Ultimamente guardo pochissima tv, ma qualche tempo fa, mentre pranzavo, un film ha attirato la mia attenzione: “Motherhood – il bello di essere mamma“, di Katherine Dieckmann e con Uma Thurman (alias Eliza Welch).
L’ho guardato –come sempre, da quando ci sono i miei due adorabili discoli- a spizzichi e mozzichi, tra un gioco lanciato e un tentativo di rissa (tentativo quando va bene).
Un paio di cose mi hanno incuriosita, forse per un processo di identificazione (seppure tristemente non estetica): la protagonista è una mamma ultradistratta (ma qui è lei che non riesce nemmeno lontanamente a pareggiare i miei primati: che sarà mai salire le scale otto volte di fila perché si è scordato qualcosa o uscire in pigiama!), con un blog e la scrittura come passione e professione. Difficile però accordare questi ingredienti con la stragremita agenda di genitrice. Difatti il risultato è alquanto disastroso.
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L’ho guardato –come sempre, da quando ci sono i miei due adorabili discoli- a spizzichi e mozzichi, tra un gioco lanciato e un tentativo di rissa (tentativo quando va bene).
Un paio di cose mi hanno incuriosita, forse per un processo di identificazione (seppure tristemente non estetica): la protagonista è una mamma ultradistratta (ma qui è lei che non riesce nemmeno lontanamente a pareggiare i miei primati: che sarà mai salire le scale otto volte di fila perché si è scordato qualcosa o uscire in pigiama!), con un blog e la scrittura come passione e professione. Difficile però accordare questi ingredienti con la stragremita agenda di genitrice. Difatti il risultato è alquanto disastroso.
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