Il modo in cui più spesso vi immagino, quando vi immagino, è in un andare per boschi, affiancati.
Carezzate distrattamente foglie e rami sul sentiero, maneggiate bastoni ritorti, seguite le tracce del cinghiale e della volpe nel fango. Vi fermate in ascolto del verso di un corvo – Zitto, hai sentito? E intanto parlate tra voi, parlate, parlate, sulle vostre teste nuvolette di parole si fanno solidi mondi e galassie. Mi sembra di vederli costruirsi a ogni passo: pterodattili in volo, lupi nel gelo d’Alaska, i voi due di domani, l’addestramento di falchi, spade magiche e portali, Goku, la vostra astronave, la moto, gli Assiri, la neve.
E tutto si mescola alla galaverna e alle prime gemme, alle vostre mani fredde, alle figurine nelle tasche, all’odore buono di pacciame, agli scherzi, alla luce che filtra tra i rami, tra i vostri capelli. Quando vi immagino, vi immagino andare per boschi, coraggjosi e visionari esploratori della matrioska dei mondi.
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