Se quello che vi lascio
è una terra sfatta e sfranta da battaglie,
come un letto che non si ricompone mai;
se vi lascio una grandine di parole venute a scardinare
il vento,
a tarlare
un silenzio che non ascolta più nessuno,
venute a bestemmiare il fuoco
e consacrare il fumo.
Se quello che vi lascio è un diavolo
che chiede soldi per costruire muri
che baratta anime in cambio di confini,
e chi dovrebbe fare ponti
non conosce la misura,
né l’equazione elementare:
una vita vale una, senza sconti,
ed è sempre da salvare.
Se vi lascio voci e voci inascoltate
voci sfiatate di cui è rimasta un’eco,
voci mute, arse, frantumate,
e i corpi gonfi che le hanno liberate
affastellati come sabbia sul fondale.
Se vi lascio mani perse nelle tasche
di chi guarda e pensa Che ci posso fare,
perdono, figli, per questo mondo
-storto, zoppo, disassato-
che non ho capito e
che non so aggiustare.
Ci ho provato con le storie della sera
le parole rassicuranti e un po’ inesatte:
il gigante cuore grande
salva il regno e sempre in tempo,
mentre l’empio, il ciarlatano, il traditore se la batte.
Perdono, se potete,
se ho trassato un po’
se ho giurato che i lupi qui non possono arrivare.
Era per cullarvi,
era per farvi dormir bene,
era per farvi innamorare.
A mia discolpa posso dire
che ho barato per amore solamente:
che se non si stana un po’ di buono in mezzo al marcio,
-da che mondo è mondo-
non si aggiusta niente.