Mia madre mi raccontava sempre di una cosa che facevano in
paese quando era bambina.
Una certa sera, alla fine dell’inverno, bambini e ragazzi si armavano di
pentole e mestoli e campanacci e si riversavano per le strade battendo i coperchi
e urlando e cantando e chiamando a gran voce per svegliare la primavera.
Io me li vedevo. Una piccola processione nella notte, tutt’altro che
silenziosa, un gruppo sparuto di bestiole allegre, il buio sopra sotto e
intorno, la terra ancora dura ma già disposta a schiudersi, gli scherzi dei
ragazzi, i brividi di eccitazione e freddo dentro i giacconi e magai la luna,
magari un cielo ingombro di stelle altissime sopra le cime delle montagne e
giusto più in là, acquattata nella penombra, la bella stagione a promettere
giorni luminosi e caldi come melograni sotto il sole.
Non è molto che ho scoperto che questo rito si ripeteva ogni 28 febbraio, ovvero
il giorno che te ne sei andata, mamma, 14 anni fa. Da allora è più facile
immaginarti. Immaginarti partire una notte che ricordo nerissima e fredda sulle
scale bianche dell’ospedale, mentre cadeva una neve leggera e fuori stagione, ma
al mattino, potrei giurarci, al mattino arrivare alle nostre montagne fiorite
di crochi e minuscole foglie nuove.
Buona primavera a te, mamma, e qualche volta, se puoi, batti un colpo di
pentola e scuoti un campanaccio, che io ti senta da qui.
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Per svegliare la primavera
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Coperchi di luce (Istanti rubati ad #agosto2018)
Ho capito che il più delle volte
è il moto della gamba a governare il cuore.
Andiamo dove la terra tiene,
dove la pietra non frana,
dove a piedi scalzi possiamo incontrare nell’acqua di torrente
una limpida trafittura di vita.Ho capito che
è l’adesso che non va tradito
e adesso è il modo che abbiamo
di saltar le buche
travalicare fossi
camminare cauti lungo rive sassose
costeggiare spaventi o avventarci sopra
come il gheppio sull’arvicola
come il falco sulla lucertola.Ho imparato che sulla vetta
delle montagne
la notte arriva tardi
e al crepuscolo è come stare
dentro una pentola
sotto un vasto coperchio di luce.Soprattutto ho imparato che se dopo aver sbagliato
strada
e speso a vuoto fatica sudore fiato
non tenti nuovamente la cima,
avrai sbagliato invano.(Foto in alto di Elio Orcelletto)
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Istanti rubati ad #agosto2015 (speciale Obra)
Ci sono cose che si fanno soltanto in montagna ad agosto. Ad esempio, le cene della contrada nel prato davanti a casa, ognuno cucina qualcosa, i bambini giocano con le bici e i palloni e se ne vanno in giro a cercare i ghiri lì intorno, che quest’anno ce n’è un’invasione.
A fine serata tutti –eccetto i bambini- si beve grappa, scegliendola tra una decina di tipi, e si intona (si fa per dire) Quel mazzolin di fiori e Vecchio scarpone.In montagna ad agosto i tuoi figli scalano alberi e tu pensi che era giusto ‘sta mattina, o ieri al più tardi, che su quei ciliegi ti arrampicavi tu, che allora avevi i codini e le ginocchia sempre spelate. Ora ci sali ancora, dietro tuo figlio, e lo guardi da basso, con le braccia pronte alla presa e il cuore a strappi. (altro…)
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(Un luogo e un modo) dove il tempo non c’è
A Obra, in certi –rari- momenti di pace, l’anno scorso, quando i bambini erano appesi dietro ai sogni del loro sonnellino, mi piaceva andare su in cucina e mettermi a scrivere. Era fine estate: spalancavo la finestra e gli scuri e assaporavo il silenzio luminoso del pomeriggio.Le giornate erano per lo più fresche e assolate, preludio settembrino, e mi piaceva avere per compagnia il ticchettio delle mani sulla tastiera, il vento che frusciava tra i rami degli alberi vecchi davanti a casa e qualche lontano canto di un gallo che ha smarrito il senso del tempo.
Ancora più in là, dalla strada che scende a valle, echi sguaiati di giochi e risate.Là di fronte, mi osservavano precisi e attenti i miei monti, il Pasubio di fronte mi strizzava l’occhio.Read More
Era bello sentire che pace, e sognarmi scrittrice – che costa, sognare. -
I regali che ho avuto (e quelli che vorrei)
In paesino montanaro di cento anime non è detto che a Natale la Messa di mezzanotte sia proprio a mezzanotte. Poiché il parroco è uno solo per tutta la valle, deve girare di chiesa in chiesa, sperando che la neve non gli complichi ulteriormente la Vigilia.Read More
Quell’anno, la Messa nel mio paese era stata celebrata alle nove, nove e mezza o giù di lì.
Quando è finita, lasciati alle spalle i cori di Tu scendi dalle stelle e il bagliore di tante candele, mamma mi ha fatto la proposta: perché nell’attesa di Babbo Natale non facciamo un giro con lo slittino?
Non so quanti anni avessi, probabilmente tra cinque e otto, e non ricordo quanta incondizionata fede avessi ancora nella venuta dell’uomo vestito di rosso.
Quello che ricordo perfettamente è il sapore di quella nottata. -
Ma vedrà, tra qualche anno andrà meglio
Siamo appena tornati dalla vacanza in montagna: possiamo dire di avercela fatta.
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Con i dovuti aiuti, si intende. Ed è stato bello, questo momento per noi tre. Riposante no, quello non me lo sentirete dire. E probabilmente sarà così per le vacanze dei prossimi quindici anni, stando a quello che raccontano genitori più rodati e con più anzianità di servizio (incoraggiamenti mai, eh). (altro…) -
Anita: quello che viene prima
Eccomi, qui, per dire: vado avanti.
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Con caparbia ostinazione, ecco un estratto dal secondo capitolo. Qui la protagnita, Anita, racconta dell’incontro tra sua madre, ostetrica, e il padre, elettrcista.
Vi va di buttare un occhio?