Succedono viaggi in cui capitano molte cose. Che ti rubino il telefono, di stare una settimana (beatamente) off line, di prendere tre multe.
Che ti accompagnino a fare una ricarica come se ti fossi persa nel bosco, che ti offrano ospitalità.
Succede di vedere una luce bambina (l’infanzia della luce) dalla terrazza in cui fai colazione. Capita di trovare un caldo secco e ventoso in una città enigmatica di mezza montagna, e sull’Oceano un tempo di sole e piogge, veloce come fosse Copenaghen.
Di fare un pezzo di viaggio insieme a tua sorella, che era un bel po’ che non si calcava insieme lo stesso pezzetto di mondo, ed è bello.
Che ti accompagnino a fare una ricarica come se ti fossi persa nel bosco, che ti offrano ospitalità.
Succede di vedere una luce bambina (l’infanzia della luce) dalla terrazza in cui fai colazione. Capita di trovare un caldo secco e ventoso in una città enigmatica di mezza montagna, e sull’Oceano un tempo di sole e piogge, veloce come fosse Copenaghen.
Di fare un pezzo di viaggio insieme a tua sorella, che era un bel po’ che non si calcava insieme lo stesso pezzetto di mondo, ed è bello.
E di spiare vicoli e stupirti di come certi angoli di mondo siano esattamente, come te li aspettavi. Uomini a dorso d’asino impigliati in qualche ragnatela che intesse il tempo per fregare il calendario e la sua presuntuosa progressione numerica. Donne avvolte in veli che sputano fuori a malapena gli occhi, ma occhi che lasciano una scia di colla quando si muovono.
E bambini così spettinati e belli che ti viene voglia di passargli le dita tra i capelli, per una carezza piccola. Poi li senti ridere – è una cascata di vetri rotti- e capisci che così sono belli: stupiti. E spettinati.
E bambini così spettinati e belli che ti viene voglia di passargli le dita tra i capelli, per una carezza piccola. Poi li senti ridere – è una cascata di vetri rotti- e capisci che così sono belli: stupiti. E spettinati.
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