Se potessi stare a tu per tu col mare, gli chiederei ragione dell’imparzialità che mette in certi fatti tra gli uomini. Per quale legge sia costretto a pesare uguale sulla testa di chi scappa e sulla testa di chi, di quella fuga, fa commercio.
Chiederei perché non mette il sale per disinfettare certe ferite invece che bruciare gli occhi di chi li spalanca contro l’ultimo straccio di cielo.
Ma lui continua alla sua maniera, rendendo conto solamente al vento e al cambio delle lune. Lascia gli uomini a illudersi d’aver trovato il modo di domarlo, poi se vuole gonfia il petto dentro un’onda e cancella un’isola, figurarsi due barchette.
Se la terra si lascia mortificare di confini, il mare mette tutti al proprio posto, senza parteggiare per la preda o il predatore.
Vorrei dirgli che alle volte sarebbe bello, forse persino giusto, prendere posizione, alzare una bandiera. Che nel livellamento dei corpi e delle intenzioni converrebbe stabilire una misura.
Ma lui, come d’abitudine, non ascolta. Mi considera alla stregua di chi scappa e di chi, di quella fuga, fa commercio.