Certe sere, quando esco dall’ufficio, pensando alle due ore abbondanti che mi dividono da casa -home sweet home – penso che sarebbe meglio vivere in uno scantinato metropolitano o nei sotterranei proprio sotto il mio ufficio, stile ninja, piuttosto che attraversare ogni giorno tre province per guadagnare la meta. Sarebbe forse meno sweet ma infinitamente più comodo.
Poi però, dopo mesi di nebbia, che pure ha il suo fascino, magari ancora nel bel mezzo di gennaio, viene fuori quel sole che fa luccicare le prime gemme sui rami, e ti riempie gli occhi di riverberi dei raggi sulle pozzanghere. E penso che è bello organizzare una grigliata e invitare un pugno di amici con cui sbragarsi a brindare sul prato davanti a casa, lontano da tutto.
Soprattutto mi piace vedere i bambini tutti felici di liberarsi di qualche strato di imbottitura e, orgogliosi come palombari, infilare gli stivali di gomma e correre di sotto. Li guardo giocare coi cani sfidandoli in improbabili lotte, tanto che dopo due minuti mi ritrovo un gomitolo di fango e peli che non so più quali sono i due da buttare nella vasca da bagno. Li guardo fare un picnic sulla panca di fianco a casa, spartirsi il pranzo che hanno aiutato a cuocere sulla griglia, orgogliosi e complici.
Conciati come zingari, felici come uomini liberi.
Conciati come zingari, felici come uomini liberi.
Mi viene in mente quando ero bambina, i giorni lunghi in cortile e nessun cancello, nessun recinto. Quando tutto era paese.
Socchiudo gli occhi -lucertolante- ed è bello, mi lascio baciare dal sole, che tanto non faccio peccato. E penso che questo mi basterà per sopportare ancora la vita da pendolare.
Purché ci sia ad aspettarmi, alla fine della fatica, un pomeriggio inatteso di sole e i miei figli impiastricciati di fango e felicità.
Socchiudo gli occhi -lucertolante- ed è bello, mi lascio baciare dal sole, che tanto non faccio peccato. E penso che questo mi basterà per sopportare ancora la vita da pendolare.
Purché ci sia ad aspettarmi, alla fine della fatica, un pomeriggio inatteso di sole e i miei figli impiastricciati di fango e felicità.
Il jolly è: vedere il bicchiere mezzo pieno. O, se non altro, lasciarsi ubriacare.
Tags: campagna vs città, casa mia, jolly, moncestino, pendolarismo estremo, pomgranin, torino
….aria buona, uova fresche, insalata dell’orto …. e non avremmo bisogno di lavorare e contare i minuti! occorre però eliminare la buca delle lettere per non ricevere le tasse! …. W il fango!!!!
The Real Person!
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Ele, la tua idea mi piace.
proviamo? 🙂
Accidenti… due ore!!!! E io che mi lamento che da casa mia all’ufficio ci sono 35 minuti scarsi!!!!
Un abbraccio
Francesca
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😀 ma guarda, pure io fino a qualche anno fa arrivavo nella metà del tempo e mi lamentavo uguale!
un abbraccio a te
adesso che anch’io vivo tra fango e gemme che luccicano al primo sole posso dirlo, ti capisco! E ne vale davvero la pena!
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vero? non è sempre facile ma ne vale davvero la pena