Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • E tutto quell’azzurro

    On: 23 Agosto 2017
    In: lettera
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    montagneNei giorni che ho trascorso in Trentino, nel paese di mia madre, è successa la stessa cosa di ogni anno: almeno una persona ogni sette che incontro mi dice Come somigli alla tua mamma.
    Hanno ragione. Lo vedo nelle foto che mi fanno, in certe espressioni, in un certo modo di corrucciare le sopracciglia, o di guardare altrove. Mi fa un po’ effetto questa cosa, come se il tempo, a ogni suo giro di vite, allo stesso modo ci allontanasse e ci avvicinasse un po’.

    Poi, spesso, ci mettiamo a parlare di lei. Le persone che la conoscevano mi ricordano aneddoti, momenti che hanno fermato nella memoria. La scorsa settimana una sua cugina, Alda, mi ha raccontato dell’ultima volta che si sono viste.
    Era fine estate, hanno fatto una lunga passeggiata, prima nel bosco fitto e poi hanno attraversato i prati e si sono sedute sopra un’altura, un declivio ai piedi delle Piccole Dolomiti che ti stanno in piedi di fronte, così vicine che per vedere la cima devi piegare il collo, e difendere gli occhi dal sole. C’è tutto quel verde, e poi tutto quell’azzurro. Me le vedo, a parlare come due amiche da una vita che si vedono meno di quanto vorrebbero – vivono in città lontane. Vengono fuori quelle chiacchiere che hanno dentro un po’ tutto. I ricordi d’infanzia, la cronaca degli ultimi mesi, i progetti.

    Pensa che bello sarebbe fare qui una beauty farm, ha detto Alda a mia mamma, quell’ultima estate. Sai, uno di quei centri benessere, uno di quei posti dove vai per rimetterti in sesto.
    Non so perché si ricordasse proprio quel momento di tredici anni fa, mese più mese meno. Ma so che mentre me lo raccontava piangeva. Forse per quello che poi non è stato. Non si è fatto nessun centro benessere lì -e questo secondo me è anche un bene- ma anche fosse stato, mamma non lo avrebbe visto. Forse Alda pensava a questo. O forse pensava a come lei ha sorriso, a quell’idea. Perché certamente mia madre deve aver sorriso. Magari ha detto Sarebbe bello. Magari ha cominciato a immaginare come sarebbe stato.

    Così come adesso io penso a come sarebbe stato se ora fosse qui per compiere gli anni. Qui per prenotare un week end in un centro benessere o per starsene seduta su quel prato, la testa piegata di lato e la mano sugli occhi a guardare all’insù. Tutto quell’azzurro.
    Qui per vedere come le somiglio. Quando guardo altrove, pensando a qualche cosa che potrebbe essere.

    Auguri, ma’.

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  • Istanti rubati a febbraio2017 (La nebbia e chi l’ama)

    On: 28 Febbraio 2017
    In: istanti rubati, la mia vita e io, lettera
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    nebbia in MonferratoMi piace la nebbia e a febbraio non si è fatta desiderare.
    Quando il mattino aspettavo sulla banchina il treno, sbucavano vicino due luci -pesci bianchi sputati fuori da una spuma lattescente- e poi tutto il resto, pezzo a pezzo, vagone per vagone. La sera, tornando, durante gli ultimi chilometri in auto i filari di pioppi ritti come sentinelle si lasciavano soltanto immaginare. Riconoscevo la prima fila e sapevo che gli altri seguivano, fedeli e ostinatamente immobili.
    Più di tutto mi piace la nebbia con il sole, a giorno pieno. Quando tutto s’allaga e ogni cosa somiglia appena a se stessa, quando tutto è smussato e inoffensivo.
    Quanto è sottovalutata l’approssimazione, che pure dà sicurezza, per quella sua capacità di non esser prescrittiva.

    La nebbia rinforza l’immaginazione, forse mi piace per questo. Così mostravo ai bambini i profili molli delle colline alla finestra e ci vedevamo giganti pronti venire, grossi draghi sputafuoco divoratori di cipolle. Cosa non sanno trovare, nella nebbia, i bambini.
    Non sempre cose belle, certo. “Mamma, ho paura dei ladri. Quelli che vengono e ti rubano un polmone per venderlo.” L’esercizio allora è ridimensionare le sagome. E se di alcune cose non puoi negare l’esistenza, puoi mostrargli paletti e staccionate perché si sentano (un poco) al sicuro. Per ogni brigante venuto a depredare, c’è senz’altro un drago vegetariano pronto a difendere.

    La nebbia è un nascondiglio buono. Non dice dove dovresti essere, ma lascia indovinare dove potresti. Come scrivere una storia. In principio vedi un profilo in movimento, mentre guidi la macchina o te ne stai con la fronte appoggiata al finestrino di un treno. Segui con la coda dell’occhio, ti domandi se possa essere un tetto o un ponte, se sotto quel ponte scorra dell’acqua e se quell’acqua la navighi una barca, un veliero, una zattera o un gommone. E da dove venga, e dove vada. E se qualcuno l’aspetti, se qualcuno la insegua.
    A volte lo faccio insieme ai bambini: ciascuno di noi inventa un personaggio che fa quel che vuole. La vicenda nasce dall’intreccio delle mosse di ognuno. Vengono fuori cose buffe e poco credibili. Un albero stanco che starnutisce per mandare via gli uccelli. Un’aquila con i superpoteri. Ogni tanto si litiga perché uno dei tre vuole mangiarsi gli altri. Ma arriva sempre un enorme drago mangia-cipolle a sistemare le cose. Viene fuori dalla nebbia, anche in agosto, anche dove la nebbia non c’è: perché è lì che le cose prendono forma.

    Quello con cui non lottiamo lo lasciamo andare. L’amore non è assenza di sforzo. L’amore è sforzo. (Jonathan Safran Foer)

    Inventare è forzare la vista, fino a mettere a fuoco cose che si nascondono.
    Ricordare è forzare la vista, fino a mettere a fuoco cose che sbiadiscono.
    Amare è forzare la vista, fino a mettere a fuoco persone che ci circondano.
    Anche oggi tu sei qui, anche oggi che sono passati 12 (do-di-ci) anni. Un paio di sere fa Eliandro ha guardato fuori dalla finestra, era notte. “Ho visto la nonna”, ha detto, senza motivo apparente. Ma lui, loro -i tuoi nipoti- hanno imparato a forzare la vista, a farla arrivare a metà strada tra immaginazione e ricordo, tra memoria e invenzione. Tra l’amore e l’amore.

    Ma loro, noi, amiamo la nebbia che ci fa incontrare, come l’amavi tu.
    (La vista è mica solo quella degli occhi: allungo la mano, e ci sei).

    nebbia in Monferrato
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  • Lettera ai miei figli su un viaggio in Marocco

    On: 9 Dicembre 2014
    In: lettera, viaggi
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    essaouira

     

    Succedono viaggi in cui capitano molte cose. Che ti rubino il telefono, di stare una settimana (beatamente) off line, di prendere tre multe.
    Che ti accompagnino a fare una ricarica come se ti fossi persa nel bosco, che ti offrano ospitalità.
    Succede di vedere una luce bambina (l’infanzia della luce) dalla terrazza in cui fai colazione. Capita di trovare un caldo secco e ventoso in una città enigmatica di mezza montagna, e sull’Oceano un tempo di sole e piogge, veloce come fosse Copenaghen.
    Di fare un pezzo di viaggio insieme a tua sorella, che era un bel po’ che non si calcava insieme lo stesso pezzetto di mondo, ed è bello.

     

    E di spiare vicoli e stupirti di come certi angoli di mondo siano esattamente, come te li aspettavi. Uomini a dorso d’asino impigliati in qualche ragnatela che intesse il tempo per fregare il calendario e la sua presuntuosa progressione numerica. Donne avvolte in veli che sputano fuori a malapena gli occhi, ma occhi che lasciano una scia di colla quando si muovono.
    E bambini così spettinati e belli che ti viene voglia di passargli le dita tra i capelli, per una carezza piccola. Poi li senti ridere – è una cascata di vetri rotti- e capisci che così sono belli: stupiti. E spettinati.

     

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  • Se mi scrivessi una lettera

    On: 3 Giugno 2014
    In: sproloqui
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    semiscrivessiSe mi scrivessi una lettera comincerebbe così: è da tanto che non ci sentiamo.
    Se mi scrivessi una lettera vorrei sapere come sto, esattamente. Dietro i giorni a correre dietro ad appuntamenti, a riempire le strade di passi, a depennare voci da elenchi di cose da fare. 

    Mi chiederei cosa sogno la notte, quali colori ritrovo al mattino quando spalanco la porta di casa, quale viaggio sto tratteggiando sulla mappa segreta che tengo nella tasca del giaccone.

    Mi chiederei quale canzone mi saltella in testa mentre sovrappensiero salgo sul treno in stazione, quale paio di scarpe vorrei comprare per andare a prendere a calci un cattivo pensiero che la notte mi viene a svegliare.
    Mi chiederei come mi pettinerò per andare a ballare sulla vita, una sera di queste che non ho nulla da fare.

    (altro…)

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  • Istanti rubati a #Febbraio

    On: 28 Febbraio 2014
    In: la mia vita e io
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    due supereroi

    “Lemuele cosa vuoi fare da grande?”
    “Voglio fare Spaidevmem”
    “Ma Spiderman non è un lavoro…”
    “Ma io non voglio fare un lavoro, mamma” #nonfaunapiega
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  • Della complessa arte del decluttering

    On: 29 Gennaio 2014
    In: sproloqui
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    supereroi

     

    “La scatola vuota del tuo primo telefonino la possiamo buttare?”
    “No, dai, quella è un ricordo, e può sempre servire.”
    “Questa bambina della foto che fa la prima comunione chi è?”
    “Mmh, non saprei…”
    “Allora la butto”
    “No, che magari poi mi viene in mente…”
    “Qui c’e un pezzo di sonaglino da neonato, i bambini sono grandi ormai, che se ne fanno… immondizia!”
    “No eh, quello è stato il primo giochino di Lemuele, quello che mordicchiava tanto volentieri, poi metti che facciamo il terzo…”
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  • Ricordi in technicolor

    On: 23 Gennaio 2014
    In: Senza categoria, sproloqui
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    istanbulCi sono ricordi che ti si appiccicano addosso, come cocciuta carta da parati.
    Carta da parati con sfondo rosato magari – rose rosa senza spine –  o quella più cupa, con fantasie ossessive anni settanta.
    Ve le ricordate? Martellanti come un jngle di tre note sparato in loop nelle orecchie.
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  • Dell’invidia del pancione

    On: 17 Gennaio 2014
    In: scienza&fantascienza, sproloqui
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    incinta

     

    Son fatta strana. Ogni volta che sento di un’amica incinta provo un senso di commozione misto a invidia buona.
    Con tutto che dei due parti che ho avuto uno è stato un incubo (ed era quello riuscito meglio) e il post parto, di conseguenza, non è stato proprio una passegiata di salute.
    Eppure mi piaceva così tanto indossare quel pancione, pure così ingombrante, alla fine, accentratore al punto di attirare tutti gli sguardi e dirottare ogni discussione su di sé e sulle sue promesse. Faticoso da farmi arrivare a sera senza fiato né energie che mi permettessero qualcosa in più che prendere la mira e abbandonarmi sul letto, fino a farmi inglobare dal materasso.

     

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  • Social Family Day: bene, bravi, bis!

    On: 17 Maggio 2013
    In: ospiti
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    banner social family dayE se tutto va bene, farò il bis. Sì perché ho deciso di partecipare, per la seconda volta, al MammacheBlog Social Family Day, organizzato da Fattore Mamma, in collaborazione con Mommit e Rete Lab, il 24 e 25 maggio, a Milano.
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  • Quello che i numeri non dicono

    On: 18 Aprile 2012
    In: lettera
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    nel boscoEccolo qua, lo sento questo numero 37 che mi si arrampica addosso, è arrivato silenzioso, in punta di piedi, un passo dietro l’altro per non farsi notare. Eccolo, è approdato, è il suo momento di farsi festeggiare, ora è sulle mie spalle e ne vede di cose da lì.
    Perché ce ne sono state, di cose, dal 18 aprile del 1975 ad oggi. Così tante che a ripensare indietro ripesco giorni che mi sembrano di una vita non mia. Mi sembrano pezzi di altre storie, con protagonisti diversi. Attori che quasi non riconosco, mode e momenti che non mi pare di aver vissuto, parole che mi sembra impossibile aver detto, sensazioni che ormai sono addormentate sotto la pelle.

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