Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • Tempo di compleanno (Istanti rubati ad #aprile2020)

    On: 25 Giugno 2020
    In: istanti rubati, la mia vita e io
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    Il giorno del compleanno è uno di quelli in cui, vuoi o non vuoi, si tirano le somme. O almeno si è tentati di farlo. E in un periodo così, per cui è difficile pure trovare un aggettivo, sono i dubbi a pesare di più. Pesano le cose che non so, che non sono chiare. Le cose che ho scordato e quelle che non ho mai capito. Quelle che mi pareva di aver compreso, ma poi. Pesa il timore per questa nebbia che a tratti inghiotte, a tratti indietreggia, che copre la visuale o la appanna, come in una mattina sulle cime, che guardi intorno e non ci trovi quel che c’era il giorno prima. Pesa certe sere la paura che ti s’infila nel piatto e sotto il cuscino, che fa traboccare il bicchiere. Pesa la fragilità, che per quanto la sai, non la sai mai abbastanza.Ma pesa anche un’altra cosa, che dall’altra parte della bilancia porta il piatto almeno in pari, almeno.

    In questi giorni senz’aggettivo, pure da reclusa, con la voglia di abbracciare chi non posso, di organizzare un viaggio, di infilare i piedi in mare, ordinare un caffè al bancone di un bar, seduta sullo sgabello, tornare ai miei monti.

    Nonostante tutte queste cose, non c’è giorno che io non apra gli occhi pensando che questa vita è proprio quello che – potendo scegliere – sceglierei. E questa sì è una benedizione.

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  • E tutto quell’azzurro

    On: 23 Agosto 2017
    In: lettera
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    montagneNei giorni che ho trascorso in Trentino, nel paese di mia madre, è successa la stessa cosa di ogni anno: almeno una persona ogni sette che incontro mi dice Come somigli alla tua mamma.
    Hanno ragione. Lo vedo nelle foto che mi fanno, in certe espressioni, in un certo modo di corrucciare le sopracciglia, o di guardare altrove. Mi fa un po’ effetto questa cosa, come se il tempo, a ogni suo giro di vite, allo stesso modo ci allontanasse e ci avvicinasse un po’.

    Poi, spesso, ci mettiamo a parlare di lei. Le persone che la conoscevano mi ricordano aneddoti, momenti che hanno fermato nella memoria. La scorsa settimana una sua cugina, Alda, mi ha raccontato dell’ultima volta che si sono viste.
    Era fine estate, hanno fatto una lunga passeggiata, prima nel bosco fitto e poi hanno attraversato i prati e si sono sedute sopra un’altura, un declivio ai piedi delle Piccole Dolomiti che ti stanno in piedi di fronte, così vicine che per vedere la cima devi piegare il collo, e difendere gli occhi dal sole. C’è tutto quel verde, e poi tutto quell’azzurro. Me le vedo, a parlare come due amiche da una vita che si vedono meno di quanto vorrebbero – vivono in città lontane. Vengono fuori quelle chiacchiere che hanno dentro un po’ tutto. I ricordi d’infanzia, la cronaca degli ultimi mesi, i progetti.

    Pensa che bello sarebbe fare qui una beauty farm, ha detto Alda a mia mamma, quell’ultima estate. Sai, uno di quei centri benessere, uno di quei posti dove vai per rimetterti in sesto.
    Non so perché si ricordasse proprio quel momento di tredici anni fa, mese più mese meno. Ma so che mentre me lo raccontava piangeva. Forse per quello che poi non è stato. Non si è fatto nessun centro benessere lì -e questo secondo me è anche un bene- ma anche fosse stato, mamma non lo avrebbe visto. Forse Alda pensava a questo. O forse pensava a come lei ha sorriso, a quell’idea. Perché certamente mia madre deve aver sorriso. Magari ha detto Sarebbe bello. Magari ha cominciato a immaginare come sarebbe stato.

    Così come adesso io penso a come sarebbe stato se ora fosse qui per compiere gli anni. Qui per prenotare un week end in un centro benessere o per starsene seduta su quel prato, la testa piegata di lato e la mano sugli occhi a guardare all’insù. Tutto quell’azzurro.
    Qui per vedere come le somiglio. Quando guardo altrove, pensando a qualche cosa che potrebbe essere.

    Auguri, ma’.

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  • Istanti rubati ad aprile2017 (Di piccole cose e stupori e cose che ho scritto)

    On: 11 Maggio 2017
    In: il progetto, istanti rubati, la mia vita e io
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    Monferrato, PiemonteLasciarsi sorprendere non è cosa da tutti, bisogna imparare.
    Aprile è specialista nel lasciarti indovinare il tempo, puntare gli occhi al cielo il mattino – oggi sarà sole o sarà pioggia?
    Mi sono lasciata sorprendere anche io, qualche volta, in questo aprile. Da un compleanno -il mio- che mi coglie ogni santo anno completamente impreparata, e sì che oramai un po’ di allenamento l’ho fatto. Ammesso poi che ci possa preparare ad avere un anno in più, a ricevere auguri senza commuoversi troppo, a fare (o meglio a non fare) bilanci.
    Mi sono lasciata sorprendere da una festa di compleanno molto speciale -non mia- festeggiata un martedì notte in un bosco allestito per l’occasione, con un furgoncino per distribuire birra fredda, zuppa di ceci e torta di nocciole e luci, e un bel falò, e palloncini colorati appesi ai rami degli alberi.
    Mi sono lasciata sorprendere da una covata di pulcini che abbiamo adottato per un po’, dalla trilogia di Kent Haruf attraverso le strade di Holt, da una pasquetta inaspettatamente soleggiata con gli amici, dalle trovate dei bambini, da una ricorrenza festeggiata in famiglia con un pranzo e poi una gita al lago – breve, ma bella, come le cose improvvisate in un giorno di primavera.

    E così a metà di quel pomeriggio di primavera montarono a cavallo e, come viaggiatori nel vasto mondo, Bobby in sella e Ike dietro, si allontanarono. (Kent Haruf, Canto della Pianura)

    kent haruf

    Mi sono lasciata sorprendere persino dalle tante ore che sono riuscita a passare davanti a una tastiera a battere e ribattere i soliti tasti. A limare, spostare, tagliare, aggiungere, modificare, definire, sostituire, mettermi le mani tra i capelli, alzarmi e guardar fuori -piove o non piove? Esce il sole?- accarezzare il gatto e aggiungere ceppi nella stufa in cucina, che il sole vabbè, ma in casa fa freddo. E poi ancora, da capo, gli stessi tasti, levare, sintetizzare, ricalibrare. La virgola lì non ci sta, proviamo col punto.
    Mi ha sorpreso sentirmi sbalzata indietro, agli anni dell’università, le notti prima degli esami, i sabati e le domeniche a vagare per casa in pigiama e a riempire la moka di caffè. Rispetto ad allora mancavano le sigarette a segnare le pause, gli amici spettinati e stravaccati sulla poltrona in camera mia con grossi libri aperti sulle ginocchia e matite per sottolineare.
    Mi ha sorpreso, in qualche modo, ogni frase che ho scritto e poi riscritto perché prima di farlo non sapevo precisamente nemmeno io cosa volessi raccontare. Oppure sì, ma soltanto confusamente. Soltanto approssimativamente. Adesso invece è quasi tutto lì, quello che volevo dire, che potevo dire. E ogni volta mi sorprende.

    Intanto siamo a maggio, si veleggia verso l’estate, nonostante le piogge insistenti in questa parte di mondo. Non scoraggiamoci, non certo per il meteo. Alleniamoci, invece, diventiamo campioni di stupimento.
    (Che dite, il sole: esce o non esce?)

    Il vento soffiava sui campi piatti, aperti e sabbiosi, sui campi di grano e sulle stoppie di granturco, sulle praterie dove scure mandrie di bovini pascolavano nella notte. Ai due lati della strada le fattorie si stagliavano alla debole luce azzurra dei lampioni nei cortili, case sparse e isolate nella campagna buia, e in lontananza, alla fine della strada, le luci di Holt non erano che un bagliore sul basso orizzonte. (Kent Haruf, Crepuscolo)

    Monferrato, PiemonteMonferrato, PiemonteMonferrato, Piemontepulcinosorellemyfamilymy familyla mia scrivaniaMonferrato, Piemonte

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  • Eliandro, il compleanno, il pensiero magico e Gulo

    On: 27 Dicembre 2016
    In: la mia vita e io, lettera
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    EliandroPer il suo compleanno, Eliandro non ha chiesto nulla. O, per dire meglio, ha chiesto mille regali, che equivale a non chiedere nulla. La verità è che a lui piacciono le sorprese e qualsiasi cosa -o quasi, ma è un quasi molto sottile- lo fa contento.
    Ha avuto una bicicletta. Naturalmente senza rotelle perché ci sa andare da un pezzo. Il segreto per imparare è uno: Bisogna provare tante volte, velo? E non bisogna aver paura di cadere perché se si cade si impara.

    È la sua filosofia di vita, già abbastanza rodata all’alba dei 5 anni.
    Lui è quello che si programma i sogni prima di dormire: Nel mio celvello ci sono tanti videi: quando mi addolmento scelgo quello che voglio vedere: questo no, questo no… questo! e così faccio il sogno che voglio.
    Io pagherei ogni notte il biglietto, per godermi lo spettacolo dell’intera compilation di videi nel celvello di mio figlio.

    Eliandro ha amici veri, quelli dell’asilo, e amici immaginari. Il più fidato è un drago volante che si chiama Gulo. Un giorno è venuto da me un po’ piccato e mi ha detto: Mamma, papà e Meme hanno riso perché dicono che Gulo sembra culo, ma io che colpa ne ho se si chiama così!

    Giusto. (Certo, ora che sta imparando a scrivere e vuole annotare il nome del drago sotto i disegni che fa all’asilo, qualcuno potrebbe fraintendere… Come quando siamo andati al cinema a vedere Eliot, che lui ha immediatamente ribattezzato, e nelle pause di silenzio sentivi urlare: Vai Gulo!)
    Gulo viene con noi dappertutto, soprattutto in piscina. Perché Eliandro aveva molta paura dell’acqua, al punto da non volersi mai lavare la testa. Ma quando gli ho proposto il corso di nuoto come suo fratello ci ha pensato su. Eravamo in macchina, è stato zitto un bel pezzo.
    A che stai pensando, gli ho chiesto a un certo punto.
    Lui, guardando fuori dal finestrino: Che ci voglio provare, mamma.

    Le prime volte non è stato facile comunque, ma poi ha avuto l’idea che ha cambiato le sorti del nostro corso di nuoto: Sai cosa faccio? In piscina mi porto Gulo e i suoi cuccioli, così loro mi tengono le mani e i piedi e non mi fanno affogare. Bè, difficile da credere, ma da allora non ha avuto più paura e andare in piscina è una festa.

    Lo guardo andare con la bici nuova, impantanarsi, perdere l’equilibrio e rialzarsi. Arriva a stento ai pedali, ha il naso rosso per il freddo, i guanti infangati a furia di cadute. Se la ride sotto il caschetto.
    Se potessi esprimere un desiderio per il suo compleanno, vorrei che restasse così: senza paura degli inciampi, capace di programmare i sogni, e mai, mai arreso. Perché per pedalare bene bisogna cadere tante volte, prima.
    Vorrei imparare da lui, dal suo pensiero magico.
    Soprattutto, vorrei che Gulo ci tenesse compagnia per tanto tempo ancora. E dopo averci aiutati a nuotare, potrebbe continuare a farci volare.

    Il jolly è: auguri, amore mio.

    in bici

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  • Lemuele, il compleanno e l’agnellino

    On: 16 Novembre 2016
    In: la mia vita e io, lettera
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    6 anniPer il suo compleanno Lemuele ha chiesto un agnellino.
    Per la verità, un agnellino e un fucile di plastica “anche se so che a te non piace, mamma.” Lo ha visto nella vetrina di una cartoleria, quel fucile, ci ha fatto fermare la macchina e siamo scesi a comprarlo. Lo abbiamo fatto impacchettare per aprirlo il giorno giusto. (“Quanto manca, mamma, al giorno giusto?”).

    L’agnellino invece lo abbiamo scelto da un pastore vicino a casa. L’agnellina, in realtà. Doveva essere piccola ma grande abbastanza per cavarsela lontana dalla mamma. Ne abbiamo prese due, una anche per Eliandro. Le hanno chiamate Montagna e Fiocco.
    Quelle non potevamo farle impacchettare e da qualche giorno stanno nella stalla. I bambini al mattino, prima della scuola, scendono con due grossi biberon e gli danno da mangiare. Lo stesso la sera, dopo cena, prima di andare a letto. Scendiamo tutti e quattro con il latte; loro belano quando ci sentono arrivare.

    Lemuele ha detto: “Mamma, sono pronto a tutto per difenderle”. Ha detto proprio così: sono pronto a tutto. Ha detto “Se viene per sbaglio un lupo lo predo a calci nel culo.” Ha fatto il gesto di tirare un calcio nel vuoto.
    Quello che mi fa impazzire dei bambini che crescono è vedergli sulla faccia espressioni nuove. Più complesse, articolate. Espressioni che li fanno somigliare agli adulti ma senza la loro sicumera. Una specie di imitazione perplessa, buffa; ma più autentica dell’originale.

    Lo guardo e penso che sono passati sei anni. Sei anni e una vita prima, passata a immaginare come sarebbe stato. Tutta una vita a indovinare quello che oggi ho davanti. Merita comprensione, molta comprensione, una madre che vede il proprio figlio crescere; questo non potevo saperlo, prima. È la più grande meraviglia che possa succederti, straziante come tutte le meraviglie.

    Lo guardo con quell’enorme biberon, sopra uno strato di paglia, nell’umido della stalla insieme a suo fratello. E spero che resti così, almeno un poco. Per quello che si può.
    Felice di una bestiola da imboccare, capace anche di scegliere un regalo che a mamma non piace. Pronto a difendere un agnello dal lupo.
    Anche questo non potevo sapere, prima di essere madre: ti viene paura dei lupi, se li immagini intorno al tuo gregge.
    Ma ti viene anche un coraggio. Un coraggio che forse ce la fai persino a metterti lì a guardarlo diventar grande.

    Il jolly è: auguri, amore mio.

    6 anni

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  • I panni del pellegrino

    On: 4 Giugno 2015
    In: la mia vita e io, viaggi
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    la carta del pellegrinoHo usato la scusa del quarantesimo compleanno almeno una decina di volte. Del resto dovevo pur consolarmi per aver abbandonato la comfort zone degli enta.
    Così ho deciso di regalarmi un tatuaggio (ma alla fine Federico me lo ha regalato lui), un tablet per scrivere meglio durante la transumanza quotidiana da casa a ufficio e viceversa, un ciondolo con il mio simbolo (sarebbe una spirale, l’ho deciso quando ho visto la collana in vetrina, più o meno), una donazione a un’associazione di cui mi fido, un paio di maglie scovate al mercato intorno alla data del genetliaco, una settimana in più di ferie, una cena con la famiglia e altre cosette sparse.

    Mi sono festeggiata come si deve. Ma il piatto forte di questo banchetto che mi sono apparecchiata deve ancora venire. E lo farà precisamente domani, con il volo che parte da Bergamo nel pomeriggio: si tratta di una settimana sul Cammino di Santiago insieme a Cristiana, amica di una vita, pronta anche lei a scorticarsi gli alluci per seguire la Compostela.

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  • Istanti rubati a #aprile2015

    On: 4 Maggio 2015
    In: foto, il progetto, ovunque tu sarai
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    cielo d'aprileUn cielo annegato di sfumature ha avuto pasquetta e così questo aprile, tra giorni di sole aperto e altri di piogge e grigiume a trabocchetto, tipo che esci vestito così a cipolla che a forza di strati non trovi la pelle.
    Pasquetta è stata festa tra amici, e così buona parte di aprile,  con ore piene, ma piene che scoppiavano di minuti, mica i soliti sessanta, e sere esauste a spiare il giorno dilatato e la notte che s’attarda, ogni volta un po’ di più. (altro…)

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  • 1.262.277.040 circa

    On: 18 Aprile 2015
    In: la mia vita e io, lettera
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    40 anni

    Ho collezionato passi, sopra una strada ma più spesso intorno, nei prati, nei sentieri di bosco,  su vecchie mulattiere, solchi segnati ad aratro, trincee. Li ho fatti sulle mie gambe, in moto, auto, aereo, treno, barca,  cavallo, navicella di luna park. Li ho fatti di corsa, scalza, ballando, controvoglia, saltando o sputando fiato in salita.
    Ho avuto notti accese di luci e luci popolate di ombre e cuori scalati e altri sbucciati come cipolle grosse e dure,  che fan lacrimare. Sono rimasta appoggiata al parapetto di sopra la vita, a guardare,  aspettando un segno per tornare a scalpitarci dentro.

    Ho collezionato rughe e qualche macchia sulla pelle, un tatuaggio che è ancora ferita,  brufoli, tagli di capelli, sempre spettinati,  vestiti, stracci, scarpe – vecchi dottor Martens, tacchi altissimi, punte da ballerina, stivali da amazzone.
    Il mio corpo è stato più magro,  più grasso,  più sodo,  ha avuto qualche taglio,  operazione,  sbucciatura,  anestesia e due pance piene di vita.

    Ho conservato parole, non in ordine alfabetico ma di bellezza: croco viene prima di astrolabio,  malleolo viene prima di zazzera.  Ho collezionato ti amo e fanculo e resta e vai via. Alcune me le sono appuntate dove so che non scolorano più, su tutte c’è mamma, e accanto il mio nome.
    Ho messo in fila oroscopi, previsioni,  notti ubriache con l’anima corazzata e il cuore in mutande,  concerti sotto il sole dritto come un fuso e la gola in fiamme,  momenti di vuoto così vuoto che hanno svuotato anche me.

    (altro…)

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  • Nascita

    On: 27 Dicembre 2014
    In: lettera
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    nascita

     

    Così eccoti. Quando ti ho visto ho sciolto tutti i dubbi, ho rallentato il battito del cuore, ho sparso sospiri come granelli di luce nel buio.
    Così eccoti, finita la battaglia abbiamo spiegato insieme le vele alla vita. Stanchi, malconci, sanguinanti, ma non vinti.

     

    Così eccomi. Sono la voce che senti dall’inizio di tutto, sono stata il ritmo del tuo respiro, il tessuto della tua carne, il calore del tuo sangue. Sono stata il terreno della tua semina, lo spazio del tuo cosmo. Sono stata la tua navicella tra intuizione e vita.
    Ho custodito il segreto del tuo venire.
    Sono sbagliata, sghemba, impreparata. Ma mai arresa. E innamorata, sempre.

     

    Così eccoci. Prima uno, ora due. Lividi e urlanti come due lupi sfuggiti alla gabbia. E sfiniti, contro la luna. Affamati, impaurirti e liberi.
    Così eccoci. Esausti, abbracciati e sospesi. Dentro il mondo, ma lontani da tutto.
    Minuscoli, spaventati. Invincibili.

     

    Il jolly è: auguri Eliandro, amore mio: 3 anni insieme. E molto di più.

     

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  • I regali che ho avuto (e quelli che vorrei)

    On: 18 Aprile 2014
    In: la mia vita e io, lettera
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    obra di vallarsaIn paesino montanaro di cento anime non è detto che a Natale la Messa di mezzanotte sia proprio a mezzanotte. Poiché il parroco è uno solo per tutta la valle, deve girare di chiesa in chiesa, sperando che la neve non gli complichi ulteriormente la Vigilia.
    Quell’anno, la Messa nel mio paese era stata celebrata alle nove, nove e mezza o giù di lì.
    Quando è finita, lasciati alle spalle i cori di Tu scendi dalle stelle e il bagliore di tante candele, mamma mi ha fatto la proposta: perché nell’attesa di Babbo Natale non facciamo un giro con lo slittino?
    Non so quanti anni avessi, probabilmente tra cinque e otto, e non ricordo quanta incondizionata fede avessi ancora nella venuta dell’uomo vestito di rosso.
    Quello che ricordo perfettamente è il sapore di quella nottata.
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