22 Marzo 2015
Vivo in un bel posto, sono a casa in maternità e posso stare coi miei bimbi, ho una bella famiglia e le mie giornate sono faticose ma appaganti, che in fondo anche l’imprevisto ha il suo perché. C’è una sola cosa che mi manca come l’aria che respiro: viaggiare.
Non nel senso di una vacanza o roba così. No, proprio vorrei mettermi uno zaino sule spalle, comprare una buona guida e poi consumarmi le scarpe e gli occhi a forza di vedere cose nuove.
Mi manca così tanto, esplorare, che sento come una nostalgia nascosta, che pungola e pizzica ogni giorno un po’.
Così accettare l’invito di Viaggi e Baci e scegliere qualche foto di viaggi fatti mi è sembrato un buon pretesto per tuffarmi con la memoria in quei panorami rubati al tempo con un click.
E se è vero che ogni atmosfera ha il suo colore, non può che essere giallo il crepuscolo sul Bosforo, con Istanbul stravaccata all’orizzonte.
È stata una settimana dentro un agosto di 4 anni fa, quando ancora sprovvista di prole potevo dedicarmi al vagabondaggio senza impedimenti o responsabilità, insieme a mia sorella e a un paio di amici. Così sono stati giorni di girovagare per una delle città più affascinanti mai viste, tra moscheee e parchi, per le stradine tortuose dove mi sono persa mille volte e dove credo anche di aver rischiato la vita per la giuda spregiudicata degli autisti turchi.
Sono state notti di raki e di kofte nelle lokanta, di lunghe camminate al buio, di incontri e chiacchiere nati per caso, di calumet aspirati con calma nei bar all’aperto, seduti in terra a gambe incrociate.
Poi, il blu di Rodi. Quello mai scontato di cielo e mare che là in fondo –per gli occhi- si fanno tutt’uno. Quello dell’Occhio di Allah, che si trova a ogni angolo in questa terra di confine tra Grecia e Turchia.
Questo blu che insieme al bianco riempie tutti gli spazi, come negli album da colorare dei bambini, che è la culla dove la mente si distende e quasi evapora. Questa tinta è anche quella della prima vacanza “da famiglia”, vista con gli occhi di un bimbo di 11 mesi e con un pancione di 7, da portare a spasso insieme alle valigie. “Sei pazza, sarà stancante”, mi hanno detto un po’ tutti. E invece mai mi sono sentita così leggera e flessibile, così energica, seppure tanto ingombrante.
Quel blu pieno di sole mi ha rigenerata come una notte trascorsa ad ascoltare le favole più bella di sempre.
E di sicuro era blu la canzone che mi rotolava in testa di continuo: mi porterò quando eran piccoli i ragazzi e noi eravamo giovani e belli come siamo.
E poi questo. Bhè, questo arancione è IL viaggio. Quello inseguito e sognato da sempre. La mia India che mi è scivolata troppo veloce tra le dita, lasciandosi dietro una scia di mal d’Asia che non mi passa mai. Che mi fa amare Terzani, studiare Tagore e leggere Rushdie. Per dire.
Che non si riassume certo in queste poche righe, che colora le mie immagini mentali e lascia aperta una porta da dove intravedo un’altra vita POSSIBILE.
Perché se, come credo, ogni viaggio ne contiene molti altri, questo li contiene tutti. E presto o tardi in questo arancione –il più brillante mai visto- mi ci voglio rituffare con tutte le braghe. Anzi, con tutto il sari.
Il jolly è: conservare nella mente accesi i colori, in attesa di nuove partenze (grazie, Viaggi e Baci)