Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • Nulla in me dubita della tua presenza (istanti rubati a #agosto2024)

    On: 9 Ottobre 2024
    In: istanti rubati, la mia vita e io
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    1 agosto
    Scendere nell’orto prima di cominciare la giornata, in estate, è un rito che mi va comodo.
    Scendere con la bocca ancora impastata dai sogni, i piedi negli stivali, la maglia a maniche lunghe nonostante il caldo già prepotente, per non farmi rosicchiare dagli insetti.
    C’è un esercito di insetti, tra i fiori delle zucchine, tra le file di pomodori. Ti fischiano nelle orecchie come fuochi d’artificio.
    Nel silenzio dell’alba, ogni cosa sembra al suo posto. Forse per questo la natura ci affascina tanto. Anche l’ape che ti punge fa il suo lavoro. L’hai spaventata, hai invaso il suo territorio, lei si difende come sa: niente di personale.
    Forse per questo la natura, a volte, tranquillizza: a differenza delle faccende tra umani, ogni cosa segue il suo corso. E il modo in cui vanno o non vanno le cose non dipende da niente che non sia la loro essenza – piegarsi al vento, nutrirsi di pioggia. Rigenerarsi con la luce del sole.
    Non c’è colpa, né senso di colpa, né aspettativa, scopo o frustrazione. Solo lasciarsi vivere e morire e poi rinascere. Ogni cosa al suo tempo, nel presente – una musica esatta.

    10 agosto
    Che poi è facile, se ci pensi.
    Quello che abbiamo è questo sentiero, persone con cui fare dei tratti, un cielo sulla testa che delle volte dice sole e altre tempesta. Altre volte ancora se ne sta azzurro e distante, fa finta di niente.
    E abbiamo queste gambe che è meglio far andare e scarpe da scegliere robuste. E abbiamo voci che ci scortano lungo la strada e che il più delle volte ci riportano a casa.

    14 agosto
    Pensare un nuovo tatuaggio.
    Il bosco.
    Preparare il tiramisù per un ferragosto in cortile.
    Famiglia.
    Il primo caffè del mattino in bottega o sul balcone.
    Cognetti – Giù nella valle.
    Appunti di viaggio.
    Amici. Le birre al laghetto.
    Camminare.
    Meditare sul pavimento di legno, di fronte al Pasubio e le sentinelle di pietra.
    I pasti condivisi.
    Chandra Livia Candiani e Mariangela Gualtieri.
    Ricordare.
    Le serrature del silenzio, la preghiera del ruscello.
    La notte, un nero mare capovolto punteggiato di stelle.
    Moquette d’erba sotto i piedi.
    Nel letto coi bambini, le parole prima di dormire.
    Mi inchino al Dio dei giorni semplici – con la fronte a terra benedico ogni minuscola sterminata grazia.

    19 agosto

    Tu e io, una notte in rifugio, camminare al tramonto. E poi all’alba. La superluna blu di agosto giallissima e quasi piena e tutte le nostre parole – parole che vengono facili, qui, lontano da tutto. Tu che mescoli storie da bambino e riflessioni da uomo, tu che racconti con la voce quasi da ragazzo.
    Mangiare come lupi, dormire come sassi – il vocabolario dello stare bene è preso in prestito dal bosco.
    Come sempre perderci, noi due (anche questa una quasi tradizione), arrabbiarci un po’ nell’erba bagnata, alta che ci arriva ai fianchi, Te lo avevo detto che non era questa la strada. E poi trovare un segno, la rotta, la via – una riga rossa e una bianca su un tronco. Rieccoci sul sentiero che ci riporta a casa.
    (Perché domani, ovunque tu vada, sappia riconoscere sempre il sentiero che ti riporta a casa).
    27 agosto

    Salire al rifugio Fraccaroli è un rito dell’estate – uno dei tanti eppure uno dei più significativi.
    La sveglia prestissimo, la prima parte della salita nella pancia scura e ancora fresca del bosco e poi venire alla luce sulle pietre chiare, sbiancate dal sole.
    La merenda -pane e cioccolata- alla prima bocchetta, quando la vista spazia dall’una all’altra valle, al rifugio infilare le ciabatte, i pasti abbondanti, guardare salire la nebbia, la birretta rigenerante, le gambe a pezzi, il belato lontano di un gregge, il tramonto lento, lento, che non arriva mai – il giorno che non vuol finire.
    Ogni volta le stesse domande su altitudine, chilometri, distanze, la camerata rumorosa, tre piani di letti a castello, al ritorno surfare sul ghiaione.
    Quell’allegria annebbiata, storie di montagna, la polenta e il vino e sempre dire tra noi che la prossima estate magari si cambia meta, magari si dorme in un altro rifugio, magari… e sempre sapere che intanto la prossima estate è qui che ritorni. Perché i riti celebrano il tempo e gli restituiscono senso.
    28 agosto

    Quando un nube
    inghiotte i monti
    roccia cielo terra
    tutto svanisce
    – ma solo agli occhi.
    Oltre il visibile
    tu ci sei.
    Nulla in me dubita della tua presenza.
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  • sei lettere, una preghiera (istanti rubati a #aprile2023)

    On: 3 Maggio 2023
    In: istanti rubati
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    11 aprile
    Bevo caffè e mangio un pezzo di tortiera napoletana. Insieme a tonnellate di cioccolato e sorpresine sparse è quel che resta di questi giorni di festa. Giorni di sole timido, caccia alle uova nascoste intorno a casa, le persone che amo intorno a un tavolo (intorno a più tavoli, per essere precisi).
    Ieri, pranzo in cortile. I cavalli brucavano alle nostre spalle, ombre silenziose, e il bianco galletto Garibaldi, nuovo ospite del pollaio (grazie Silvana!) prendeva confidenza con il territorio. All’imbrunire, il bicchiere della staffa. Le gambe allungate davanti, le giacche infilate sulle t-shirt, la stanchezza buona dei giorni lunghi. Il clima è stato benevolo e sotto il portico, mi pare, le rondini sono tornate ad abitare i loro nidi. Il nido delle gazze sul pioppo, invece, è seminascosto dalle foglie nuove.
    A sera, rimasta sola, invasa dalla nostalgia che mi viene alla fine della festa, ho spento la musica per ascoltare un po’ di silenzio, dopo tutto il vociare. Per tenermi vicino quella specie di vuoto, questa mia antica fragilità, fedelissima e indivisibile compagna di viaggio.
    Succhiavo in bocca una parola breve -gusto di cioccolato fondente, sei lettere, una preghiera: grazie.

    13 aprile
    Ci sono giorni plumbei e angusti come i corridoi di certe vecchie case. Senza finestre, non arriva il sole che splende fuori, nè l’odore buono che sale dalla terra dopo la pioggia. Solo polvere, pensieri stantiii accatastati come vestiti sporchi abbandonati su una sedia.
    Capitano giorni così. Giorni stretti. Tu prova ad allargarli. Un passo alla volta.

    18 aprile
    non è che poi ci sia granché da dire, quando si invecchia…
    grazie a chi c’è, a chi mi pensa, a chi mi ha fatto gli auguri, a chi in ritardo dirà Me ne son scordato!
    a chi ha fatto tutta questa strada con me, a chi solo qualche pezzo, a chi ho perso per la via, a chi non perderò mai, a chi incontrerò a un certo punto, a chi è sparito per un tratto, e poi eccolo, là, dietro alla curva. a chi mai mi ha lasciata un istante, da questa vita o da quell’altra. a chi mi ha preceduta, a chi mi segue – le nostre impronte mescolate sul sentiero, incorruttibili, indifferenti al prima e al dopo.
    grazie alla strada, al panorama quando sorride, alle salite che spezzano il fiato, ma poi guardi intorno ti dici Accidenti, che roba incredibile, il mondo, visto da qua.
    un grazie speciale a chi, quando mi incontra in giro, non mi dà del lei e non mi chiama signora.
    grazie a me, qualche volta, quando mi lascio in pace, quando sono in pace con me, quando ci metto entusiasmo, quando ci metto il coraggio che serve.
    e grazie al tempo – quanto fatico a dirlo, quanto ci bisticcio ogni giorno, ogni volta che lo prego: Rallenta! – però grazie, alla fine, nonostante tutto, perché in fondo, (in fondo-in fondo) senza lui, non sarei io.
    (E a ognuno di voi, come sempre: grazie!)

    30 aprile
    Saluta con una preghiera ogni cosa che incontri.
    Il vecchio ciliegio spaccato in due che continua a fiorire a primavera, il sasso che hai pestato mille volte, l’ultima neve sulle cime, l’ombra tremante del capriolo nel bosco, l’erba nuova, l’acqua che brilla giù dai torrenti.
    Saluta con una preghiera
    la te che aspetta
    nei luoghi che lascio
    gni volta
    senza lasciarli davvero.

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  • Un regalo bellissimo (Istanti rubati a #novembre2021)

    On: 16 Dicembre 2021
    In: istanti rubati, la mia vita e io, lettera
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    Ho ricevuto un regalo bellissimo.
    Inatteso e bellissimo.
    Mi avrete già sentito parlare di Obra, e della Vallarsa, in Trentino.(Immagino la risposta degli amici: Pure troppo!) Chi mi conosce da un po’, che ci sia stato o no, può dire di conoscerla come le proprie tasche. Chi ha letto qualcuno dei miei libri, l’ha trovata tra le pagine.
    Sono i luoghi che mi abitano, i luoghi senza i quali non somiglierei lontanamente a quello che sono.Sono i luoghi in cui è nata la mia mamma, i miei nonni; da cui viene metà della mia famiglia.
    Ecco, ieri, durante una cerimonia ufficiale, ho ricevuto la cittadinanza onoraria.”Quale riconoscimento per aver promosso con i suoi romanzi la conoscenza, la bellezza, la storia, la cultura della Vallarsa e della sua Comunità e per amarla profondamente. Mi hanno detto che sono la prima donna ad averla ricevuta.
    Ieri mattina sono salita a Obra con Federico e i bambini. C’era un sole che è stato un regalo nel regalo, i monti accesi da una luce quasi primaverile, ma più bella, perchè siamo in novembre, e nessuno se l’aspetta, in novembre, una luce così. Ho riabbracciato amici, camminato i miei sentieri. La nostra casa, il bosco, il camposanto. Ho pensato che non so se me lo merito, questo riconoscimento. Ma che mi riempie il cuore di gratitudine.
    Ho pensato che la mia mamma voleva dirmi qualcosa. E che di sicuro, da lì dov’è adesso -da qui dov’è adesso- mi guarda. E sorride.

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  • Facciamoci trovare pronti (Istanti rubati a #dicembre2020)

    On: 12 Gennaio 2021
    In: la mia vita e io, quando la montagna era nostra, viaggi
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    31 dicembre
    Ieri sera siamo andati a fare un giro in auto, di paese in paese, per vedere le luminarie. C’era una luna tonda e luminosa che si sarebbe potuto girare a fari spenti .Le strade erano lucide e deserte, fatta eccezione per una volpe e una nutria solitarie. Le decorazioni facevano capolino nei cortili, se ne stavano appese ai balconi, aggrappate ai muri. Poi, attraverso le finestre accese, ne ho intraviste altre private, più intime e segrete. Una candela, il lumino in cima alla capanna di un presepe. Mi è venuto in mente che, dopo che se ne è andata la mia mamma, per anni non ho fatto alberi, né appeso luci. Lei era l’anima del Natale, e adesso che non c’era più, non avevo nessuna voglia di festeggiare. Finché, un dicembre, non ho tirato fuori il mio piccolo abete, qualche pallina, un filo lucente. Non so perché, semplicemente era arrivato il momento di farlo. Come un seme che a un certo punto germogli. È stato faticoso, e liberatorio.Mi sono chiesta quanti alberi altrettanto faticosi ci fossero dietro quelle finestre, dentro quelle case e dentro tutte le case. Credo molti. Faticosamente in piedi, carichi di stelle e fiocchi di neve. Ho immaginato il gesto: una mano che pettina gli aghi sui rami e appende qualcosa. Accende una luce che forse non verrà vista da nessuno, o forse da un passante, in una notte come tante.Questo spero per il nuovo anno, per noi tutti: il desiderio e la forza di accendere luci.Il desiderio e la forza.Auguri!

    24 dicembre
    Qui, il fantasma dei Natali passati è dappertutto. È nelle slittate che mi ricordano quelle con mamma la notte della Vigilia.È nella sensazione di Ossigeno che mi investe quando a sera esco sulle strade buie, gelide sotto le stelle, e in quella di accogliente calore che mi fa formicolare le dita dei piedi intirizziti quando torno in una stanza scaldata dalla fiamma viva della stufa. Nei sensi intorpiditi dal tepore e poi acuito dal freddo fuori, nei vividi sogni a occhi aperti.È nei profili scheletrici degli alberi che fan sembrare i monti in lontananza enormi e bonari animali dal pelo ispido.È nel cielo basso, gonfio, così vicino alla terra, così vicino. È negli odori della cucina, nelle coperte spesse, nei libri seminati in giro, nei rari incontri sulle strade desolate. Il fantasma dei Natali passati mi porta in giro per la Valle, mi solletica fin quasi alle lacrime. Mi mette di fronte ricordi che pensavo d’aver perso – e son tutti qui, impettiti, i piedi nella neve, i profili di fumo.Mi raccontano vecchie storie, mi confortano alla loro maniera: promettono che torneranno – che non smetteranno di tornare. I miei auguri, quest’anno: facciamo pace coi nostri fantasmi, diamogli una possibilità. Se dobbiamo frequentarli, tanto vale farsi buona compagnia. Conviene a tutti, no? Felice Vigilia a tutti!

    6 dicembre
    Questo 2020 mi sembra se lo sia inghiottito la neve.Guardo indietro: una distesa bianca, uniforme, con pochi punti a cui appigliare il ricordo. Mi sembra ci sia stato tolto qualcosa -incontrare, abbracciare, viaggiare… le cose che sappiamo, certo. Ma non solo quelle. Non è mai tanto quello che non si è potuto fare, ma una mancanza di prospettiva. Come se la paura, i divieti, le inibizioni riducessero il mondo a una dimensione sola. A una impossibilità di espandersi, a un rattrappirsi delle facoltà di immaginare. Di desiderare. Sono quelle, mi dico, allora, che bisogna pungolare. Qualche minuto al giorno alleniamo le nostre fantasie come si allena un muscolo – una giornata con qualcuno, una terrazza sul mare, un concerto, un volo da prendere, un libro da scrivere, un nuovo sentiero, caffè e giornale al tavolino di un bar, nel via vai generale. Quel viaggio là. Cinque minuti al giorno: chiudiamo gli occhi, scaviamo a fondo. Troviamo la terza dimensione e forse persino la quarta: coltiviamoci. Verrà il tempo di bucare il terreno, dopo tutto questo gelo. Facciamoci trovare pronti.

    5 dicembre
    Somiglia il mio amore a una legnaia tenuta bene. Somiglia alla fatica di andare per boschi a tagliare ceppi, alla forza che serve per portarli a casa. Ma sempre pensando al calore che ti avvolgerà quando ogni notte te ne starai accanto al fuoco, a guardare la neve cadere.

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  • La montagna non è poesia (Istanti rubati ad #agosto2019)

    On: 23 Settembre 2019
    In: istanti rubati
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    La montagna non è poesia.
    Sono polpacci duri, gola che chiede acqua, schiene bagnate e certe vesciche. La montagna non è benevola, ogni cima te la guadagni a strattoni, a ginocchia graffiate, mani in cerca d’appiglio.
    Non ti regalo niente, sembra dire lei mentre ti metti i suoi sentieri sotto le suole, su certe salite, ogni pochi passi uno sbuffo che prova a rallentare il cuore.
    Poi sali un tornante, esci dal bosco, una nuvola scopre la visuale: si spalanca la meraviglia.
    La montagna non è poesia, ma le somiglia.

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  • La casa più casa (e la vacanza)

    On: 6 Agosto 2014
    In: foto, la mia vita e io, viaggi
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    obra di vallarsa (TN)

     

    Mi piace stare a Obra perché è la casa più casa che ho.
    Quella che nei disegni di bimba ha il tetto rossa a punta orlato di tegole e il camino che fuma. Sempre.
    Perché c’è sempre, lì dentro, un posto caldo, vicino alla stufa che crocchia e al fuoco che racconta quanto è stato mentre eri lontana.

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  • Di vecchi presepi e nuovo stupore

    On: 15 Novembre 2012
    In: la mia vita e io
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    bimbo e albero di NataleMetà novembre e il mondo intorno pullula di richiami al Natale. Già dal pre Halloween si vedevano in giro zucche e fantasmi affiancati da panciuti omoni vestiti di rosso.
    Ora. Io sono tutt’altro che un Grinch ma tutto ciò mi pare un pochino eccessivo. Avanti di questo passo mi aspetto di trovare le renne con le slitte accanto all’invito per il pranzo di ferragosto.
    Però ormai ci siamo: tra meno di un mese, dall’8 dicembre, come tradizione vuole, aprirò anche io le porte di casa al Natale. (Il poveraccio, probabilmente, ci troverà un tale disordine che farà un passo indietro per non aumentare l’entropia. Ma questo è un altro discorso).

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  • Riassunti di viaggio

    On: 5 Settembre 2012
    In: la mia vita e io
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    bimbi sul lettoneCompiti per il rientro a casa: scrivere tre cose che ho imparato dalle vacanze in Trentino.
    1 – due bambini con una mamma è l’armageddon. Tre bambini con due mamme è l’armageddon con un’impennata di entropia (e buonumore).

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  • Come sarebbe

    On: 24 Agosto 2012
    In: lettera
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    Ho dovuto fare i conti: oggi sarebbero 62.
    Le parole mi si impigliano tra i pensieri e se ne vanno in giro troppo lontano. Le richiamo all’ordine ma non mi danno retta, sono sulla scia dei ricordi, su quella strada tortuosa e friabile che mi riporta a te.
    Più che una strada è una stradina di montagna, quelle mulattiere strette che attraversano i boschi, quelle che ti sono sempre piaciute, mamma.

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  • Radici che abbracciano il mondo

    On: 8 Agosto 2012
    In: la mia vita e io
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    fontanaC’è qualcosa di perenne, nei monti. Forse per questo li amo tanto. Per quella loro anima dura e nascosta, per quella loro forza di pazienza inossidabile. Forse li amo per questo, o forse perché ci sono cresciuta, tra i monti del Trentino, in questa valle riservata e pudica che è la Vallarsa.
    In verità qui ci è crescita mia madre, e io solo un pezzetto ogni anno, appena la scuola chiudeva quel poco che bastava per scappare quassù. Però mi ha insegnato a conoscerla con così tanta passione, mia madre, questa terra, che è MIA più di quanto non lo sia qualunque altro posto al mondo.

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