Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • Basta poco

    On: 16 Settembre 2015
    In: la mia vita e io
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    dal trenoBorghetto Santo Spirito è attraversata dai binari. Esci dalla spiaggia e il treno ti passa così vicino da scompigliarti i capelli. È successo un giorno, mentre ero lì, che sono uscita dai bagni, e appunto stava passando un treno e affacciato a un finestrino c’era un uomo, avrà avuto i miei anni, con un cappello di paglia in testa (non ho capito come facesse a non farlo volare via). E quest’uomo faceva ciao con la mano a un bambino che lo guardava incantato, con un sorriso così bello, ma così bello, che avrei voluto fosse per me.

    L’uomo con il cappello di paglia è durato un istante, trascinato via dal suo vagone, ma mi ha lasciato addosso una scia di buonumore e tenerezza, una cosa che ho deciso di custodire, per ricordare come alle volte basti poco. (altro…)

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  • Ci sei dentro

    On: 27 Agosto 2015
    In: la mia vita e io, sproloqui, viaggi
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    piccole dolomitiHo visto i muscoli della montagna. Sono striature scure dove crescono alberi che ad alta quota diventano cespugli bassi, erbe e muschi.
    Ho scalato il fianco duro e verticale, oltre i suoi duemiladuecentocinquanta metri di protensione al cielo. Le ho sentito il battito del cuore, uno solo lento e lungo come il rintocco di una campana, lontana, di notte.
    Ho appoggiato l’orecchio sulla sua schiena, ad auscultarne le intenzioni, mentre cercavo l’appoggio al piede e l’appiglio alla mano.

    C’era un silenzio rotto dagli strappi amplificati dall’eco di qualche pietra che rotola per una camoscio in fuga, del sibilo della marmotta e del suono del corvo. Di scarponi che battono la terra e spostano ghiaia spessa.
    La montagna l’ho pagata, per il suo tenermi addosso, in moneta di fatica e fiato che si fa breve, come la pausa dopo il punto che non va a capo.
    Mi ha pagata lei con un senso di cuore che s’allarga e sterno che si apre, quando, alla fine di certe salite, si stendono orizzonti in dissolvenza, dopo lo strapiombo.

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  • Si apre il sipario e buona la prima

    On: 3 Agosto 2015
    In: sproloqui
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    uno spicchio d mondoIl mondo sarebbe un poco più leggero se ci fermassimo tutti, adesso. E buttassimo i sassi dalle tasche, setacciassimo i grumi dai pensieri, levassimo ste scarpe strette, sempre troppo strette.
    Il mondo sarebbe un posto più onesto se ogni uomo somigliasse un po’ alle parole che dice.

    Il mondo sarebbe più largo se nessuno reclamasse un posto acquisito per diritto di nascita e capisse, ora e per sempre, che la fortuna di nascere dalla parte giusta del mondo non ha merito, pure il proverbio lo sa, che la fortuna è cieca. Lo sa persino quel poveretto arrivato da lontano, ma così lontano che ha finito le scarpe, e ha mani magre che gli vedi le ossa, e sulla faccia la collezione di tutti i racconti che noi non vogliamo sapere. Lui sa che la fortuna è cieca, perché se gli venisse in mente che invece ci vede, gli toccherebbe di andarla a cercare per ficcarla su un barcone e lascarla in balia dei pescecani.

    Sarebbe più largo, il mondo, se non ci sedessimo sulla nostra cittadinanza con l’arroganza di un bullo sul tram, che mette il culo su due sedili per non farci stare nessun altro.

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  • Le paure delle mamme (e i nuovi pannolini Huggies)

    On: 30 Luglio 2015
    In: ospiti
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    huggies(Articolo Sponsorizzato)
    Ci sono tanti tipi di mamme. Da quel che ho capito, più o meno quante sono le mamme.
    Ognuna con al propria filosofia di vita, le proprie scelte e, soprattutto, con una personale capacità di improvvisazione di fronte a quei piccoli grandi interrogativi che la vita con un bambino sa propinarti a giorni (quantomeno) alterni.
    C’è però qualcosa che le accomuna tutte ed è la reazione di panico e smarrimento di fronte ad alcuni temi, che affliggono generazioni di madri di ogni credo, ceto e categoria. Alcuni, se c’hai fortuna, te li scampi. Tipo: reflusso, insonnia, coliche. Altri, vuoi o non vuoi, in una forma o in quell’altra ti toccano. Ad esempio: lo spannolinamento.
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  • Le mamme e la manutenzione dei rapporti umani

    On: 27 Luglio 2015
    In: la mia vita e io, scienza&fantascienza
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    non ho proprio sete, è più voglia di un campari col ginLa vita prima di procreare è così diversa da quella post filiazione che non pare nemmeno più appartenere alla stessa persona. Ogni madre lo sa. A dire il vero, lo sa ogni persona dotata di intelletto e senso dell’immaginazione.
    Tra le cose che non si somigliano nemmeno vagamente nell’era pre e post, sono le relazioni umane. Alcuni esempi.

     

    Rapporti con i tuoi genitori e parenti stretti, prima
    Tuo padre e tua madre si preoccupano che tu stia bene, che non frequenti spacciatori o psicopatici, che tu non viva di espedienti.
    Rapporti con nonni e zii, dopo
    I tuoi (eventuali) problemi vengono naturalmente bypassati a favore di notizie sui bambini: stanno bene, quante volte hanno fatto la cacca oggi? hanno mangiato verdure a pranzo? il culetto è arrossato? Tu rilassati, dedicati pure al contrabbando o alle droghe pesanti: se andrai a prendere i bambini in orario all’asilo, nessuno avrà da ridire.

     

    Le notti con il partner, prima
    Largo alla fantasia.  Puoi immaginati Kim Basinger in 9 settimane e 1/2.
    Le notti con il partner, dopo
    Fantasia allo stretto.  Non solo lei: nello stesso letto ci siete voi due, i bambini, i loro virus d’inverno, la tosse estate e inverno, il male ai piedini quattro stagioni,  randomici giocattoli,  coprimi in inverno e scoprimi in estate, sogni belli e sogni brutti, troppo spesso sogni a occhi aperti, amici di peluche occasionali.

    Il mattino dopo, in seguito a un’altra notte insonne puoi sentirti Wile Coyote dopo che Beep Beep gli ha spaccato sulla capoccia l’ennesimo masso.

     

    Il sabato sera, prima
    Il sabato pomeriggio ti chiamano gli amici:
    “Ehi che fate stasera, vi va una pizza e dopo magari concertino in un localino appena inaugurato?”
    Perché no, per questa sera non avevamo nessun programma.
    Poi si esce e tu ti immedesimi in Uma Thurman (prima del ritocchino) che balla con John Travolta in Pulp Fiction.
    Il sabato sera, dopo
    Ti chiama un’amica il lunedì:
    “Senti, sabato festeggiamo il mio compleanno con una cena, venite?”
    “Ehm, veramente non saprei, oggi Giacomino aveva la tosse, non vorrei peggiorasse, e Carolina sono due giorni che fa la cacca molle, non so se è il caso di farle prendere aria… “Sì, ma sabato è tra poco meno di una settimana… ”
    “Appunto, magari peggiorano.”
    Riagganci e ti immedesimi in Uma Thurman (ancora prima del ritocchino ma decisamente provata) in Motherhood – Il bello di essere mamma.

     

    Le uscite con le amiche con figli, prima
    Lei ti chiama:
    “Ti va questa sera di passare a fare un salto qui da me? Magari ci mangiamo una pizza insieme… ”
    E tu (mentre immagini lo sfacelo di due bambini che fanno Tarzan aggrappandosi prima alle tende e poi usando i tuoi capelli come liane): “Guarda, mi piacerebbe ma ho un filo di mal di testa, magari un’altra volta eh.”
    Le uscite con le amiche con figli, dopo.
    Vi sentite per organizzare una serata, cercando di incrociare la fine sesta malattia di uno con il principio mani-piedi-bocca dell’altro.

     

    Le uscite con le amiche senza figli, prima
    A qualsiasi ora del giorno e della notte, si riesce trovare modo di incontrarsi. Per mangiare pop corn sul divano, un giro di shopping o una notte brava tutta drink e movida. (E notare che quando ero ragazza non esistevano le chat. Per fortuna, altrimenti non avrei nemmeno trovato il tempo per finire le scuole dell’obbligo).
    Le uscite con le amiche senza figli, dopo.
    Cerchi di comunicare con loro in chat, mentre un nano ti tira il telefono da una parte perché vuole vedere un video di Topolino (tisca-tusca) e l’altro te lo tira dall’altra perché vuole giocare al “gioco della flutta” che all’inizio ti sembrava tanto educativo e poi invece ti sei resa conto che ti ha espropriata dell’unico oggetto che ti era rimasto in esclusiva. Così, dopo una sequenza di lemmi illeggibili e codici captha, riesci a produrre una domanda tipo Ma ti questka serà che impengi hhai?
    La tua amica, dopo aver decifrato il geroglifico con la soddisfazione di un enigmista seriale, e immaginando il delirio che si sta consumando e si continuerà a consumare in casa tua, risponde con un “Mi piacerebbe tanto vederci, ma avevo promesso alla bisnonna che avrei passato la serata con lei.”
    Comprendi, e ritieni inutile ricordarle che al funerale della sua bisnonna hai partecipato anche tu, una decina d’anni prima.

    Non c’è meglio o peggio tra prima e dopo, non in assoluto. Certo che dopo è tutta una fatica omerica, tutta una corsa in salita. Certo che nessuna madre ti direbbe mai, nemmeno sotto tortura, di poter restituire il dopo per riavere il prima. Nemmeno per tutti i sabati sera del calendario.

    Però ci sono, inutile negare, le serate che hai messo a letto i bambini e sfoggiando un pigiama felpato rosa shokking sporco di pennarelli indelebili e brodino vegetale, ti metti in sottofondo You Never Can Tell di Chuck Berry , ti sprofondi tra i cuscini del divano come Masha sulla pancia di Orso e pensi.
    Che non è proprio sete, quella che hai.
    Più voglia di un campari col gin.

    Il jolly è: avere Ambrogio a portata di mano. Anzi, di drink

     

     

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  • Istanti rubati a #giugno2015 (speciale Santiago)

    On: 20 Luglio 2015
    In: istanti rubati, viaggi
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    Il Cammino di SantiagoGiugno ha avuto dentro diverse cose: la fine di un altro anno di asilo, un principio d’estate, un concerto di Vasco, una Settimana Ragazzi in maneggio. Per dirne qualcuna.
    Ma questo post sarà un collage di attimi dal Cammino di Santiago. Non sono foto di qualità (del resto non sono fotografa né tanto meno di qualità) ma hanno di bello il modo in cui sono state fatte, sul passo delle vie galiziane. Mano al marsupio e scatto. Sono immagini di passaggio, senza rallentare, senza nulla concedere alla posa, al fuoco, al dettaglio. Sono foto che camminano. Così quando le guardo, ora o tra dieci anni, ritrovo la fatica, il sudore, il desiderio di fermarsi a riposare e la necessità di andare, per non perdere il ritmo.

    Il Cammino di SantiagoIl Cammino di Santiago

    Ci ritrovo un attimo di tregua tra i riflessi di un ruscello gelido che gonfia il ventre ombroso e accogliente di un bosco, ci trovo le luci al tramonto di un paese che ci stava aspettano -in quell’ora precisa che i suoi muri di pietra si fanno gialli contro un cielo il bilico tra azzurro e blu. E dalle stradine di fianco alla piazza arrivano bambini -pallone incollato al piede- seguiti da greggi di schiamazzi spagnoli.

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  • Il mio cammino di Santiago – Bignami

    On: 30 Giugno 2015
    In: la mia vita e io, viaggi
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    cammino di santiago, fisterra Non sono venute risposte, durante il Cammino di Santiago, e nemmeno le domande. Solo qualche conferma e molti semi di riflessione, che sento muoversi nella terra fonda, mentre non ci faccio caso, e ci saranno i giorni per bucare la crosta di fango che li divide dal giorno.

    E’ stato un viaggio condensato, troppo breve per entrare davvero nello spirito del cammino, per allontanarsi con onestà dalla prova fisica. Ma lungo abbastanza per vedere che mi piace: mettere un passo avanti all’altro forzando gambe e fiato, forzando i piedi a posarsi dritti, le ginocchia a non cedere, i pensieri a non contare i chilometri di mezzo tra te e un punto d’appoggio.

    Ho capito che i dolori e la fatica sono ondivaghi, e quando credi di essere al limite il corpo risponde, a sorpresa, con un passo. E un altro ancora.
    Ho visto che anche sulla strada per la bella Santiago, mentre ti sforzi di purificare la pelle in tossine e sudare via i ricordi che fanno zavorra, anche lì t’incazzi se il cielo si addensa in pioggia, o se un cane di passaggio, vagabondo quanto te, s’ingoia il sacchetto di cibo messo via per pranzo. Poi ci ridi. Dopo, quando avrai la pancia piena.

    Capisci che anche lì c’è chi allestisce la solita sfida tra sé e una pletora di avversari immaginari e sciorina chilometri e tempi di percorrenza, come alle corse campestri che da ragazza odiavo e che mi costringevano a fare, non certo per la potenza della falcata ma per l’ostinazione di arrivare al fondo.
    E anche lì c’è chi parte capace di non tornare, folle d’entusiasmo e di santa incoerenza, alla ricerca dei pezzi di un puzzle che prima o dopo, per qualche strada, in qualche vita, combaceranno per forza. (altro…)

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  • Facciamoci crescere le ali

    On: 23 Giugno 2015
    In: sproloqui
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    cascate di ouzud, maroccoDobbiamo costantemente buttarci giù dagli strapiombi e farci crescere le ali mentre precipitiamo.
    Kurt Vonnegut

    Ci sono frasi che aprono un mondo e questa è una.
    E mi dico, prova a vivere così: prendi un treno, un mattino, che va nella direzione opposta a quella consueta. Prova a vedere cosa succede se smetti di voler tutto sotto controllo. Molla i freni, improvvisa, metti via google maps e trova la strada annusandola. Sceglila non per la brevità o il poco traffico ma per la bellezza di uno scorcio, per il modo in cui ti fa sentire percorrerla, per come riesci ad accarezzare una curva.

    Incontra una sera gli amici e balla fino a notte fonda senza pensare alla sveglia del mattino, lascia la casa in disordine e vai a camminare in un bosco, sentiti libero, e spaventato, ma libero, come poteva esserlo il primo uomo sulla terra.

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  • I panni del pellegrino

    On: 4 Giugno 2015
    In: la mia vita e io, viaggi
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    la carta del pellegrinoHo usato la scusa del quarantesimo compleanno almeno una decina di volte. Del resto dovevo pur consolarmi per aver abbandonato la comfort zone degli enta.
    Così ho deciso di regalarmi un tatuaggio (ma alla fine Federico me lo ha regalato lui), un tablet per scrivere meglio durante la transumanza quotidiana da casa a ufficio e viceversa, un ciondolo con il mio simbolo (sarebbe una spirale, l’ho deciso quando ho visto la collana in vetrina, più o meno), una donazione a un’associazione di cui mi fido, un paio di maglie scovate al mercato intorno alla data del genetliaco, una settimana in più di ferie, una cena con la famiglia e altre cosette sparse.

    Mi sono festeggiata come si deve. Ma il piatto forte di questo banchetto che mi sono apparecchiata deve ancora venire. E lo farà precisamente domani, con il volo che parte da Bergamo nel pomeriggio: si tratta di una settimana sul Cammino di Santiago insieme a Cristiana, amica di una vita, pronta anche lei a scorticarsi gli alluci per seguire la Compostela.

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  • I bambini, l’amore, le passeggiate la sera

    On: 1 Giugno 2015
    In: la mia vita e io
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    bambini in un pratoMamma, ci siamo innamorati“. Me lo ha detto Eliandro in macchina, un mattino, andando all’asilo. Parlava di una sua compagnetta, piccola quanto lui – che adesso ha poco più di tre anni, ma le affermazioni decise di uno che ha visto già un bel pezzo di mondo.
    Perché così sono i bambini: fanno dichiarazioni semplici, rifinite bene. Il loro ragionare non sembra il nostro arzigogolato speculare e quando non sanno una cosa non si arrampicano sui vetri: semplicemente inventano. E chissà se nella loro testolina credono vere le cose che immaginano.

    “Io sono molto felice oggi” mi ha detto qualche sera fa “perché ho parlato con i fagioli magici”.
    Amo il loro improvvisare, raccontare mondi fantastici, e li alimento. Domando, interrogo, suppongo. E alla fine non si sa più chi sia il bambino. A volte Lemuele, quattro anni e un pezzetto, interviene, come l’altra sera: “Mamma, i fagioli non parlano, vero? Io non li ho mai sentiti”. Me lo ha detto in un bisbiglio, sotto voce, per non smentire le certezze del fratello.

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