A Obra, in certi –rari- momenti di pace, l’anno scorso, quando i bambini erano appesi dietro ai sogni del loro sonnellino, mi piaceva andare su in cucina e mettermi a scrivere. Era fine estate: spalancavo la finestra e gli scuri e assaporavo il silenzio luminoso del pomeriggio.
Le giornate erano per lo più fresche e assolate, preludio settembrino, e mi piaceva avere per compagnia il ticchettio delle mani sulla tastiera, il vento che frusciava tra i rami degli alberi vecchi davanti a casa e qualche lontano canto di un gallo che ha smarrito il senso del tempo.
Ancora più in là, dalla strada che scende a valle, echi sguaiati di giochi e risate.
Ancora più in là, dalla strada che scende a valle, echi sguaiati di giochi e risate.
Là di fronte, mi osservavano precisi e attenti i miei monti, il Pasubio di fronte mi strizzava l’occhio.
Era bello sentire che pace, e sognarmi scrittrice – che costa, sognare.
Era bello sentire che pace, e sognarmi scrittrice – che costa, sognare.
Una tazza di caffè nero e lungo e acqua fresca di fonte, un paio d’ore tutte per me e i miei pensieri.
Per trovare un tempo che non è più il mio ma quello del racconto. Lì tutto è sospeso, benevolo e impigliato: la mia nonnina non è inchiodata a quei giorni contati e stronzi, i miei bambini non devono crescere per forza, abbandonando le loro magie da prestigiatori, io non devo lasciare questa mia terra e le radici.
Tutto era fermo, in un’attesa che non teme il disincanto.
Per trovare un tempo che non è più il mio ma quello del racconto. Lì tutto è sospeso, benevolo e impigliato: la mia nonnina non è inchiodata a quei giorni contati e stronzi, i miei bambini non devono crescere per forza, abbandonando le loro magie da prestigiatori, io non devo lasciare questa mia terra e le radici.
Tutto era fermo, in un’attesa che non teme il disincanto.
Così era bello perdersi in parole e immagini che navigavano tutte dentro la mia testa: pezzi di ricordi alla rinfusa tra cui pescare le stoffe migliori per cucirle insieme, partenze e ritorni inventati, eroi senza passato a indossare gli abiti appena confezionati e portarli in giro per il mondo.
Tutto nelle ombre del pomeriggio che si allungano e stendono braccia smaniose verso l’autunno annunciato. Un autunno che scolora tormenti e slanci dell’estate, e promette quiete.
Adesso vorrei essere là, affacciata al mio balcone sospeso tra i monti a inventare fiabe.
Adesso vorrei essere là, affacciata al mio balcone sospeso tra i monti a inventare fiabe.
Il jolly è: un luogo e un modo in cui il tempo non può entrare.
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