C’è un attimo, dentro ai sogni che si fanno di notte, che una parte di te prende il sopravvento sul resto e decide il salto. Da un ponte, forse da una nuvola, a volte fuori dal letto o dentro un bacio.
Lí si apre una strada -e franano le altre. Lì ciò che sei si reinventa, quello che non scegli di essere muore.
C’era una notte fuori, piena di profumo, e una notte dentro, piena di domande.
Una fiaba: leggera, garbata, profonda.
Questo è “L’inverno dell’alveare” di Davis Bellucci. Un piccolo gioiello prezioso ben cesellato. Pieno di piccole chicche.
Per spiegarci meglio: da malata lettrice e grafomane quale sono, da sempre mi annoto brevi parti libri che mi colpiscono maggiormente, che mi fanno riflettere, che mi regalano fremiti di poesia. Le sottolineo a margine e poi le ricopio, nell’infinito file “citazioni”. Dico questo non per sottolineare il mio disagio mentale, ma per raccontare che da questo libro ho attinto una serie infinita di perle, riempiendo fogli di frasi rubate.
Invece l’operatore che ora mi guardava dal vano della porta, con la maglietta troppo grande ritrovata in una scatola di cartone lungo una rampa d’accesso della Grand Central Parkway – io conoscevo le sue storie, lui le mie -, diceva che quelle illusioni erano angeli: gli angeli della consolazione che si mostravano solo a pochi, in tarda età. Se li vedevo, diceva lui, era perché avevo salvato la vita a qualcuno. (Alice McDermott, Qualcuno)
Donando
my Instagrams – fiolyb
Giri di tulle
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.
Per maggiori informazioni o per bloccare i cookie, leggi l'informativa estesa.OKLeggi l'Informativa Estesa