1 gennaio
Mai come in quest’ultimo periodo mi sono resa conto dell’importanza del nostro sguardo sul mondo. Che va coltivato, con amore e dedizione, perché è un po’ dono e un po’ impegno. Il mio dodecalogo per rieducare gli occhi al significato:
– meno informazioni e più formazione: non lasciarti bombardare da notizie superficiali e chiacchiericcio di fondo ma cerca gli approfondimenti che danno valore e respiro alla tua visione del mondo
– pagine e pagine belle
– semplifica quando puoi ma non forzare la complessità alle tue categorie mentali
– regala risparmia ricicla
– togli più che accumulare: arreda la tua stanza di pensieri leggeri, arieggia spesso, crea spazio intorno e dentro, spolvera risentimenti e cattive abitudini, scrosta la pigrizia, togli la patina di benealtrismo, riconosciti allo specchio, accendi lampade e candele e, quando serve, fai pace con il buio, spazza il pavimento da ogni convenzione
-semina alla giusta distanza, cura con cura i germogli e salvali dalle erbe infestanti
-parti ogni volta che puoi
– abbandona la boria dell’avere più di quel che serve-non esiste possesso che non porti bisogno
– muovi il corpo, ferma la mente; silenzia la mente, amplifica il cuore
– fidati, affidati, surfa la Vita
– favoleggia, infiabati, inventa parole, riti e profezie favolose
– ringrazia.
2 gennaio
Uscire a camminare nel freddo pungente del primo mattino sull’erba croccante, nell’aria ghiaccia che ti acuisce i sensi, nella luce nuova che strizza via il buio dal giorno, è una specie di preghiera: fa’ che io riconosca sempre che c’è tutto quello che mi serve.
6 gennaio
Oggi ringrazio per:
ogni mattone di questa mia casa – le mani di chi l’ha costruita
la stufa che brilla in cucina
gli amici che rendono vive le stanze
il bosco oltre la porta
chi è passato di qui, ed è rimasto
la neve che verrà.
23 gennaio
Ieri notte le temperature sono scese a meno dieci.
Il mattino non partiva la macchina, non partiva il trattore. La terra era un tappeto bianco di miniature preziose.
Ci credi, tu, nelle poesie che scrive la brina? Nelle sculture della galaverna?
Ci credi nelle storie che racconta la luce, prima dell’alba, prima di essere luce?
Leggo Rick Bass, La vita delle rocce. La protagonista del racconto che dà il titolo alla raccolta intaglia piccole barche nel legno che poi affida alla corrente del fiume. Un regalo per chi vive a valle. Un gesto di gentilezza che non chiede ritorno. Un fare e lasciar andare, senza aspettative.
Ci penso, mentre esco a camminare, l’erba scricchiola sotto i piedi e mi viene voglia di pattinare sulle pozzanghere ghiacciate. Mentre l’aria gelida sveglia i sensi, li appuntisce uno per uno, li fa pulsare come il cuore nuovo di un corpo che nasce.
Penso a un gesto gentile, una piccola barca lasciata andare che sarà forse di un bambino, di un passante, di una nutria che ci affonderà i denti arancioni. O sarà del bosco, della luna che si inginocchia sulla sponda per guardare, del letto del fiume, degli spiriti che ci vivono intorno.
Sarà del ghiaccio che ci giocherà un poco -giorni, o settimane- prima di restituirla a primavera.
Ci credi, tu, nei giochi che si inventa il ghiaccio?
Fare e lasciar andare, senza aspettative.
26 gennaio
Gennaio ha portato la Luna del Lupo.
Ieri sera in due abbiamo sfidato il freddo del primo plenilunio dell’anno per camminare lungo strade bianche, silenziose, corteggiate dalla foschia che tratteggia incantesimi.
Non avevamo torce, ma il faro bianco in cielo era voce e ci faceva strada: avanti, da questa parte. Non siate timide. Venite avanti.
Era nostra la notte, l’incredibile festa allestita in onore di nulla, di tutto, in onore di noi che ce ne stiamo rintanati in casa, dentro muri spessi che ci tengono al sicuro, ci tengono al caldo, ci tengono all’asciutto, immersi nella nebbia azzurra del televisore, nel tramestio dei pensieri, nella fame di terra e di cielo soffocata in una tazzina con le gocce per dormire, nella tisana per dormire, nel rito rassicurante del dito sullo schermo – per rilassarci, ci diciamo, per dormire.
Camminavo e mi chiedevo quando abbiamo sottoscritto lo scambio, barattando la fame di terra e di cielo per l’agio. Quando abbiamo messo il silenziatore al buio per non sentire cantare i fantasmi.
Piedi caldi e il cuore in barattolo.
Eppure la luna piena brillava, stanotte, e l’ho sentita ululare nel cuore blu dell’inverno.
29 gennaio
Tre cose sparse di gennaio.
Uncinetto. Scegliere la lana, il progetto. Fare nodi. Ingarbugliarsi. Sciogliere nodi. Rifarli, ma più ordinati. Tu intrecci, ti incasini, tenti, capisci, coreggi, di nuovo dipani; intanto, bene o male, dritto o rovescio, l’ordito cresce.
Correre. Dopo anni e anni e ancora anni che non lo facevo il mio corpo me lo ordina: Muoviti. Oltre lo yoga, oltre alle camminate che ritaglio quando posso. Ho bisogno di sudare, sentire i polmoni che faticano, l’aria fredda che li scuote. Ascolto musica, Wild Baricco, un podcast sulla scrittura. Infilo i piedi nel fango – corro con gli stivaletti, non si dovrebbe lo so. Dieci minuti. Quindici. Al sedicesimo stramazzo. Non mi piace (non ancora almeno) ma fa bene. Capisco che non tutto quel che piace al corpo è gradito alla mente. Mi godo la sensazione del dopo, di lavoro compiuto, di muscoli tornati al mondo a fatica.
Inverno. Ne ho voglia e bisogno. Di questo guscio di noce dove me ne sto acccoccolata per covare i miei semi. Per lucidare parole con cura, come stoviglie dove mettere il cibo; per calibrare la potenza di certe visioni, studiarle in controluce attraverso l’aria dura e azzurra. Per restare nel mio letargo, una creatura senz’occhi nella pancia di terra, le ginocchia contro il petto a sentirmi cuore – sentire che trema. E germoglia.