Gennaio somiglia a una camminata che ho fatto una domenica pomeriggio tra le colline.
C’era molta gente, anche amici, ma alcuni pezzi li ho fatti sola. Ci sono state salite da accorciare il fiato e scorci da levarlo proprio, per come si vedeva il cielo, traslucido e vagamente surreale.
C’era la luce di inverno, quella che leva veli senza misericordia, e pialla le ombre e ricalca i contorni.
C’è stato un fuoco trasparente sopra la sera -le fiamme a sgambare in alto- e accanto al fuoco vin brulè da bere bollente.
Mentre si camminava verso casa è venuta la notte.
-Hai paura del buio?
-Se non portasse almeno un brivido, finirebbe il mistero.
La penombra ci camminava a fianco mentre accendevamo le pile da minatore sopra la fronte. Era benvenuta: il chiaroscuro rende omaggio alla sfumatura.
Poi è venuta la luna, così rossa e invadente. Così eccentrica da scippare gli sguardi alle luci dei paesi a valle, ai profili morbidi dei colli.
-C’era la luna, sì. Ma quella si guarda e non si racconta.
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