Ci son giorni che apro un foglio bianco e non so che ci scriverò.
Oggi è uno di quelli.
Ci rovescio sopra parole che sembrano casuali, disordinate, caotiche. Poi piano piano prendono una forma, come se i pensieri, per darsi un contegno, dovessero comporsi in geometrie astratte e saziare il vuoto.
Oggi è uno di quelli.
Ci rovescio sopra parole che sembrano casuali, disordinate, caotiche. Poi piano piano prendono una forma, come se i pensieri, per darsi un contegno, dovessero comporsi in geometrie astratte e saziare il vuoto.
Perché scrivere, alle volte, sostituisce il pensare: è mandare una lettera a quella me stessa trincerata dietro le barricate della quotidianità. E’ bussare alla sonnolenza dell’abitudine per sbirciare dietro gli scuri, schiusi sul marasma tumultuoso dell’animo in fermento.
Come di notte, nei sogni. Quanto mi piace ripescarli il mattino al risveglio, acchiapparli per qualche fotogramma, qualche sensazione che mi è rimasta incollata davanti agli occhi e risalire su su al principio, ricostruire un’improbabile trama, ricucire i salti logici fino a coglierne il senso, se non proprio decifrarlo.
Ricordo quando, bambina, sognavo di trovarmi sola nel bosco inseguita dai mostri. Mi svegliavo in un sussulto e capivo di essere al sicuro nella camera vicino a quella di mamma e papà. Così mi rituffano nel sogno, tornavo a combattere i draghi.
Anche adesso mi piace perdermi dentro immagini mentali che da sveglia non avrei saputo immaginare, e inseguirle, fiutarne le tracce come un segugio con la preda, stanarle e scoprire pezzi di un puzzle che mi parla di quello che sono.
Anche adesso mi piace perdermi dentro immagini mentali che da sveglia non avrei saputo immaginare, e inseguirle, fiutarne le tracce come un segugio con la preda, stanarle e scoprire pezzi di un puzzle che mi parla di quello che sono.
Così con le parole. Le lascio andare, non mi curo di dirigerle o di metterle in riga. Lascio che si ricorrano, che facciano casino, che si incastrino, che facciano l’amore, che si litighino uno spazio ancora bianco. Nuvole libere a carezzare la lavagna del cielo.
Resto qui, le osservo. Provo a capire dove mi vogliono condurre, in quale meandro dei miei sentimenti vogliono farmi naufragare. E riemergere.
Resto in paziente attesa, ascolto, do voce alle minoranze.
Celebro l’anarchia del mio sentire.
Resto in paziente attesa, ascolto, do voce alle minoranze.
Celebro l’anarchia del mio sentire.
Il jolly è: usare carta e penna come antidoto allo straniamento da quotidianità
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Quanto mi ritrovo nelle tue parole! O meglio, i sogni al mattino faccio veramente fatica a ricordarli e di solito non riesco a raccapezzarmi. Lo scrivere invece mi aiuta tantissimo a mettere in ordine i pensieri.
The Real Person!
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se prendi l’abitudini di scrivere i sogni al mattino, vedrai che ricordarli sarà più facile. provare per credere!
The Real Person!
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grazie a te per questa condivisione! e alle parole scritte per i mondi che ci schiudono
Grazie 🙂 “Perché scrivere, alle volte, sostituisce il pensare: è mandare una lettera a quella me stessa trincerata dietro le barricate della quotidianità”. Così è anche per me. Nel quotidiano è la mia forza per affrontare, vedere e capire la realtà, in ogni suo minimo aspetto – dalla lista della spesa alle parole per il mio lavoro. Con un pizzico di leggerezza, con semplicità e profondità allo stesso tempo, senza (troppo) timore di sapere quello che troverò.