Ne abbiamo avute e regalate e il bello è in questo dare-avere di carte colorate che frusciano per casa e danno colore.
Qualcuna ce la siamo dipinta perché è bello bollirle nel vino e riempire la casa di odori. Come quando bambina, in montagna, coloravo gusci a forza di violaciocche scippate ai prati, un bottino portato via nelle tasche dei giacconi ancora pesanti, mentre mamma rideva a vedermi con le mani sporche d’erba e le unghie di terra. Questo un po’ lo ricordo e un po’ lo indovino, come forse domani faranno i miei figli, a pensarmi di ritorno dalla bottega, un pacco di uova da sei spiaccicato in terra scendendo dall’auto. Loro due che ridono cauti, un po’ increduli di non avere nessun colpa.
Tutto è già qui
nell’ombra delle cose
l’amore che verrà
le partenze e poi le attese
tutto è già qui
anche se non si vedetutto è già qui e non si lascia dire
Ci sono state sorprese meno belle. L’ultima è stata bruttina proprio, quando sul giornale c’era l’addio a GianMaria Testa. Partito presto, troppo presto. Adesso che servivano più di sempre le sue parole che vengono su da basso, rigogliose e fertili per quelle radici fonde. E oneste. Un’anima bella venuta dalla terra di mio padre, andato via con il male di mia madre.
Restano le sue canzoni, il dolce del cioccolato che rimane in bocca a coprire l’amaro.
Ma se tutto è già qui, anche quando non si vede, mi viene da pensare che:
tutto è ancora qui, anche quando non lo vediamo più.
Ed è un pensiero somigliante al dolce che manda via l’amaro.