Missione del giorno: sottopormi a prelievo del sangue. Nella comoda cittadina di Chivasso, a soli 25 chilometri circa da casa. Difficoltà: due pupi da portare con me.
Sveglia puntata alle ore 6.30. Dopo un rapidissimo pit-stop in bagno per aggiustare l’aggiustabile, dopo aver racimolato i vestiti sapientemente sparpagliati la sera prima per casa e trascurando –vista l’ora- qualunque orpello o vezzo che possa vagamente risollevare la mia già compromessa immagine, parto con la sveglia dei pupi.
Cominciamo dal primogenito. Per non iniziare la giornata col piede sbagliato, lo richiamo al nuovo giorno con l’allegro jingle “tutti in gita”, opportunamente adattato per l’occasione. Nonostante le mie rinomate doti canore da gatto in calore, Lemuele pare apprezzare e festeggia la ben camuffata prospettiva di ore di coda in una deprimente Asl sovraffollata alzando il braccio e urlando “puppy!” (yuppi!).
Ma l’entusiasmo dura poco. Infatti è il momento di sottoporsi al poco amato rito del cambio di pannolino e vestizione. Ma il peggio viene dopo, quando reclama la sua dose quotidiana di tuccio (lattuccio).
“Certo amore, ora la mamma te lo scalda”.
“Sì, dai” sorride lui.
La mamma degenere apre il frigo.
“Merda!”
“Edda!”
“No, volevo dire… acciderbolina”.
Il latte è finito, ripieghiamo sul fruttino. Poteva andarmi peggio, starà pensando mio figlio.
(Ah, il latte c’era, scoprirò la sera. Ci aveva pensato Federico, anche se non lo aveva messo esattamente al solito posto. E faccio notare che il mio frigo è popolato quanto Fregene in novembre, solo che prima delle nove, almeno, non connetto. Nemmeno la vista al cervello).
È il momento di svegliare Eliandro. O meglio, di cambiarlo senza svegliarlo. Ma l’impresa è ardua, soprattutto con Lemuele sguinzagliato per casa che ancora non capisce il concetto di sequenza temporale: PRIMA cambio tuo fratello, DOPO partiamo col brum.
Terminato anche questo, il più sembra fatto: la borsa dei cambi è pronta dalla sera prima, l’auto è stata saggiamente caricata di passeggini, ovetti, seggiolini e quant’altro. Peccato solo avere una Fiat Panda anziché una Land Rover. O un camper, per dire.
Infilare le giacche e si va. Se non che. Devo farli scendere giù dalle scale uno alla volta perché nemmeno il maggiore è ancora in grado di affrontare un’intera rampa da solo. O almeno non entro questa Era interglaciale.
Porto Lemuele di sotto, per fortuna non passano auto qui –vantaggi dell’isolamento- e lo affido alle amorevoli cure di Teufel, il nostro cane nero gigante che pare il lupo di Cappuccetto Rosso.
Salgo di corsa a recuperare Eliandro che già strilla prigioniero della sua odiata giacca e mentre scendiamo mi rendo conto di aver dimenticato un ciuccio.
“Merda!” (Tanto lui ancora non ripete).
Su di corsa, mentre Lemuele già si è spazientito, cerco sto benedetto succhiotto (che di lì a poco perderemo per sempre per le strade di Chivasso) e lo scopro infrattato sotto il letto (maledetti vortici risucchiatori di gommotti!).
Corro giù e caccio i nanetti urlanti nei rispettivi ovetto e seggiolino.
Uno, due, tre… “via!” (Lemuele) …“ao…” (Eliandro). Musica a tutto volume e si canta.
(Per non intaccare quel briciolo di autostima rimastomi, tralascerò di dettagliare il passaggio in cui, dopo circa un paio di chilometri, mi accorgo di aver lasciato il portafogli a casa e torno a prenderlo. E riparto).
Dopo mezz’ora siamo a Chivasso, il mio santo padre (che non è il Pontefice ma mio papà) mi aspetta da un pezzo al parcheggio. Mi aiuta a liberare i pupi e si va tutti allegramente all’Asl. Mio padre si carica bimbi e passeggino mentre io vado a prendere il numerino: sono le 8.30, sono (iper)attiva da due ore e ho più di 100 persone davanti. Puppy.
Il nonno magnanimo si offre di portare i bimbi a fare un giro.
“Ma ce la fai con tutti e due?”
“Eh, per forza”. In effetti.
Partono tutti e tre, nel gorgheggiare scomposto dei due monelli. Io mi rassegno all’attesa.
Guardo le tante persone davanti, tutti con facce stanche, come me. E rassegnate, come me. E con in mano i fogli della prenotazione medica. NON come me. Perché io i fogli li ho scordati a casa.
“Merda, merda e merda!” (tanto i bimbi non sentono).
Rincorro mio padre, lo vedo di lontano fare l’equilibrista con pargoli e passeggino, dopo una levataccia e mezz’ora ad aspettarci sulla strada per tenerci un posteggio.
“Papi?…”
“Che hai fatto?”
“Ti voglio bene, sai?”
“Che ti sei scordata? Non mi dire che siamo qui per niente…”
“Ahem”
Cala il sipario.
Il jolly è: assumere una segretaria, una baby-sitter e un autista. Oppure affittare un cervello.
Tags: (dis)organizzazione, jolly, mamme distratte, nonni, pupi, trasferte
ma sei bi- mamma?che bello!! io a ottobre saro’ tetramamma, tri bimbe e,sembra, un bimbo. gran bella vita, entropia pura.
nadia
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Ciao Nadia, sì sono bi-mamma da quasi sei mesi. Tu sei al quarto? Complimenti e congratulazioni!! (mi racconterai come si sta, con quattro!)
Anchìio ho riso un po’… Però ti ammiro tanto!
Grazie Gin! Se non ne combino sempre una non sono io! Per dire: ieri sono andata a vaccinare un figlio col libretto vaccini dell’altro. La dottoressa per rincuorarmi mi ha detto che una mamma, una volta, ha portato il figlio sbagliato. Ma secondo me era giusto per consolarmi!
Splendida!!!! Dopo cotanto racconto mi sento autorizzata a confessare una mia, ehm…, svista. Avere invertito per dieci giorni la terapia di rinowash ai miei bimbi… Attenuante? Ero in puerperio per la nascita della terza bimba ; )
The Real Person!
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altro che se è un’attenuante… direi che ti scagiona in pieno!
“Per forza” e’ il migliore commento che si possa fare. Ti ammiro eh.
ahah! mio papà, con me, da anni si è specializzato un questo tipo di risposte!
Ahh ecco…mi sembrava fosse andato tutto troppo LISCIO…ultimamente, quando ho bisogno di ridere, vengo qui a leggere le tue avventure e devo dire che non mi deludi mai! Grazie Fiulìfiulà
Mia cara, son qui apposta! Meno male che le mie disavventure servono a strappare due risate se no… non mi resterebbe che piangere!
Nooooooo
Dai, consolati pensando che in fondo la privazione del sonno è un metodo di tortura e tu con quei due piccoletti per casa…. E poi hai risposto a una delle mie curiosità: mi son sempre sentita uno sherpa quando viaggiavo da sola con Piccolo Uomo e più volte mi son chiesta come facessi tu a salire in auto con due nanetti, adesso lo so 🙂 baci
vorrei tanto darti ragione, ma la realtà è che con o senza figli, con o senza sonno sono sempre casinista uguale. purtroppo
… sinceramente sto immaginando le battute del tuo Papi e mi sto sbellicanto (compostamente ) dalle risate !!!
ehm lui si è sbellicato parecchio meno, in effetti 😉