Primavera, quest’anno, sembra tardare.
Forse si chiede che ci viene a fare:
tutto questo lavoro immaneper aprire bulbi, semi, tane
allargare cieli
far volare rondine e airone
rinverdire prati- se poi alla fine non cambia mai niente:
se stagione dopo stagione
restano sigillati
gli occhi della gente.
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Primavera (Istanti rubati a #marzo2022)
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Siamo creature dei boschi (Istanti rubati a #giugno2020)
Siamo creature dei boschi prestate alla civiltà.
Abbiamo linfa nelle vene e occhi color corteccia o foglia.
Di ramo in ramo saliamo sfidando la forza di gravità
e scendiamo fino al suolo sempre controvoglia.
Abbiamo il cuore tremante di certi cerbiatti,
la vista al buio della civetta,
ci dicono che siamo distratti
o facili prede di abbagli: ci incantiamo sui dettagli
che sfuggono a quelli che vanno di fretta.
Non ci manca la curiosità scanzonata del gatto,
il coraggio silenzioso del lupo,
non ci manca l’intuito e la prontezza allo scatto,
né l’audacia del balzo che sfida il dirupo.Siamo creature rupestri
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ma di tipo socievole,
ogni tanto ci pigliano per extraterrestri
per la nostra allergia alle regole.
Seduti a un banco, dentro a un ufficio o in un supermercato
sembriamo forse un po’ strani:
ma non puoi certo giudicare un pesce
dal modo in cui si muove tra i rami. -
Gelsi (Istanti rubati a #maggio2020)
In un principio d’estate
raccogliamo gelsi
nel viale di casa
dove abbaiano i cani.
Mentre nascosti tra i rami
ridiamo
-le bocche i denti macchiati
di viola-
sentiamo come sarà dura
domani
essere ancora e in una volta sola
così sporchi,
e contenti
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Uomini e no
Qualcuno sa nuotare ma non è un pesce
qualcuno vorrebbe volare
ma gli mancano le ali
e non ci riesce.Qualcuno ha preghiere senza parole
qualcuno ha speranze che crescon da sole;
non serve annaffiarle né potarle in aprile,
basta sognare un mondo
gentile.Qualcuno aspetta e non sa che cosa
qualcun altro pretende sempre qualcosa,
qualcuno tace
e chi tace acconsente
-lo afferma chi urla
e gli altri non sente.Qualcuno ha due gambe due braccia
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un cuore tenace
dita capelli sudore e lacrime fatte col sale
ma non è uomo
se non è capace
di riconoscerne uno
diverso da sé
-eppure uguale. -
Acqua in cammino e roccia (Istanti rubati a #luglio2018)
Vengo dalla montagna ma non è pietra il mio cuore.
È piuttosto canto di torrente inquieto, tumultuoso quando le piogge lo gonfiano, torbido nelle limacciose pozze agitate d’ombre ma pronto a riprendere il viaggio verso balzi e crinali, verso una provvisoria quiete, dove impararare a far da specchio alla sera.
Non è pietra ma greto malleabile o umido muschio, verde come le bottiglie bevute insieme dentro una pineta ordorosa, mentre luce piove e grandina dentro i bicchieri.
Acqua in cammino e roccia che resiste al flusso, così è il mio cuore:
tempo che scorre senza sapere dove,
tempo che resta senza capire come.
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Filastrocca per i miei figli (istanti rubati ad #aprile2018)
Siamo imprecisi e senza misura
sempre pronti alla confusione
non certo per mancanza di cura
ma per eccesso di immaginazione.
Abitiamo luoghi arredati a casaccio
le gemme le stelle le impronte di gatto
un glicine adesso vestito di viola
le storie dei libri e quelle di scuola.Son fantasiosi i nomi che abbiamo
ma solo a un esame superficiale
chi ci conosce sa che non sono
il nostro tratto più originale.A chi ci chiede Ti piace la scuola?
è sempre sì la nostra risposta
la scuola ci piace, niente da dire,
ma abbiamo l’ardire di una proposta:
(siamo sicuri che approvano in tanti)
due giorni in classe e cinque nei campi.Leggiamo Tom Sawyer e Geronimo Estinto
e le nuvole prima del temporale,
la traiettoria nel cielo stinto
del volo del falco con il cannocchiale.
Leggiamo i solchi tracciati nel grano
le impronte di volpi e cinghiali nel bosco
le orme del T-Rex le riconosciamo
ma stiamo alla larga perché è un tipo losco.Scriviamo poesie con poche parole
tantissima terra che nutre le aiuole
son povere spesso di acca e di accenti
ma non lesiniamo innamoramenti.
Se mancano i segni di interpunzione
abbondano macchie di erba e lamponi
ma non è certo una distrazione:
mettiamo su carta le nostre stagioni.Siam visionari per costituzione
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andiamo per balzi, scarti e intuizione
la nostra condotta non è molto austera
ma tu non temere, lasciaci fare:
noi siamo proprio come la primavera
a volte pigri, ma pronti a sbocciare. -
Mi piace il pane morsicato (Istanti rubati a #gennaio2018)
Alla bellezza annunciata di una cattedrale
preferisco la dolcezza inattesa di una tovaglia e un paio di calzini stesi in un vicolo,
il miracolo della simmetria di un aranceto,
la grazia scomposta di un fico d’india sul ciglio della strada.Alla boutique con gli specchi ai muri
preferisco l’osteria di chi fa scempio di vino e ballate,
ai grandi corsi lucidati dal passaggio dei turisti scelgo la bettola dei rigattieri,
gli scogli dove pescatori solitari misurano la profondità del lancio
e la corrosività di un ricordo.Mi piace il pane morsicato,
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il grembiule della donna affacciata sul viale,
la tazzina di caffè lasciata vuota sul tavolino. -
In viaggio bisogna scrivere poesie
In viaggio bisogna scrivere poesie.
Raccogli le parole in strada,
dietro lo spigolo bianco di un tramonto,
sulla linea retta che fa del mare una sfumatura più intensa del cielo.Setaccia le parole
tra i grani di luce nel tuo cappello,
dividile dall’imbroglio delle nostalgie.
Desumile dalle traiettorie degli uccelli migratori
che s’assiepano sui fili della luce
– mentre anche tu vai via.Districale dai nodi delle desinenze di novembre
dall’affanno della sua luce cruda,
delle ombre che si porta al collo
come grani di una litania.Scova le parole sotto la ruota
delle tue scarpe
e spingile a dire
quello che non vorrebbero.Tutto quello che non vorrebbero.
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Ai miei figli
Se quello che vi lascio
è una terra sfatta e sfranta da battaglie,
come un letto che non si ricompone mai;
se vi lascio una grandine di parole venute a scardinare
il vento,
a tarlare
un silenzio che non ascolta più nessuno,
venute a bestemmiare il fuoco
e consacrare il fumo.Se quello che vi lascio è un diavolo
che chiede soldi per costruire muri
che baratta anime in cambio di confini,
e chi dovrebbe fare ponti
non conosce la misura,
né l’equazione elementare:
una vita vale una, senza sconti,
ed è sempre da salvare.Se vi lascio voci e voci inascoltate
voci sfiatate di cui è rimasta un’eco,
voci mute, arse, frantumate,
e i corpi gonfi che le hanno liberate
affastellati come sabbia sul fondale.Se vi lascio mani perse nelle tasche
di chi guarda e pensa Che ci posso fare,
perdono, figli, per questo mondo
-storto, zoppo, disassato-
che non ho capito e
che non so aggiustare.Ci ho provato con le storie della sera
le parole rassicuranti e un po’ inesatte:
il gigante cuore grande
salva il regno e sempre in tempo,
mentre l’empio, il ciarlatano, il traditore se la batte.Perdono, se potete,
se ho trassato un po’
se ho giurato che i lupi qui non possono arrivare.
Era per cullarvi,
era per farvi dormir bene,
era per farvi innamorare.A mia discolpa posso dire
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che ho barato per amore solamente:
che se non si stana un po’ di buono in mezzo al marcio,
-da che mondo è mondo-
non si aggiusta niente. -
(Senza titolo)
Al fondo delle poesie si mette il luogo e la data di scrittura,
hanno pur diritto ad una nascita
– il giorno e il posto,
per sapere se era inverno oppure primavera,
o magari autunno, in qualche città del nord.Al principio delle poesie si mette il titolo,
hanno pur diritto a un nome
-un tratto più marcato,
qualcosa che le annunci,
qualcosa che serva per farle ricordare.Le mie poesie le scrivo
con inchiostro di limone sopra i tronchi di betulla
o sulle foglie chiare e tremule la sera
-sono corde di chitarra per la brezza.Anonime e di incerti natali, hanno comunque un’anima
un profumo, e un suono.(E che suono bello fa il vento, di poesie senza parole…)
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