Mamma, facciamo una misura?
Ogni tanto mi chiedono così, i miei figli, e si mettono in piedi impettiti contro lo stipite della portafinestra, col mento alto e i muscoli tesi per risultare cresciuti. Tiro fuori il pennarello e fissa un’altra tacca sulla nostra parete che farebbe invidia a un graffitaro, tra segni in sequenza e una colata di cera di quella volta che Federico ha buttato gambe all’aria il porta candele.
Ognuno di quei segni piccoli e dritti porta segnata accanto una data, e quando mi sdraio sul divano per guardare la TV ce li ho davanti tutti in fila, quei segni, una collezione del tempo, una pianta d’edera che s’aggrappa alla luce in alto.
Penso alle estati andate, gambe più corte, mosse più impacciate. E penso a quelle che verranno, quando a ogni giro di calendario perderò un po’ della tenerezza di un paio di braccine aggrappate al collo e conosceró qualcosa in più dell’uomo di domani. Perché ogni persona, io credo, contiene insieme ciò che è stato e quello che diventerà.
I miei figli misurano l’amore in numeri, spesso inventati: Mamma, ti voglio bene milianta.
Spiegano il gradimento in distanze:
_Hai dormito bene amore?
_Sì, ho dormito un chilometro.
Le età dei bambini si misurano in traguardi: contare fino a cinque e dopo fino a dieci, le capriole sul letto prima con, e dopo senza mani, la bicicletta senza rotelle, parole imparate, in piscina staccarsi dal bordo per un istante piccolo, poi due, nuotare coi braccioli. Mamma guarda che tuffo! Mamma guarda! Mamma!
E io che a volte parlo con altri e telefono e sto leggendo o scrivo e mi stanco di guardare, mi stanco di rispondere dopo una giornata di caldo e afa, dopo una settimana di lavoro, io che dico Aspetta, smettila, guardo dopo, e faccio un gesto con le mani come a dire Dammi tregua e sbuffo, e mi capisco perché so quanto i figli ti risucchiano, mi comprendo e non mi condanno, ma in quello sbuffo sta già un pezzo di rimpianto. Per domani, quando dopo molti giri di calendario finiranno quasi i Mamma guarda e sarò io a sbirciare, di sottecchi, un errore o un tuffo venuto bene.
Le età dei bambini sono tutte in quelle tacche scarabocchiate sul muro, le mie sono sul muro della casa in montagna, le segnava il nonno a ogni vacanza d’agosto.
E ogni tanto penso, stravaccata sul divano davanti alla TV, che finché i segni s’aggiungono ai segni il mio cuore è al sicuro.
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Facciamo una misura?
Il jolly è: trovare che non esiste misura all’amoreRead More -
Tra malva e arancione
A volte mi manca la carta. A volte le idee. Altre le parole. Qualche volta persino il tempo. Capita pure che manchi la voglia.
A volte, c’è troppo di tutto.Poi allungo il collo, supero scrivanie con lo sguardo. Oppure il tavolo della cucina o il sedile di quello seduto di fianco sul treno. Tuffo gli occhi nella luce. Per scrivere, meglio fioca. Meglio cieli gonfi di neve, nuvole di caffelatte dove inzuppare il pane.Il cielo oggi è quello d’un’estate pallida. Ma tanto pallida che lo capisci, che ormai è già via.Dopo, mi guardo le dita. Mi guardo sempre le mani per scegliere le parole. Per questo, da un po’ di tempo in qua, metto lo smalto.
Sembra che i pensieri vengano giù più spediti, con lo smalto colorato sulle unghie. Mi piace color malva, di più. O mattone. Il color mattone apre il chakra dell’immaginazione. Secondo me.
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Tra le stagioni
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Semi di fine estate
Programmi per l’autunno.
Come mi piace, quando le giornate cominciano ad accorciarsi e il verde intorno si scolora un po’, riempiendosi di sfumature, come mi piace in questi pomeriggi lenti e ancora tiepidi di fine estate, immaginare orizzonti nuovi, abitudini rinnovate, taccuini immacolati tutti da riempire. -
Luglio è una bolla arredata di cose piccole
É un mese strano, questo, dentro un’estate strana. Piena di temporali e sbalzi di temperature e c’è un’aria -non so- rarefatta: spesso arrivo al mattino presto a Torino e sento una brezza che pare di stare al mare (pare). E la sera, quando torno a casa e lo sguardo si sdraia sopra la mia campagna, è un perdersi di balle di fieno indorate dal sole. -
L’esempio in un alveare
C’era una notte fuori, piena di profumo, e una notte dentro, piena di domande.
Una fiaba: leggera, garbata, profonda.
Questo è “L’inverno dell’alveare” di Davis Bellucci. Un piccolo gioiello prezioso ben cesellato. Pieno di piccole chicche.
Per spiegarci meglio: da malata lettrice e grafomane quale sono, da sempre mi annoto brevi parti libri che mi colpiscono maggiormente, che mi fanno riflettere, che mi regalano fremiti di poesia. Le sottolineo a margine e poi le ricopio, nell’infinito file “citazioni”. Dico questo non per sottolineare il mio disagio mentale, ma per raccontare che da questo libro ho attinto una serie infinita di perle, riempiendo fogli di frasi rubate. -
Briciole di Pollicino
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Questo no, questo sì: liberare gli armadi della mente
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Il colore del giorno quando si alza presto
Quest’anno la primavera si sta facendo aspettare un bel po’ (almeno qui, nel mio cantuccio di mondo), con quella sua faccia tosta da giovane donna bellissima che molto si lascia bramare e poco si concede.
Allora me ne sto accucciata buona, come un cane fedele che nel cortile di casa aspetta il padrone e una carezza sul muso. I raggi caldi del sole sarebbero una gran bella carezza sulla pelle e sull’anima, sì. -
Di sorprese sorridenti in agguato
Cafone che è -o distratto cronico a voler essere clementi- nemmeno gli auguri di Buona Pasqua vi ha fatto Bodó (ma io glielo ho detto che così non si fa). Abbiate pazienza, è ancora piccolo.Spero che questi giorni di festa siano stati zeppi di sorprese, ma di quelle piccine e improvvise che non ci avresti scommesso un euro. Che so, una telefonata da un amico partito in cerca di fortuna, le fusa inattese del gatto, una scatola di cartone colorato ripieno di mille mila caramelle e sul fondo un libro nuovo da cominciare. Ma va bene anche una bella rivista di viaggi. Tutto va bene, purché abbia il sapore di cioccolato al latte-che-si-scioglie-in-bocca. O fondente, se vi piace di più.Read More
La primavera con sole volenteroso annesso, secondo me, quella ci spetta di diritto.