13 febbraio
E se dovessi disegnare la mappa della tua vita in questo momento, dove ti collocheresti? Hai presente quelle planimetrie con l’indicazione: “tu sei qui”. Tu sei dove?
Finito l’ennesimo SanRemo, i figli alle prese con pagelle e i primi amori, mani e piedi nel carnevale e i progetti per l’estate, un corso alle porte, inverno al mattino ma la primavera nell’aria nel sole tiepido del dopopranzo, una storia e le parole per dirla, kefir a colazione, cercare un trattamento antirughe, cercare un volo a buon prezzo (per dove?), il Montana di Watson, lo yoga, la sera Carlo Magno e i verbi irregolari, treni da prendere e una casa -dolce casa- a cui tornare.
La luna rimpicciolisce ogni notte, verrà quella nuova, e tutto sommato quel che vorrei è restare a lungo nel “tu sei qui” dove sto.
24 febbario
Quando i bambini erano piccoli, facevo fare loro un giochino.
Li facevo mettere accovacciati per terra, chiusi a uovo, la fronte sul pavimento.
E’ inverno, la terra dorme.
Tutto è silenzio.
Tutto è in pace.
Poi, con i primi raggi di sole, qualcosa si muove.
A quel punto allungavano un braccio dietro la schiena e un ditino faceva capolino.
Il germoglio cominciava a diventare piantino, arbusto, poi albero.
Lentamente -il bello di tutto era la lentezza- si trovavano in piedi, le braccia verso l’alto, rami contro il cielo.
Gli piaceva molto: me lo hanno fatto ripetere non so quante volte.
Dopo giorni di leggera influenza, febbre, dolori articolari, oggi mi sento meglio e mi è tornato alla mente quel germoglio. È una piccola primavera, sentir tornare le energie e la voglia di fare.
E lo so che non è solo influenza. Sono i miei giorni così, questi. Si ripresentano ogni anno, da parecchi anni, ormai. Puntuali. Come vengono, poi vanno. Lasciano sempre qualcosa. Non sempre è male. Non sempre capisco cos’è.
Chiusa nel guscio, comincio a pensare al germoglio. Lo aiuto un po’.
Faccio yin yoga, corteggio domande futili, cucino zuppe di ceci e fagioli azuki.
Chiusa nel guscio, mi godo ancora un po’ di calore.
Aspetto la neve, carezzo il gatto, prendo appunti senza capo né coda, leggo Selma Lagrlof. Leggo Chandra Livia Candiani – un mazzetto di righe alla volta.
“So che ogni viaggio disfa, so che ogni viaggio riconsegna. So che si torna sempre”.
A metà tra inverno e primavera, mi tengo stretta.
Mi tengo quel che c’è.
Per quel che ne sappiamo, tutte le cose nascono al buio.
25 febbraio
Così sei tu. Refrattario alle mode e alle convenzioni – spirito libero.
Arrivi a sera portando legna per il fuoco, un fiore raccolto, due o tre giochi di parole e un gioco di prestigio per farci sorridere.
Così sei tu. Con i tuoi poteri magici semini poesia anche dove non immagini.
28 febbraio
Chiamare il marzo.
Nel mio paese, quello di montagna, è tradizione antica.
L’ultimo giorno di febbraio si esce in corteo per le strade con pentole e coperchi e mestoli e campanacci e si fa rumore più che si può.
Sveglia Primavera, è ora. Esci dalla tana.
Te ne sei andata, mamma, un 28 febbraio di diciotto anni fa. Non ho messo insieme subito le cose, ma ora so. Nevicava, quella notte, c’era un silenzio ovattato sulle strade di Torino. Ma sulle nostre vie dei monti son sicura che ci fosse un gran baccano..
“Ricordo di aver pensato: non ci sarà mai un momento in cui non ci penso. E avevo ragione. E avevo torto” (Amy Hempel)
Ciao ma’.
Mica si piange, oggi. Si urla forte, insieme, si battono i piedi, si fa un casino da far tremare i muri. Primavera verrà.