Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • Tutta questa fatica quando bastava nascere gazza? (istanti rubati a #giugno2024)

    On: 30 Luglio 2024
    In: istanti rubati
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    5 giugno
    Giugno è una cupola azzurra, un coperchio di vetro: se ci guardi attraverso intuisci i misteri del cielo.
    La sera, quando scendo a chiudere il pollaio, le gazze sono tutte a becchettare nel prato, prima di rintanarsi nel loro nido-fortezza di fronte alla finestra della mia camera da letto. Le loro piume nereblu brillano sul verde.
    Sta per chiudersi il cancello delle scuole e spalancarsi il portone dell’estate – un altro ciclo si chiude, e il mio cuore è in bilico tra peso e leggerezza, basta un sussulto per farlo scivolare dalla parte sbagliata.
    Per non parlare delle altre cose, le cose che succedono nel mondo e io mi sento così lontana, perché se solo mi soffermassi a pensare di esserci così vicina, invece, tutto quello che sta là si rovescerebbe dentro e intorno, e non ci sarebbe più argine che tiene, e finirei sott’acqua con i pesci.
    Non è sempre un buon momento, per tenersi vicini al mondo. Certi giorni bisogna stersene vigliacchi e distanti.
    Quando lo sento, il cuore, che barcolla e tentenna, scendo nel prato e osservo. I cavalli, Ophelia la puledrina, le minilepri curiose, le formiche sui tronchi, le galline e i corvi che planano bassi.
    Li osservo e mi chiedo: tutta la vita a meditare, cercare la pace interiore, fermare le oscillazioni della mente… Tutta questa fatica quando bastava nascere gazza?
    Forse sbaglia chi parla di reincarnazione: forse la prossima vita, se in questa ci saremo evoluti abbastanza, rinasceremo elefante o scoiattolo.
    Giugno è una cupola azzurra, mi sdraio nel prato e mi perdo. Oltre il coperchio di vetro sono uccello nuvola mosca – un istante soltanto.
     
     
    12 giugno
    Del mio esame di terza media, ricordo con esattezza di aver copiato durante lo scritto di matematica.
    Un esercizio proprio non veniva – non abbiamo mai avuto un rapporto idilliaco, i numeri e io.
    Loro chiedono precisione, io mi appello alla levità della vaghezza.
    Oggi, lo scritto di matematica tocca a Lemuele. Proprio adesso, in queste ore.
    Lo immagino seduto al banco, mentre rosicchia una biro e pensa un po’ all’esercizio e un po’ guarda l’orologio. So che la sua mente scalpita, è già via, all’estate che lo aspetta, ai giorni senza libri e senza sveglia.
    Lo immagino e immagino io com’ero alla sua età e lui com’era il primo giorno di asilo, il sacchettino a quadretti e le pantofoline, e il primo giorno della prima elementare, lo zaino troppo grande e lo spazio tra i denti, la tabellina del 3 e quella del 7 e le figurine all’edicola dopo la scuola, e mi sembra chiaro, lapalissiano, che si tratta di un inghippo spazio-temporale: un errore di calcolo di proporzioni bibliche.
    Che forse pure Dio, c’ha problemi con la matematica.
    Socchiudo gli occhi e sono di nuovo su quel banco in formica – la biro rosicchiata, i prof alla cattedra, il protocollo da riempire, quelle cifre che mi sfuggono.
    Come si trova l’area del cerchio?
    Ho il cuore che frulla come il bastone nella mani di una majorette e le mani sul foglio sono quelle di mio figlio.
    Tranquillo, amore mio, anche se un pigreco ti sfugge, scoverai il modo di far quadrare il cerchio e troverai che la vita non risponde a nessuna formula esatta, ma a un continuo ricalcolo – sfibrante e bellissimo.
    Io resto ferma a guardarti da qui, dal centro esatto e inscalfibile del Sempre, in barba al correre del tempo e alle leggi della fisica.
     
     
    13 giugno
    Orale dell’esame di terza media
    femmine vs maschi
    (trova le differenze)
    La ragazzina in attesa del suo turno agli orali:
    ripete la tesina alle amiche fidate, in ordine cronologico, alfabetico, crescente, decrescente e trasversale, per disciplina e per prossimità geografica, su un piede solo e con le mani legate dietro la schiena, la traduce in altre lingue, ripete date e nomi allo sfinimento e immagina collegamenti tra le materie ripescando dai ricordi scolastici dalla prima elementare in poi.
    Il ragazzino in attesa del suo turno agli orali:
    “Vabbè, intanto che aspetto mi rilasso con un videogioco”
    (si scherza, naturalmente. Fanno così tanta tenerezza, questi non più bambini e non ancora ragazzi che, a guardarli in un momento di vulnerabilità come gli istanti prima del primo esame della loro vita, si allarga il cuore).
     
     
    18 giugno
    “Le porte dell’estate dell’inverno son bagnate”
    – è proprio il caso di dirlo (o cantarlo).
    Sono giorni di pioggia e sole, tra un esame, un concerto, un ritiro di meditazione. Giorni di panni stesi in balcone e ritirati in fretta, di Demon Copperhead, di giri in moto, di corse con gli stivaletti cercando l’ombra intorno a casa, di pratiche di yoga gentili, sotto gli alberi, coriandoli di luce e insetti.
    Sono i giorni del primo telefonino di mio figlio, del suo primo motorino – sbucciarsi per bene le ginocchia in cortile, prima di affrontare la strada, sbucciarmi per bene il cuore prima che lui affronti il mondo.
    Sono giorni di notiziacce che viene voglia di bruciare i giornali, e di sere lunghe, dolci, una coperta soffice di luce sui prati, un’onda verde e viva.
    Tra tre giorni è estate, il Maestrone ha appena compiuto gli anni e non smetto di cercare il mondo negli angoli di casa, e non smetto di cercarmi nei libri e nei poeti, nelle parole delle sue canzoni – e non smetto di cercare.
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  • Istanti rubati ad #agosto2016

    On: 20 Settembre 2016
    In: istanti rubati, la mia vita e io, viaggi
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    Piccole DolomitiFine agosto, tempo di preparativi per una migrazione. Sono stata alcuni giorni a occhi in su, nel prato sul fianco della casa a Obra, mentre nuvole di rondini popolavano il cielo, animavano gli alberi frondosi ai margini della valle.

    Se ne stavano vicine sui fili della luce, una fila che pareva arrivare ai monti, pizzicate lì come le mollette sui fili per stendere. Era tutto un frinire per aria, una frullio d’ali, un lungo saluto prima di andare.

    “Dove vanno, mamma?”
    “Vanno al caldo, a vedere il deserto, il mare. Vanno a vedere il mondo.”

    Agosto è finito così, ma è cominciato maluccio. In mezzo ci sono stati giorni in salita, di quelli con il respiro corto di quando fai le scale dopo una malattia. Dopo, meglio. Il mio paese tra le montagne, con la mia famiglia e i miei bambini (il solo genere di cose a cui l’aggettivo possessivo si sposi benissimo). Il posto migliore in cui leccarsi le ferite, in cui riprendersi i tempi e gli spazi; il sapore della polenta e gnocchi di malga, l’odore di felci e foglie pestate, la fatica appagante di arrivare in fondo alla salita, di uscire dal bosco quando vien giorno, di ritrovare il passo e il fiato lasciati qui a ogni stagione, su questi sentieri stretti, tra questi sassi bianchi.

    Le fiabe la sera lette sui libri, la colazione al mattino in balcone, il caffè, i biscotti pucciati nel primo sole.
    E alla fine questo saluto dal cielo, questa tempesta di piume, questa baruffa in aria.

    “Mamma, ma tornano?”
    “Non lo so, se tornano. Ma se partono, da qualche parte arrivano.”
    Io ci credo, che non ci sia partenza senza approdo.
    Anche se non sappiamo dove, anche se non vediamo dove.

    E poi andremo via come fanno gli uccelli che dove vanno nessuno lo sa.
    (…) L’estate è finita l’inverno è alle porte, la morte e la vita rimangono uguali.

    Obra di VallarsaObra di VallarsaCampogrosso (Vicenza)Obra di VallarsaObra di Vallarsaago9ago10ago11Muse, TrentoObra di Vallarsa

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  • Tra vino e caffé, l’autunno che vorrei

    On: 8 Settembre 2016
    In: la mia vita e io
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    caffèSettembre è Capodanno morale, è il mese dei ripensamenti, è la fatica scalza di chi raccoglie l’uva, accatasta cassette, si macchia le dita in attesa del vino -l’estasi con cui Dio consola gli uomini di buona volontà (semicit.).
    Prometto schiena curva tra i filari, ma che alzando gli occhi possa dissetarmi guardando il mare, svegliarmi il viso nei ruscelli freddi, trovare fiato carezzando con lo sguardo la schiena dritta delle montagne azzurre.
    Prometto sforzo e domando luce, che cada a grandine tra le foglie fitte e diventi zucchero, chiedo la tenacia dell’edera che scala senza fretta le pareti, e amici.
    Amici che alla fine della stagione dividano il vino, che vengano a grappoli con il pane da tagliare in tavola, con bocche da macchiare di viola, la voglia di cantare un po’, di stringersi intorno alle brocche sulla tovaglia a quadri e a una chitarra, la voglia di stare vicini, i bambini che corrono intorno, rincorrono un gatto, pedalano in giro.
    Mentre il portico oscilla di tende bianche alla brezza d’autunno sarebbe bello ridere insieme della levataccia di domani, essere felici del nostro riflesso sul vetro, per vederci insieme, e vivi. E le bocche macchiate di viola.

    Il mio anno nuovo comincia così: un caffè nero, un bel libro, le poesie di Baudelaire, il giornale che si acquista il mattino che comincia un viaggio.

    Il jolly è: Di vino, di poesia o di virtù: come vi pare. Ma ubriacatevi. Charles Baudelaire

     

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  • Scordando che poi infine tutti avremo due metri di terreno (cit.)

    On: 9 Luglio 2014
    In: sproloqui
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    mareLi vedi, certi vecchi, che ti guardano ma sono lontani. Ti guardano ma non ti mettono a fuoco, sorridono ad altro. Perché i sensi si ritirano. Lentamente, un po’ alla volta. Come un esercito che perda posizioni contro il nemico, ma piano. 
    I sensi se ne vanno scivolando via e svelano altro. Qualcosa che non si può più raccontare, ma solo intravedere a mezzo sogno, dentro la luce che entra sguincia dalla serranda abbassata.

     

    Allora non gli importa più, degli oggetti collezionati, dei beni inventariati; gli importa solo del tempo perso in facezie e di quello ben speso: in passioni. Il tempo cairologico delle occasioni agguantate. Degli amori ritrovati, degli amici mantenuti.

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  • È un fatto non di clima ma di voglie (quasi cit.)

    On: 9 Aprile 2014
    In: sproloqui
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    bimbo triste

     

    Io -che molto raramente sono triste- quando sono triste divento insopportabile.
    Me ne vado in giro spossatamente, trincerata dietro un no comment o, alla meglio, a un sorriso di circostanza. Perché  non mi so rassegnare alla tristezza immotivata.

     

    Quindi alle giornate che nascono storte si aggiunge la paranoia: cosa c’è che non mi va? Ripasso le ultime ore: avrò dormito troppo poco (ma quello capita all’incirca sempre), avrò visto un film senza lieto fine (ma quando mai ci arrivo alla fine di un film con sveglia alle sei?) il treno era in ritardo (diciamo pure che se mi intristissi per quello, la mia vita sarebbe peggio che in un girone infernale), e via di seguito.
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  • Di morte, vecchiaia e altri tabù

    On: 24 Gennaio 2014
    In: ospiti
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    di vita

     

    Esistono antidoti alla superficialità. Ad esempio alcuni libri,  e “Così è la vita. Imparare a dirsi addio” di Concita de Gregorio è uno di questi.
    Non si fa leggere distrattamente, un pezzo qua e una là, tanto per fare. No, ogni parola è misurata, ogni riga ti si infila in qualche posto scomodo, in mezzo ai pensieri, e non si lascia ignorare.

     

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  • Nomen omen? Le scelte di una mamma che non si chiama Maria

    On: 21 Febbraio 2013
    In: la mia vita e io
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    I viaggi di GulliverLemuele e Eliandro.
    Sono i nomi dei miei figli, regolarmente registrati all’anagrafe.
    La scelta è stata difficile e travagliata, studiata e sentita allo stesso tempo.
    Non conto le volte in cui, quando ero incinta, sciorinavo agli amici liste di nomi improbabili e mi sentivo dire E che, gli vuoi male a questo bambino?
    È che mi chiamo Fioly e da sempre vado così fiera dell’originalità del mio nome che non ho potuto fare una scelta diversa per i miei figli.
    Sono un po’ stramba, lo so.
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  • Stazione di cambio, beviamoci su

    On: 7 Gennaio 2013
    In: sproloqui
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    colombo in voloCiao 2012, ciao.
    Ho salutato l’anno che ha preso il volo con una pacca sulle spalle, come si fa con i vecchi amici o con chi non ci ha voluto male.
    L’ho salutato con un dispiacere piccolo e una lacrima che preme dietro la palpebra, un abbraccio impacciato a un compagno di viaggio con cui si è diviso un bel pezzo di strada.

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  • Ci sono poi dolori che fanno bene

    On: 26 Novembre 2012
    In: sproloqui
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    panorama (Trentino)Ci sono poi dolori che fanno bene. Sono dentro certe canzoni che ti stringono la gola come un incubo nella notte, che ti spremono le ghiandole lacrimali con la violenza di un calcio nello stomaco. Ma che non puoi farne a meno e dopo averle sentiti ri-schiacci play e te ne stai lì con le tue gocce salate che ti sciacquano il viso. Con quelle note che ti percuotono i pensieri come fuochi d’artificio nel buio.

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  • Confessioni di una madre snaturata

    On: 23 Novembre 2012
    In: sproloqui
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    Chi, tra i genitori alla lettura, non hai mai ripensato con nostalgia alla vita prima dei figli alzi la mano. O scagli una pietra, a scelta. (Basta anche un sassetto).

    Perché io invece ci penso, e anche spesso. Penso a come era tutto incredibilmente facile, anche quando sul momento non sembrava. Ero libera di: andare e venire come mi pareva, mangiare ciò che volevo senza pensare di dover allattare, vestirmi come mi saltava in testa senza scegliere un abito comodo per estrarre una tetta all’occorrenza, bere un bicchiere di vino in più senza obbligo di stare vigile e all’erta per un altro (o più d’uno) essere umano, quasi completamente in balia della tua attenzione.

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