Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Lettera ai miei figli su un viaggio in Marocco

On: 9 Dicembre 2014
In: lettera, viaggi
Views: 8121
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Succedono viaggi in cui capitano molte cose. Che ti rubino il telefono, di stare una settimana (beatamente) off line, di prendere tre multe.
Che ti accompagnino a fare una ricarica come se ti fossi persa nel bosco, che ti offrano ospitalità.
Succede di vedere una luce bambina (l’infanzia della luce) dalla terrazza in cui fai colazione. Capita di trovare un caldo secco e ventoso in una città enigmatica di mezza montagna, e sull’Oceano un tempo di sole e piogge, veloce come fosse Copenaghen.
Di fare un pezzo di viaggio insieme a tua sorella, che era un bel po’ che non si calcava insieme lo stesso pezzetto di mondo, ed è bello.

 

E di spiare vicoli e stupirti di come certi angoli di mondo siano esattamente, come te li aspettavi. Uomini a dorso d’asino impigliati in qualche ragnatela che intesse il tempo per fregare il calendario e la sua presuntuosa progressione numerica. Donne avvolte in veli che sputano fuori a malapena gli occhi, ma occhi che lasciano una scia di colla quando si muovono.
E bambini così spettinati e belli che ti viene voglia di passargli le dita tra i capelli, per una carezza piccola. Poi li senti ridere – è una cascata di vetri rotti- e capisci che così sono belli: stupiti. E spettinati.

 

E guardi i tuoi figli, lontani da giochi accatastati in un angolo della loro stanza e dai cartoni in tv, che con quei bimbi si mettono a giocare con gli aeroplanini di carta, fatti con il tovagliolo preso al tavolo di una taverna. E non gli servono parole per dire, gli basta quella piega dell’ala, quell’acrobazia venuta bene per una folata di vento.
Sono intese di mani sporche e facce che parlano.

 

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Ci sono viaggi dove succede che ti prendi paura, un mattino che il più piccolo vomita l’anima e realizzi d’improvviso d’essere fuori dal mondo. Ma passa in fretta, e tutto torna facile: parlare tre lingue a spicchi e gesti, sorseggiare tè alla menta dolcissimo, con calma.

 

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Spiare dal finestrino dell’auto un paesaggio che ti sfama gli occhi e passare una serata a cercare un ristorante aperto in una città nuova. Poi rinunciare e mangiare patatine e Fanta in una camera d’hotel. Chiudere la porta di un Riad per lasciare le voci fuori. Guardare gli uomini che pregano quando si riempie il cielo del canto del Muezzin.

 

Succede che tra uno spostamento e l’altro ti trovi a sperare che ai tuoi figli resti qualcosa, di questo tempo. Di questa avventura, di questa fatica.
Anche poco. Un riflesso, il senso di un’atmosfera. Il germoglio di un’idea: che il mondo è pieno di strade da vedere e la diversità è ciò che lo rende una complicata meraviglia.

 

Il jolly è: il sapore di un tè dolcissimo di menta. Bevuto: lentamente.

 

Un po’ di cose che questo viaggio mi ha insegnato:
1. Due buoni compagni di viaggio non dovrebbero lasciarsi mai (cit.)

 

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5 Responses to Lettera ai miei figli su un viaggio in Marocco

  1. Monica ha detto:

    Bellissimo post, scritto benissimo e davvero emozionante. Sottinteso che approvo moltissimo anche la scelta del viaggio 😀 in bocca al lupo per il concorso, se ti va di leggere il mio post lo trovi qui: http://www.giustidea.com/bambini-in-vacanza/

  2. […] il fatto di chiudere la valigia e uscire, anche per poco, dalla propria zona comfort. E anche le due settimane in Marocco mi hanno insegnato -o mi hanno aiutata a ripassare – un po’ di cose. Qui le prime […]

  3. […] chiamare il suo fidanzato, ed i loro due figli Lemuele ed Eliandro. Il racconto che lei fa del loro viaggio mi ha toccato l’anima per il profondo rispetto verso le persone che hanno incontrato, per la […]

  4. IPadMama ha detto:

    anche noi 15 giorni in marocco da nord a sud…
    Troppo bello e il tè alla menta… Super

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