in times like those
La nostra avventura tedesca è cominciata con una notte di viaggio: 2 nanetti girovaghi incastrati sul sedile posteriore per 10 ore e mezzo di risvegli a singhiozzi, con corollario delle più strane e insistenti richieste, diviso 970 km di buone intenzioni (ovvero litanie di: mai più viaggi in auto così) e promesse di paesi dei balocchi là in fondo all’autostrada.
Abbiamo rivisto amici che ci hanno aperto le porte del loro loft con vista su un grande cortile pieno di luci e vetrate e addobbi di natale. Ai bambini è piaciuto da pazzi scorazzare per qualla grande stanza senza pareti, tra biciclette parcheggiate in ingresso e gigantografie di Silver Surfer alle pareti. Ai nostri amici (super sportivi e senza figli) sarà piaciuto meno ritrovarsi 120 metri quadri di vetrate tappezzate di mini impronte digitali e il pavimento cosparso da uno stato di briciole giochi e figurine semi permanente. Ma ci vogliono bene e ci hanno tenuti così.
Sono stati giorni di visite ai sette mercatini di natale (sì, sette!!) sparsi per la città, che ha messo su quella faccia sfacciata di festa come solo sanno fare le città del nord quando si agghindano per le notti di gala.
Nani, elfi, folletti e babbi natale fanno a gara in giro per le piazze per sistemarsi nei posti migliori e restare lì a godersi lo spettacolo. E alberi decorati, e rami pieni di cuori e di stelle come frutti ben succosi.
Passeggiate lunghe sul Reno bianco di freddo, che scivola via luccicando come dentro un presepio. Occhi accessi e guance arrossate sbucano da sciarpe e berretti lanosi. Calendari dell’avvento, una chicca tra i miei ricordi felici d’infanzia, che si preparano a svelarsi.
Tutti contaminati, ospitanti e ospitati, grandi e piccini. Tutti tranne Federico, a ribadire il suo ruolo di maschio alfa – è la birra tedesca l’antidoto, garanisce lui, proponendo così una versione meno salutista della celeberrima mela al giorno, per la gioia degli assidui frequentatori di Oktoberfest.
A ogni modo, dopo un giorno e mezzo di malessere e lazzaretto, sono uscita a procacciare cibo e beni di prima necessità.
E su quelle strade lucide, respirando ghiaccio e riempiendo i polmoni di energia pulita, in una città da scoprire, mi sono inventata in pochi passi una vita diversa e ho ri-scoperto perché amo (visceralmente) viaggiare:
per essere libera di essere altro restando me stessa.