Viaggio in Sicilia in pillole – una al giorno
Giorno 1
Palermo – Cefalù
Arrivare a Cefalù dopo un viaggio rocambolesco il giusto, arrivarci mentre il giorno conicincia a virare verso sera, con le onde che sbuffano e s’arricciano sulla sabbia chiara.
Parcheggiare la macchina distante dall’appartamento e carichi, molto carichi, camminare a fatica riflettendo sul fatto che si cerca di viaggiare leggeri, e invece. E invece.
Fare l’abitudine in poco tempo a una luce nuova, che c’è solo qui, mi ha detto un’amica. E a quella brezza tiepida che solletica e scompiglia, quella brezza che sempre, mi sembra, è presagio di innamoramento.
Se c’è una lezione di viaggio, oggi, è: viaggia leggero. Punta all’essenziale.
Giorno 2
Castelbuono – Petralia Soprana – Cefalù
I pensieri di oggi sono solo per te.
“Di certo c’è un posto dove la legna non si finisce e il fuoco non si spegne”
Giorno 3
Pollina – Zafferana Etnea
“Dev’esserci, lo sento, in terra o in cielo un posto dove non soffriremo
e tutto sarà giusto”
Siamo partiti dal mare e siamo arrivati alle pendici dell’Etna, attraversando paesaggi nella nebbia, partendo dall’estate e lambendo l’inverno con i suoi strascichi brulli e tornando all’autunno infiammato di giallo.
Labile come le stagioni sento in questi giorni la vita e sempre sempre sempre l’antidoto mi sembra uno, banale eppure senza alternative: stringersi alle persone che amiamo.
Strada dopo strada, stagione dopo stagione. Anche quando folate fredde mescolano nuvoloni in alto, anche quando il vento confonde gli occhi di sabbia cinerina: sii lava capace di regalare lapilli di luce nella notte.
Onora la vita, la lezione di oggi.
Giorno 4
Etna – Aci Trezza
Oggi abbiamo camminato dentro una nuvola su un cratere dell’Etna, c’era una pioggia sottile come un diffuso aerosol. Alla distanza di dieci passi le persone non erano persone ma sagome appena più scure della nebbia.
Ho mangiato biscotti duri che quasi mi hanno rotto un dente, prima di arrivare a questo posto senza tempo che è Aci Trezza – tutto il suo tempo sta dentro le pagine di un libro.
I bambini si sono travestiti da fantasma e scheletro e sono entrati in tutti i locali del paese -tutti!- racimolando un bottino niente male. Mi sembra che la morale somigli a questo: strappare un sorriso con quello che fa paura, riempire di caramelle le tasche di un fantasma.
E dentro la nebbia, allungare la mano e trovare chi vuoi tu. A dieci passi da te: la persona che vuoi tu.
Giorno 5
Aci Trezza – Siracusa
Ad Aci Trezza ci siamo fermati sul molo vicino a un pescatore, mentre nuvole scure inghiottivano tutto e raggi di sole le bucavano come fili a piombo, facendo brillare scampoli di mare.
Stava per andar via, quel pescatore – la moglie lo aveva avvertito che sarebbe venuto a piovere e ormai la previsioni non sbagliano. Invece si è fermato per far vedere ai bambini come si pastura e come si tiene la canna. Perché, per quanto ho visto, in Sicilia i bambini sono il futuro di tutti, e non una grana di chi li ha fatti.
Mi è venuto in mente quel detto – Se vuoi salvare un uomo non regalargli un pesce, ma insegnagli a pescare – mentre grosse gocce hanno cominciato a cadere e ci siamo salutati come vecchi amici, noi e il pescatore, prima di correre al riparo.
Giorno 6
Siracusa
Non c’è trucco non c’è inganno.
A Siracusa vicino al Duomo oggi c’era un prestigiatore. Le sue mosse abili hanno incantato i bambini (come poco dopo un topo natante in mezzo ai pesci).
Se credete nella magia, la magia vi trova sempre, ha detto il mago.
Ecco dove oggi ho trovato la mia: negli angoli di pietre crude e imbiondite dal sole, vestite di rampicanti e piante grasse. Nel profumo di pasta alla norma annaffiata di bianco della casa. Nelle scommesse di fronte a un gatto che fa l’agguato al piccione (il gatto ha perso). Negli strappi di cielo tra i vicoli asfittici, finalmente azzurro dopo le piogge dei giorni scorsi.
E nella telefonata di una persona gentile che mi ha detto, con altre parole:
storie.
Le storie sono la magia.
Giorno 7
Siracusa – Noto – Marzamemi
Il trucco più inviolabile è quello che indovini e non vedi
Noto è una granita al gelso all’ombra di una piazzetta, è la tenerezza spigolosa delle pietre gialle contro il blu del soffitto.
Noto è un incontro -dopo anni- con un’amica. Nel tempo di mezzo, abbiamo fatto bambini e momentaneamente sospeso le gite senza altri passi a cui badare, senza mani piccole da tenere tra le mani. Ma restano i viaggi di allora, affidati alla geografia contraffatta e inalterabile della memoria.
Dopo, un cielo improbabile su una distesa di ulivi e agrumeti, e ancora il mare. Il mare al tramonto, il più struggente dei mari su tutte le mappe.
E lo spazio e il tempo non sono altro che un trucco -il più abusato e impenetrabile- da prestigiatore.
Giorno 8
Marzamemi – Modica
Lasciati andare.
Abbiamo lasciato Marzamemi che è il verso di una poesia che ho dimenticato, abbiamo attraversato una campagna di muretti bassi, fenicotteri, piante grasse e blu dove arrivano gli occhi.
Ci ha accolti Modica con la fatica delle sue salite e gli scorci che tra due muri svelano universi di pietra.
A metà di questo viaggio, ho trovato il mio mantra: Niente è perfetto e nulla è insuperabile.
Lasciati andare!
Giorno 9
Modica – Ragusa – Realmonte
Dalla Modica di Quasimodo all’Agrigentino di Pirandello, sostando tra le strade bianche di Ragusa, ascoltando Nirvana e Cure e leggendo -sui sedili dietro- Geronimo “Estinto”, sempre accompagnati da stormi multiformi di uccelli migratori.
Ed è subito sera
(Ma domani è un altro giorno)
Giorno 10
Realmonte – Scala dei Turchi e Valle dei Templi
La piazza sul mare
La Scala dei Turchi e la Valle dei Templi, prima col sole e poi con la pioggia – che palle la pioggia, correre e ripararsi sotto un ulivo, abbarbicati al tronco – ma dopo!
La luce nuda spalancata di fronte.
E tornare in un paese apparentemente anonimo ma poi dalla piazza centrale c’è una vista, una vista che ti ricorda qualcosa che hai perso.
Qualcosa che avevi e che hai perso.
E chiedi ai passanti -che non passano in verità ma se ne stanno assiepati a parlare- gli chiedi Per favore, una panetteria. E loro non ti dicono dov’è, si incamminano insieme a te.
Non ho fretta, ti dicono. (Ecco cos’era che avevi e che hai perso).
Giorno 11
Realmonte – Marzara – Marsala
Oggi non mi servono altre parole che queste. Parole che, come dice un’amica, hanno il potere di straziare il cuore.
Una notte di giugno caddi come una lucciola sotto un gran pino solitario in una campagna d’olivi saraceni affacciata agli orli d’un altipiano di argille azzurre sul mare africano.
Luigi Pirandello
Giorno 12
Marsala – Saline di Trapani – Castellamare – Scopello Visicari
(Poi siamo arrivati in un posto incredibile…) Velocità di crociera su una strada non proprio scorrevole, la campagna che si srotola intorno coi suoi gialli, le viti e i pennacchi, nuvole bianche e panciute come dirigibili erranti.
I bambini sui sedili dietro chiacchierano senza litigare, il sole batte sul mio finestrino e mi scalda mezza faccia. Stormi di uccelli si aprono a ventaglio laggiù. Tu guidi, io scrivo, l’autoradio manda una musica bella.
Andiamo. Senza sapere precisamente dove.
La semplicità del bene.
Giorno 13
Scopello Visicari- Riserva dello Zingaro – Erice
Questa mattina era estate.
Un’estate regalata in un giorno di novembre in cui era prevista pioggia.
Abbiamo fatto una decina di chilometri tra rocce e mare, tenendoci per mano di fronte ai dirupi, dove la staccionata non c’era.
Oggi pomeriggio al castello di Erice era autunno inoltrato. Con il vento che alza mulinelli di foglie nella luce interrotta dalla sera. Un vento che ulula, lucida gli occhi e che quasi spaventa. Pure me, che il vento lo amo moltissimo.
Così ci siamo stretti un po’, per non volare via.
È sempre un tenersi vicini, quindi.
Stagione dopo stagione.
Giorno 14
Scopello Visicari – San Vito Lo Capo
Incontri.
Questa mattina ho fatto una passeggiata solitaria e mi ha accompagnata un cane randagio. Bianco con le macchie marroni e gli occhi un po’ tristi. (Ma forse tutti i cani hanno gli occhi un po’ tristi).
È venuto a prendermi davanti alla porta di casa e mi ci ha riaccompgnata. Preciso come un fidanzato ai primi appuntamenti. Mi camminava davanti, faceva finta di disinteressarsi a me annusando in giro, e intanto mi aspettava. Come un innamorato troppo timido per dichiararsi.
A un certo punto i cani erano due e mi hanno scortata girandomi intorno e frugando l’odore dei miei passi.
Avevo letto cose di spiriti guida, di animali che sanno qualcosa di noi. Ricordo poco.
Non importa. Quello che importa è che da questo viaggio mi riporto a casa il ricordo anche di lui.
Del mio amico cane.
Giorno 15
Scopello Visicari – Palermo
Bello partire per ritornare.
Bello tornare, ma ripartirei.
Un pezzo di Sicilia che ci terremo nel cuore -insieme a molto, molto altro- è l’ultima casa che abbiamo abitato prima di tornare. Sospesa tra rocce e mare, circondata da pini, olivi, fichi di india e animali gentili. Una baita di montagna dove arriva l’odore di salmastro e un sentore di vento africano.
Il penultimo regalo di Sicilia.
L’ultimo regalo è stato, come al ritorno da ogni viaggio che si rispetti, la dolcezza un po’ malinconica e struggente di tornare a casa. Alla stufa accesa nella nebbia di novembre, vicino a cui sedersi e pensare: è stato bello.
Altrochè, se è stato bello.
In numeri
4 viaggiatori, 1850 chilometri percorsi, 14 giorni di viaggio, 4 pieni dell’auto, 9 diverse sistemazioni notturne, 1 cambio dell’ora, svariatissimi colpi di tosse, molti incontri, un discreto mal di schiena, 3 libri e una guida, 6 bagagli, 1 crema viso e 1 ciabatta perse.
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