Marzo 2016 ha avuto dentro la Pasqua e la Pasqua ha le uova e le uova hanno dentro sorprese delle volte belle, delle volte deludenti. Fa parte del gioco.Ne abbiamo avute e regalate e il bello è in questo dare-avere di carte colorate che frusciano per casa e danno colore.
Qualcuna ce la siamo dipinta perché è bello bollirle nel vino e riempire la casa di odori. Come quando bambina, in montagna, coloravo gusci a forza di violaciocche scippate ai prati, un bottino portato via nelle tasche dei giacconi ancora pesanti, mentre mamma rideva a vedermi con le mani sporche d’erba e le unghie di terra. Questo un po’ lo ricordo e un po’ lo indovino, come forse domani faranno i miei figli, a pensarmi di ritorno dalla bottega, un pacco di uova da sei spiaccicato in terra scendendo dall’auto. Loro due che ridono cauti, un po’ increduli di non avere nessun colpa.






Tra le sorprese di marzo, una bella nevicata, qualche giro a cavallo, passeggiate nei boschi e i pruni fioriti in cortile, che son sempre quelli ma ogni anno la primavera sembra una cosa nuova. Forse per quello si chiama così: prima, vera. Come se ogni volta fosse quella buona dopo millenni di prove.
Tutto è già qui
nell’ombra delle cose
l’amore che verrà
le partenze e poi le attese
tutto è già qui
anche se non si vedetutto è già qui e non si lascia dire
Ci sono state sorprese meno belle. L’ultima è stata bruttina proprio, quando sul giornale c’era l’addio a GianMaria Testa. Partito presto, troppo presto. Adesso che servivano più di sempre le sue parole che vengono su da basso, rigogliose e fertili per quelle radici fonde. E oneste. Un’anima bella venuta dalla terra di mio padre, andato via con il male di mia madre.
Restano le sue canzoni, il dolce del cioccolato che rimane in bocca a coprire l’amaro.
Ma se tutto è già qui, anche quando non si vede, mi viene da pensare che:
tutto è ancora qui, anche quando non lo vediamo più.
Ed è un pensiero somigliante al dolce che manda via l’amaro.






