sabato a fare il tifo a squarciagola succhiando ghiaccioli alla menta sotto il sole, come alle partite di fine anno di un milione di anni fa, ma c’è tuo figlio in campo – maglia numero 6, spettinato come te. Nella testa canti De Gregori (il ragazzo si farà, anche se ha le spalle strette), pensi a tutti i rigori che hai avuto paura di tirare, urli tanto forte che la voce se ne va.
    Domenica sera, dopo un pomeriggio che ti ha ricordato a schiaffi gli sgambetti della vita, ti regali uno spritz in cortile con gli amici. I piedi tra l’erba, poche zanzare, ghiaccio nel bicchiere, frescura. Niente male davvero: c’è ancora luce e il temporale fa il giro largo – oggi forse non ci prende.
    Il torneo, poi, non lo hanno mica vinto, ma quel che vinci e perdi oggi non conta alla fine granché. Perché si sa che un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
    E da come si porta in giro quel suo ingombrante cuore, che a cento anni, come a dodici, è ancora sempre pieno di paura.

    14 giugno
    A volte, nelle sere di quasi estate, sulle strade sterrate sbianacate da una luna diafana e nei prati animati da timide minilepri, mi sembra che la mia vita sia uscita da un romanzo di Kent Haruf. La mia personalissima Holt è adesso silenziosa e docile -si è fermato il movimento del giorno, il buio plana dall’alto e dalla terra sale un tepore umido.
    Cammino sulla terra grumosa dopo tutte le piogge e i pensieri si staccano da me senza sforzo.
    Chiudo il pollaio che le galline son tutte sui trespoli, il becco a frugare le piume e poi mi siedo sul dondolo, le gambe distese davanti, e mi sembra di vederli i vecchi McPheron che chiudono i recinti dopo un giorno di duro lavoro con le giumente. Me li immagino rientrare in casa, lanciare i cappelli sull’appendiabiti con un gesto preciso, accendere i fornelli per scaldare la cena.
    È tardi, tra poco la notte sarà matura, le lucciole fanno capolino tra l’erba, il cuore s’allaga di cieli altissimi.


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  • il tempo è un gatto (istanti rubati a #maggio2023)

    On: 28 Giugno 2023
    In: istanti rubati
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    4 maggio
    Mi sono svegliata cinque minuti prima della sveglia. Saranno state le 5.50 dopo un sonno abbastanza di schifo. Ho cercato di riacciuffare un sogno di cui mi era rimasto poco più del finale: enorme villa nel bosco, alle vetrate decine di dinosauri. Scenografia alla Walt Disney. Peccato aver perso il proseguo.
    Mi sono buttata giù dal letto, il cielo fuori era ancora cenere.
    Sono giorni faticosi: anche la speranza/la preghiera richiede una sua intensità. In macchina, alla radio, davano una bella musica e sul fiume il firmamento trasmetteva un’alba spettacolo: un tuorlo liquido sotto un merletto di nuvole.
    La prendo per una promessa?Al bar della stazione, caffè (cuore con la schiuma) e un libro nuovo (un regalo). Racconti. Ai binari, nuvola di bambini in gita. Vanno al mare. Hanno zaini pieni di dolcetti e tutto il blu già dentro gli occhi.

    11 maggio
    I campi sono pieni di papaveri rossi. Non ricordo di averne mai visti tanti cone quest’anno.
    Li attraverso a piedi per mandar via lo sfarfallio che ogni tanto sento tra lo stomaco e il petto. Per farlo star buono cammino, oppure scrivo.
    Quello sfarfallio mi dice sei inquieta, ma anche: sei qui, sei viva. Non ci piace che ce lo si ricordi, perché la frase si completa così: sei viva ADESSO. Chissà dopo. Chissà domani o tra quarant’anni. Non ci piace che ci si ricordi la caducità. Nemmeno con il coraggio lucido e intaccabile di Michela Murgia. Le sue parole mi accompagnano da giorni. Pungono, eppure consolano. A volte le parole possono farsi vita, possono farsi forza. Se non è un miracolo questo. Le ripasso mentre attraverso campi di papaveri rossi, i petali di carta velina, un palpito nel verde, mazzi fugaci di cuori accesi. 
    (E penso: grazie, anche per questo: “l’Aldilà non è un luogo ma uno stato sentimentale” – semicit.).

    16 maggio
    Faccio spesso uno stesso sogno, in salsa diversa.Sono in un posto nuovo, per lavoro o altri motivi non chiariti. Mancano pochi giorni al rientro a casa e realizzo di non aver visto quasi nulla. Perché?, mi chiedo. Perché non sono andata oltre questa via, quartiere, paese? Perché sono stata così pigra, timorosa, inconsapevole?
    E a quel punto devo recuperare, fare presto.Mi sveglio sempre con la stessa sensazione di incompiuto e delusione. Avrei potuto, avrei dovuto…E con la stessa, implacabile domanda: non è il mondo un luogo di cui avremo visto sempre troppo poco?
    (Solo quel “tornare a casa”, in qualche modo, mi consola…).

    25 maggio
    Visto il meteo non sembrerebbe, ma sono le ulltime settimane di scuola.
    Pare possibile? Un altro anno di mattinate sui banchi, odore di inchiostro e panini tirati fuori nell’intervallo, di atomi-fiumi-regni-genitivi-carlomartello, di ripasso disperato prima che la prof entri in classe – ma oggi interroga o non interroga?
    È passato un altro anno e ne sono passati parecchi dal mio, ultimo anno.Giusto la settimana scorsa ci siamo riviste, con le compagnie del liceo. Ti racconti i figli, le ultime cose al lavoro, i prossimi viaggi, quel giorno che in stazione hai beccato il vecchio bidello o la tale di terza b al bar, e ripassi i ricordi comuni (la gita a Rimini, i capelli nella foto di fine anno e le orrende spalline sotto le magliette). Ma sotto sotto, tra le pieghe di tutti i discorsi, negli spazi tra le parole, tra le risate, è tutto un chiedersi: ma come è andata che siamo qui? Che tutto questo è passato? Che è passato così tanto da quando è passato?
    Il tempo è un gatto, mi dico. Un momento ce l’hai seduto in braccio a farti le fusa che sembra non doversene andare mai più, potresti giurarlo che non se ne va. Un momento dopo è sparito – un balzo flessuoso: resta una sensazione stupita di vuoto e la maglia piena di peli.



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  • sei lettere, una preghiera (istanti rubati a #aprile2023)

    On: 3 Maggio 2023
    In: istanti rubati
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    11 aprile
    Bevo caffè e mangio un pezzo di tortiera napoletana. Insieme a tonnellate di cioccolato e sorpresine sparse è quel che resta di questi giorni di festa. Giorni di sole timido, caccia alle uova nascoste intorno a casa, le persone che amo intorno a un tavolo (intorno a più tavoli, per essere precisi).
    Ieri, pranzo in cortile. I cavalli brucavano alle nostre spalle, ombre silenziose, e il bianco galletto Garibaldi, nuovo ospite del pollaio (grazie Silvana!) prendeva confidenza con il territorio. All’imbrunire, il bicchiere della staffa. Le gambe allungate davanti, le giacche infilate sulle t-shirt, la stanchezza buona dei giorni lunghi. Il clima è stato benevolo e sotto il portico, mi pare, le rondini sono tornate ad abitare i loro nidi. Il nido delle gazze sul pioppo, invece, è seminascosto dalle foglie nuove.
    A sera, rimasta sola, invasa dalla nostalgia che mi viene alla fine della festa, ho spento la musica per ascoltare un po’ di silenzio, dopo tutto il vociare. Per tenermi vicino quella specie di vuoto, questa mia antica fragilità, fedelissima e indivisibile compagna di viaggio.
    Succhiavo in bocca una parola breve -gusto di cioccolato fondente, sei lettere, una preghiera: grazie.

    13 aprile
    Ci sono giorni plumbei e angusti come i corridoi di certe vecchie case. Senza finestre, non arriva il sole che splende fuori, nè l’odore buono che sale dalla terra dopo la pioggia. Solo polvere, pensieri stantiii accatastati come vestiti sporchi abbandonati su una sedia.
    Capitano giorni così. Giorni stretti. Tu prova ad allargarli. Un passo alla volta.

    18 aprile
    non è che poi ci sia granché da dire, quando si invecchia…
    grazie a chi c’è, a chi mi pensa, a chi mi ha fatto gli auguri, a chi in ritardo dirà Me ne son scordato!
    a chi ha fatto tutta questa strada con me, a chi solo qualche pezzo, a chi ho perso per la via, a chi non perderò mai, a chi incontrerò a un certo punto, a chi è sparito per un tratto, e poi eccolo, là, dietro alla curva. a chi mai mi ha lasciata un istante, da questa vita o da quell’altra. a chi mi ha preceduta, a chi mi segue – le nostre impronte mescolate sul sentiero, incorruttibili, indifferenti al prima e al dopo.
    grazie alla strada, al panorama quando sorride, alle salite che spezzano il fiato, ma poi guardi intorno ti dici Accidenti, che roba incredibile, il mondo, visto da qua.
    un grazie speciale a chi, quando mi incontra in giro, non mi dà del lei e non mi chiama signora.
    grazie a me, qualche volta, quando mi lascio in pace, quando sono in pace con me, quando ci metto entusiasmo, quando ci metto il coraggio che serve.
    e grazie al tempo – quanto fatico a dirlo, quanto ci bisticcio ogni giorno, ogni volta che lo prego: Rallenta! – però grazie, alla fine, nonostante tutto, perché in fondo, (in fondo-in fondo) senza lui, non sarei io.
    (E a ognuno di voi, come sempre: grazie!)

    30 aprile
    Saluta con una preghiera ogni cosa che incontri.
    Il vecchio ciliegio spaccato in due che continua a fiorire a primavera, il sasso che hai pestato mille volte, l’ultima neve sulle cime, l’ombra tremante del capriolo nel bosco, l’erba nuova, l’acqua che brilla giù dai torrenti.
    Saluta con una preghiera
    la te che aspetta
    nei luoghi che lascio
    gni volta
    senza lasciarli davvero.

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  • Qualcosa che luccica (istanti rubati a #marzo2023)

    On: 3 Maggio 2023
    In: istanti rubati
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    9 marzo
    Eliandro è stato a casa da scuola qualche giorno – influenza
    L’ultimo giorno prima di tornare in classe, quasi del tutto rimesso, si è messo a studiare, mentre io lavoravo al computer. Roba noiosissima. I fiumi più lunghi d’Europa. I laghi più grandi d’Europa. I mari. Come sono fatte le coste: alte e rocciose o basse e sabbiose? Nomi e nomi da mandare a memoria.
    Mamma lo sai che io la odio la geografia.
    Ogni tanto, una pausa insieme. Vieni a vedere, gli dicevo. La finestra di fronte alla mia postazione di lavoro si affaccia sulla campagna. C’è un pioppo smilzo, proprio qui davanti, su cui due gazze stanno costruendo un nido. Ci fermavamo a spiarle. Tra i rami spogli il nido è ben visibile, grosso come un cesto, disordinato come la nostra cucina. Le due bestiole sono instancabili: scovano rametti, li inseriscono nella matassa, ripartono. Lampi nerazzurri dappertutto.
    Continueranno per giorni, abbiamo letto. Poi verranno i piccoli e le prove di volo.
    Lo sai perché le gazze si chiamano ladre, gli ho chiesto.
    Perché se trovano qualcosa che luccica, se lo prendono, mi ha risposto.
    Così, tra un Danubio, una Mar Caspio e una foce a estuario, ci siamo goduti lo spettacolo in prima fila.
    Uno sguardo alle cartine: qui ci siamo stati, ti ricordi i fiordi? qui pure, in questo mare abbiamo fatto il bagno. Ci torniamo?
    Uno sguardo al cielo: guarda, uno è dentro il nido, vedi la testolina? starà arredando?
    Passato il giorno, venuta sera, momento di andare a dormire. Sai mamma -mi ha detto mio figlio- è stata proprio una bella mattina, oggi. Anche se dovevo studiare geografia.
    Mi ha fatto sorridere. Oggi anche noi abbiamo trovato qualcosa che luccica, e ce lo siamo preso.

    23 marzo
    Ogni giorno il giorno anticipa di qualche minuto. Arriva con la sua valigia di ore di luce, batte i vetri della finestra, eccomi, si comincia.
    Questo fine settimana cambia l’ora, mi han detto. So già che quell’ora in meno mi peserà sugli occhi come piombo. Eppure tutto chiede di uscire dal letargo, uscire di casa, uscire nel mondo. Sto leggendo quattro libri contemporaneamente (un record), aro pagine ad inchiostro, nemmeno mi pagassero un tanto a riga. Penso che a breve metteremo giù le zucchine e lo scalogno, manca poco. Bisogna aspettare che passino le gelate di inizio aprile, mi han detto.
    Eppure è tempo di semina sempre, ogni giorno. Semi nelle parole che dici, che scrivi, nei pensieri che concepisci, negli incontri, nelle canzoni che ascolti.
    C’è un seme in quel cielo verso cui alzi gli occhi, nella forma di quella nuvola.
    Semi casuali, fortuiti, o covati a lungo. Semi da scegliere con cura, necessari, sorprendenti. Pensavi non crescesse niente, lì, in quella terra arida e ingenerosa… e invece, cos’è quello strano, imprevisto, bellissimo fiore? È sempre tempo di semina, ogni giorno della nostra vita: non è questo che rende interessante il mondo?

    30 marzo
    Lo yoga è un cammino.
    Così, dopo un numero indefinito di anni che lo pratico, mi sono decisa a mettere una piccola pietra miliare sulla mia strada e, al termine di un percorso nel percorso, nei giorni scorsi ho superato l’esame per diventare insegnante.
    Un piccolissimo traguardo, ma soprattutto, per come la vedo io, un nuovo inizio stimolante.
    Un punto da cui riprendere, quindi. O meglio, continuare.
    La destinazione è ignota, ma la direzione è certa: attraverso la pratica, conoscere me stessa. Attraverso me stessa, conoscere quel che c’è, e, più di tutto, quel che sfugge ai sensi.
    Lo yoga è una strada possibile. Come lo è la scrittura, la meditazione, camminare. Tutte cose che fanno parte del mio modo di stare nel mondo.
    Così avanti, senza fretta. Passo a passo, senza meta, ma con precisa fede nella direzione.
    Grazie a chi mi ha accompagnata fin qui.

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  • “Tu sei qui” (istanti rubati a #febbraio2023)

    On: 6 Marzo 2023
    In: istanti rubati
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    13 febbraio
    E se dovessi disegnare la mappa della tua vita in questo momento, dove ti collocheresti? Hai presente quelle planimetrie con l’indicazione: “tu sei qui”. Tu sei dove?
    Finito l’ennesimo SanRemo, i figli alle prese con pagelle e i primi amori, mani e piedi nel carnevale e i progetti per l’estate, un corso alle porte, inverno al mattino ma la primavera nell’aria nel sole tiepido del dopopranzo, una storia e le parole per dirla, kefir a colazione, cercare un trattamento antirughe, cercare un volo a buon prezzo (per dove?), il Montana di Watson, lo yoga, la sera Carlo Magno e i verbi irregolari, treni da prendere e una casa -dolce casa- a cui tornare.
    La luna rimpicciolisce ogni notte, verrà quella nuova, e tutto sommato quel che vorrei è restare a lungo nel “tu sei qui” dove sto.

    24 febbario
    Quando i bambini erano piccoli, facevo fare loro un giochino.
    Li facevo mettere accovacciati per terra, chiusi a uovo, la fronte sul pavimento.
    E’ inverno, la terra dorme.
    Tutto è silenzio.
    Tutto è in pace.
    Poi, con i primi raggi di sole, qualcosa si muove.
    A quel punto allungavano un braccio dietro la schiena e un ditino faceva capolino.
    Il germoglio cominciava a diventare piantino, arbusto, poi albero.
    Lentamente -il bello di tutto era la lentezza- si trovavano in piedi, le braccia verso l’alto, rami contro il cielo.
    Gli piaceva molto: me lo hanno fatto ripetere non so quante volte.
    Dopo giorni di leggera influenza, febbre, dolori articolari, oggi mi sento meglio e mi è tornato alla mente quel germoglio. È una piccola primavera, sentir tornare le energie e la voglia di fare.
    E lo so che non è solo influenza. Sono i miei giorni così, questi. Si ripresentano ogni anno, da parecchi anni, ormai. Puntuali. Come vengono, poi vanno. Lasciano sempre qualcosa. Non sempre è male. Non sempre capisco cos’è.
    Chiusa nel guscio, comincio a pensare al germoglio. Lo aiuto un po’.
    Faccio yin yoga, corteggio domande futili, cucino zuppe di ceci e fagioli azuki.
    Chiusa nel guscio, mi godo ancora un po’ di calore.
    Aspetto la neve, carezzo il gatto, prendo appunti senza capo né coda, leggo Selma Lagrlof.  Leggo Chandra Livia Candiani – un mazzetto di righe alla volta.
    “So che ogni viaggio disfa, so che ogni viaggio riconsegna. So che si torna sempre”.
    A metà tra inverno e primavera, mi tengo stretta.
    Mi tengo quel che c’è.
    Per quel che ne sappiamo, tutte le cose nascono al buio.

    25 febbraio
    Così sei tu. Refrattario alle mode e alle convenzioni – spirito libero.
    Arrivi a sera portando legna per il fuoco, un fiore raccolto, due o tre giochi di parole e un gioco di prestigio per farci sorridere.
    Così sei tu. Con i tuoi poteri magici semini poesia anche dove non immagini.

    28 febbraio
    Chiamare il marzo.
    Nel mio paese, quello di montagna, è tradizione antica.
    L’ultimo giorno di febbraio si esce in corteo per le strade con pentole e coperchi e mestoli e campanacci e si fa rumore più che si può.
    Sveglia Primavera, è ora. Esci dalla tana.
    Te ne sei andata, mamma, un 28 febbraio di diciotto anni fa. Non ho messo insieme subito le cose, ma ora so. Nevicava, quella notte, c’era un silenzio ovattato sulle strade di Torino. Ma sulle nostre vie dei monti son sicura che ci fosse un gran baccano..

    “Ricordo di aver pensato: non ci sarà mai un momento in cui non ci penso. E avevo ragione. E avevo torto” (Amy Hempel)

    Ciao ma’.
    Mica si piange, oggi. Si urla forte, insieme, si battono i piedi, si fa un casino da far tremare i muri. Primavera verrà.



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  • Son buoni tutti a viaggiare mentre si viaggia (istanti rubati a #gennaio2023)

    On: 6 Marzo 2023
    In: istanti rubati
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    16 gennaio
    Sveglia alle 5.50 (incredibile, il mondo esiste a quell’ora!), uno strato di nebbia semisolida, due ore per arrivare a destinazione, tra tratti in auto, coi treni (due) e a piedi o in tram. Dopo anni di lavoro quasi sempre da casa, dovrò tornare con più regolarità in ufficio. L’entusiasmo non è alle stelle, diciamocelo.
    Però, durante l’avventura al Nord ho preso appunti. Dicevo (scrivevo) che la vera sfida è portare l’atteggiamento del viaggio nelle piccole imprese quotidiane. Son buoni tutti a viaggiare mentre si viaggia… Per cui me lo ripeto qui, per ricordarmelo. Che certo un atteggiamento di stupore e scoperta porta a nuove scoperte.
    Ci provo?
    (Nel frattempo: al bar della stazione non c’è connessione per fare l’abbonamento e il treno è in ritardo. Convoco all’istante i miei aiutanti magici: libri e caffè, salvatemi voi!)

    19 gennaio
    La luce del Nord è una creatura mutevole. Una lentissima volpe artica che esce dalla tana, si muove quasi camaleontica sul manto bianco.Si muove di continuo, anche quando non te ne accorgi, anche dentro l’apparente buio.E una creatura senziente, la luce del Nord. Vede i tuoi pensieri, il modo in cui sei, e qualche volta te lo mostra.Sul treno leggo Jon Kalman Stefansson, quel suo libro incredibile che è “La tua assenza è tenebra”.
    Arrivo a Torino ancora nella notte del mattino ma dentro gli occhi ho i fiordi d’Islanda, Gudridur che sulla sua giumenta cammina incontro allo spavento e alla meraviglia. Incontro alla passione e al tradimento. Cammina dentro la luce già d’autunno che non è molta, che immagino fievole e docile, che la accompagna e parla con lei di quel che l’aspetta.
    (Eh sì, la luce del Nord e i libri di Stefansson rendono il mondo un posto migliore)

    28 gennaio
    Questa mattina, poco prima dell’alba, hanno visto un lupo nel prato vicino a casa nostra. Proprio accanto al confine del nostro prato. Un bel bestione, ci hanno detto. Giovane, arzillo, una testa grossa così. Non spelacchiato e magro come certi altri che si sono visti in giro. Ha attraversato la strada, il campo, per infilarsi nel bosco.
    Mi fa un certo effetto. Vado spesso in giro da sola, anche al buio. Non attaccano l’uomo, dicono. Eppure ci penso. Cosa farei se me lo trovassi di fronte? Mi viene in mente il periodo in cui scrivevo “Quando la montagna era nostra”. Quanto li ho immaginati gli orsi, quelle creature possenti e solitarie, aggirarsi nel fitto del bosco.Fanno così le paure. Ci aspettano acquattate dietro una curva, nella penombra umida della sera. Al risveglio da certi sonni brevi e tormentati.
    Non sono le paure -soprattutto, loro- a dare forma al mondo? Non sono loro a scriverne i confini? A delimitare lo spazio che ci diamo il permesso di esplorare?
    Le mie paure somigliano a queste bestie selvatiche, uscite da un libro di fiabe o da un racconto dell’orrore. Sanno di luoghi spopolati, notti di luna piena, domande che vanno indietro, indietro, fino all’alba del mondo.Un po’ gli rassomiglio, un po’ mi si infilano nei sogni, mi tolgono voce.
    Qualche volta, mi fanno compagnia.




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  • non serve che sia perfetto (istanti rubati a #dicembre2022)

    On: 31 Gennaio 2023
    In: istanti rubati
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    1 dicembre
    Un’influenza come questa, da queste parti, non si vedeva da un pezzo.Soprattutto i bambini: non li vedevo così sfiancati da anni, senza nemmeno la forza di guardare la tv. E alla fine ci siamo ammalati anche Federico e io. Verrebbe da dire che sfiga. E invece no. Siamo tutti e quattro insieme, al caldo, un tetto sopra la testa, il camino acceso, i santi nonni che ci aiutano con spesa e medicine, e persino Netflix, quando il mal di testa dà tregua.Non riesco a non pensare a chi il malessere, anche un semplice male di stagione come questo, lo deve affrontare solo, dentro una guerra, senza riparo, cibo, assistenza, su una barca in mezzo al mare, nel freddo di dicembre. Come si fa a non pensarci?
    Vedo i miei figli con la faccia smunta e penso a chi non ha farmaci e medici solerti per poter aiutare i propri. Sembra banale, forse. Ma viene più facile pensare alla fragilità, quando ci si sente fragili.
    Non c’è molto da fare. Essere grati, sempre, e tenere a mente che, anche dai privilegi (e non solo dal potere), derivano grandi responsabilità.

    13 dicembre
    La neve nel giorno di Santa Lucia.Ci sono *coincidenze* che hanno più valore di una verità scolpita nella pietra. Che i nostri occhi possano cogliere anche l’invisibile!

    14 dicembre
    Uscire di casa a notte fonda, la testa ancora dentro certi sogni indecifrabili, che lasciano tra i pensieri una scia vischiosa. Guido nella notte densissima, il primo premio del mattino è il caffè al bar della stazione.
    Ai margini del campo visivo, al bordo della strada, tre ombre in movimento. Agili, scattanti, spariscono nella macchia mentre mi avvicino.
    Tre lupi.
    È possibile?Mi hanno detto che in zona ci sono, ma altro conto è vederli, a due passi da casa… Al modo delle ombre incontrate nei sogni, oggi mi seguono le tre sagome selvatiche. A metà strada tra il vero e l’inventato, l’immaginario e il reale. Come sempre. Come tutto.

    21 dicembre
    Sarà il Solstizio? Oggi è un giorno in cui tutto fa breccia. Il bene, il male. Tutto muove. Le parole lette e ascoltate. Una musica. Le luci intermittenti sull’albero. Una voce in strada. Le fusa del gatto. Vedo una foto dei miei bambini quando erano minuscoli e mi sento come se una lunga mano mi pescasse qualcosa in fondo, qualcosa che avevo scordato e che brucia, freme sottopelle. Mi basta questo.
    Figurarsi se incrocio una notizia sulla guerra, sulla rotta balcanica, sui senzatetto assediati dal gelo. Figurarsi. Il cuore mi si sbriciola e resto lì a raccoglierne i pezzetti sul palmo, a provare a rimetterli insieme.Anche il bene mi rimescola. Mi emoziono per niente. Per un messaggio di poche righe, un ricordo. Una storia qualunque con un lieto fine. Una vecchia canzone. Dei biscotti a forma di stella.
    Sarà il solstizio?
    È un giorno così. Da stare rannicchiati, farsi crescere un’altra pelle, che quella che c’è non basta. Tenersi nel buio, non provare a scansarlo. Lì dove fa male, posare un piccolo bacio. Come si fa coi bambini, quando piangono per un graffio.

    22 dicembre
    Organizzare un viaggio verso una meta ignota è mettere in fila le immagini mentali dei luoghi che visiteremo. Mi piacerebbe poterle conservare in un archivio, non confonderle poi con quelli che saranno ricordi, al ritorno. Tenerli distinti, senza commistioni. Per dire Ecco come pensavo, Ecco invece com’era.Non che contino più gli uni delle altre. Non che la memoria non operi a posteriori le sue scelte per restituirci una sua versione, sempre in movimento.
    Tutto si trasforma.
    Tutto si immagina.
    (Quel che conta, quando si può, è partire)

    24 dicembre
    Non serve che sia perfetto.
    Non serve che ci sia tutto.
    Serve una cosa buona, giusta per noi, che ci fa alzare in questi giorni con quel poco di felicità che basta. Con la serenità di essere nel posto giusto. O, almeno, con la speranza di esserci vicini, al posto che per noi è casa. Auguri.
    Che sia un Natale che ci tiene insieme, che ci dia quel che serve -poco o tanto- che ci fa dire: Grazie al cielo sono qui. Siamo qui.

    27 dicembre
    Auguri mio bimbo magico.
    Non solo sai fare realtà dei sogni, ma anche, dote ancora più rara, sai fare della realtà una miniera di meraviglie. Ti auguro di conservare il tuo cuore grande e il filtro felice con cui guardi tutte le cose.





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  • Imparare dall’orto (Istanti rubati a #luglio2022)

    On: 3 Agosto 2022
    In: istanti rubati
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    Il mattino molto presto, un bel po’ prima di cominciare a lavorare, o la sera dopo cena, vado a bagnare l’orto e il campo di zucchine. Incredibile a dirsi: è un momento che mi piace davvero. Controllo che le foglie siano verdi, controllo se ci sono nuovi fiori.
    Più facile che trovare parole da scrivere è annaffiare le piantine una per una una: mi pare quasi di vederle respirare, mentre lo faccio.
    Più facile che immaginare quello che verrà in autunno -la pandemia, la guerra, la crisi- è controllare che le foglie siano verdi, non arse dal sole come quelle di molti alberi che stanno soffrendo la siccità.
    Mi sembra persino di imparare delle cose che servano alla mia vita. Per esempio, vedo che le erbacce, se bagni al piede, crescono proprio lì vicinissimo alla pianta: allo stesso modo, mi sembra, quando metti le tue energie in un progetto a cui tieni, quello diviene rigoglioso ma devi stare attento alle paure infestanti che crescono con lui e cercano di soffocarlo.Se vuoi godere dei frutti devi prenderti cura di entrambi – erbacce e piante. Ansia di fallimento e desiderio di riuscita.
    Ma più di tutto, quello che sto imparando, un pezzo alla volta, è non pensarci troppo e godermi l’aria meno afosa del mattino e della sera, i colori morbidi del cielo e del silenzio e la bellezza della cura che viene da lontano – la cura di sé attraverso la cura del mondo.

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  • Grazie per (Istanti rubati a #giugno2022)

    On: 3 Agosto 2022
    In: istanti rubati, Senza categoria
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    Sono passati più di sei anni dall’open day della scuola elementare di Verrua. Durante la presentazione, le insegnanti avevano proiettato un video con alcune immagini di un intero ciclo di studi. Erano naturalmente bambini che non avevo mai visto prima. Bene, al minuto numero due e qualcosa ero sciolta in una maschera di lacrime che tentavo goffamente di nascondere agli sguardi attoniti di chi mi sedeva accanto. (Probabilmente, qualcuno avrà riconsiderato l’idea di mandare il proprio bambino tra figli di genitori tanto emotivamente instabili…).

    Oggi è l’ultimo giorno di quinta elementare. L’ultimo giorno del mio figlio più piccolo. Non credo di dover aggiungere altro per spiegare come mi sento, mentre vedo scorrere i titoli di coda.Per una malata cronica di malinconia, ogni ciclo che si chiude è un cerchio stretto intorno al collo che per qualche giorno fa respirare a fatica. Un po’ ho fatto pace con questa parte di me, un po’ ancora no.Ho però deciso che oggi è la gratitudine che deve prevalere. Per questa piccola scuola circondata dal verde, per gli impareggiabili compagni di viaggio che sono diventati amici veri (“Sarà impossibile, mamma, trovarne altri così”). Per le incredibili insegnanti (di entrambi i miei figli) che hanno affrontato insieme ai bambini anni tanto difficili e impegnativi. Per il modo in cui li hanno tenuti per mano – che è mica facile tenersi per mano: sapere quando mollare un po’ la presa, quando invece bisogna stringere forte. Sapere quanto conta quel tocco e riuscire a guardare loro guardando la strada, senza perdere nessuno lungo il percorso. Per questo, per averlo saputo fare: grazie.

    Per tutte le volte che Eliandro si è svegliato felice di andare a scuola, che è rientrato ridendo, trascinandosi quello zaino più grande di lui. Per i piccoli scoramenti superati, per ogni emozione che lo ha e ci ha travolti. Per i giorni di nuvole fitte, che anche quelli vengono a insegnare qualcosa. Per la fatica, e la distensione dopo l’arranco. Per i barattoli di buonumore sistemati in dispensa.

    Per i bisticci tra compagni e la pace fatta, per le biro perse, i quaderni scarabocchiati, le gomme sbocconcellate, le matite spuntate, le dita macchiate d’inchiostro, i fiocchi di tempera sparpagliati ovunque.Per le bidelle con una parola allegra in tasca, per il buon cibo della mensa.Per le cose imparate e quelle già dimenticate, per tutta la vita sciabordata via tra i banchi e il cortile, tra scoppi di risa e incazzature.

    Per tutti i Non ce la faccio che sono diventati Ci riesco.

    Per quello che passa e quello che invece resta.Grazie, allora. Per quello che, al fondo di questo capitolo lungo, resiste al setaccio del tempo e brilla, brilla. Perchè tanto io lo so che non smette di brillare.

    (Nella foto, Eliandro prepara un souvenir -molto- artigianale per i compagni e le maestre. Ha passato giorni a segare canne di bambù: anche questo è amore)

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