
Ecco, quando penso al ritorno a casa dall’ospedale coi miei bambini nuovi nuovi, mi vengono in mente quelle immagini lì. Infatti è stato esattamente tutto l’opposto.
Dicevamo di usi e mode in materia di gestione del neonato, che cambiano più veloci del prezzo della benzina. Per raccontarne una. Quando ho partorito Lemuele, ed era solo fine 2010, era in voga la doppia pesata. Tredici mesi dopo, nello stesso ospedale, stesso reparto, con la stessa équipe medica, quando ho chiesto se avessi dovuto pesare il pupo prima e dopo ogni pasto, mi hanno guardata come fossi una disadatta psicolabile. Meglio così, per carità. Ma un anno prima non ero stata certo io ad autoinfliggermi la tortura di alzarmi trecento volte per notte per sottopormi a occhi semi-chiusi al rito della bilancia.
Ho fatto due pupi e ancora credo di non aver capito come ci si occupa di un neonato. O meglio, dal bersagliamento di consigli (spesso non richiesti), suggerimenti e ammonimenti che più o meno tutti si sentono in dovere di offrirti –dall’esperto in tv, al signor tuttologo, al lattaio che da bambino ha allevato due criceti- io ho ricavato una ricetta personalissima e lacunosa.
Prima di scrivere sul blog, la maggior parte dei post li annoto su un block notes. Non perché io sia irrimediabilmente grafomane, o non solo, ma perché in questo periodo Eliandro vuole vedermi accanto a sé. Così ci accoccoliamo tutti e due sul divano (o tutti e tre, con Lemuele) e nella maggior parte dei casi lui se ne sta buono. A guardarmi e “sentirmi”.
La scorsa settimana ho portato Eliandro a fare il primo vaccino. Ci sono andata tranquilla come una pasqua, visto che con il fratello maggiore non c’era stato nessun problema, tutto liscio come l’olio. E questo dopo una serie di ansie da neofita che manco l’avessero operato a cuore aperto.