Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

  • Scarpe robuste e cuore in ascolto (istanti rubati a #luglio2024)

    On: 12 Agosto 2024
    In: istanti rubati, quando la montagna era nostra
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    3 luglio
    È stato un onore incontrare chi, attraverso le sue parole, ha dato nuova vita veste e linfa a “Quando la montagna era nostra”. È divertente e un po’ straniante pensare che la mia microscopica e selvaggia valle trentina possa essere scoperta tra le polverose strade del Cairo o su una spiaggia assolata di Sharm El Sheikh.
    Il bello delle storie, dei libri: avvicinare luoghi geograficamente distanti. Avvicinare le persone. Fare incontrare.
    È già moltissimo, no?

    4 luglio
    Te la ricordi, la Bambina che c’è in te?
    Quello spirito affamato e libero che ti fa meravigliare, che ti fa emozionare, che crede ai miracoli: qual è l’ultima volta che ti ha parlato?
    Già, perché dopo anni a urlare, sgolarsi, cercare la tua attenzione, lei incrocia le braccia e si mette muta in un angolo. Perché continuare a insistere? Nessuno l’ascolta più.
    Lei dice: Guarda, è là che vuoi andare.
    E tu rispondi: Troppo lontano.
    Dice: È da quella cima che avrai la vista che cerchi.
    E tu: Troppa fatica
    Ancora: È questa la strada da prendere per incontrare quel che ti serve.
    E: Troppi ostacoli.
    Sempre così: Non ho gambe abbastanza forti, non ho abbastanza tempo, non sono abbastanza coraggiosa, non sono abbastanza intelligente.
    Il tempo passa e la Bambina zitta.
    Non li capisce tutti i tuoi limiti, lei che vedeva al buio e inventava universi.
    Le paure le conosce, quelle sì, ma non comprende perché non sei disposta a usare quel briciolo di coraggio.
    Usarlo come uno sgabello, il coraggio: mettertelo sotto i piedi e arrivare a guardare oltre il muro che le paure ti hanno costruito intorno.
    Non le capisce, tutte le rinunce.
    Come se non fossimo al mondo per trovare un equilibrio a forza di inciampi.
    Come se non fossimo chiamati qui per spalancare gli occhi e abbracciarlo tutto, questo vasto folle spaventoso mondo.


    5 luglio
    Dopo una settimana in città, tra strade trafficate e mezzi strabordanti, questo era quello che mi serviva: una mattinata di silenzio e solitudine.
    Sarà l’età, certo, ma che privilegio vivere in un posto che mi somiglia – semplice, disordinato, verdazzurro, selvatico e imperfetto.


    18 luglio
    13, 14 anni.
    Estate.
    Fiume torrente pozza.
    Schizzi.
    Amici.
    Costume o mutande, piedi scalzi, fango nei capelli.
    Afa, zanzare a mazzi, graffi e lividi, ma chissene.
    Mamma, non ci facciamo male, restiamo ancora un altro po’.
    Il sole che si impiglia tra i rami e indietreggia, la sera un solletico a passo di formica.
    Domani niente scuola, si tira tardi.
    Abbiamo tutto il tempo del mondo.
    (C’è qualcuno di noi che non abbia un pezzo di sè ancora impigliato in quei giorni là?)


    22 luglio
    Due giorni tra monti e mare con Eliandro e non si può dire che ci siamo annoiati. Se raccontassi tutto quello che ci è successo probabilmente non ci credereste (e fra l’altro non ne uscirei nel migliore dei modi).
    Fra il resto: una notte in una baita nel bosco, chilometri e chilometri a piedi tra monti e mare, l’attacco di un ghiro, oggetti persi e ritrovati, viaggi in treno fuoriprogramma, una corsa in farmacia, altri oggetti persi e ritrovati, colpi di scena, strade chiuse e rallentamenti vari… praticamente una gita sceneggiata da Quentin Tarantino.
    Abbiamo imparato un po’ di cose, tipo: non avvicinare gli animali nel bosco, per quanto apparentemente docili e indifesi. Ma anche che c’è in giro un sacco di gente solidale e pronta a darti una mano e che figo quando te ne accorgi!
    Abbiamo imparato che vale la pena vivere qualche inconveniente per incontrare nuove storie e per spalancare gli occhi su un’alba che filtra tra il fogliame e fa luccicare il blu del mare laggiù, da qualche parte al fondo dello sguardo.
    Insomma, se vuoi incontrare il Mondo: scarpe robuste, cuore in ascolto e camminagli incontro.
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  • Quando la Montagna era in arabo

    On: 30 Aprile 2024
    In: quando la montagna era nostra
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    Qui mi dovete credere sulla parola perché la copertina verde porta il titolo “Quando la montagna era nostra” e il ghirogo sopra è il mio nome e cognome.
    Il libro è stato tradotto in arabo e presentato al Salone del libro del Cairo.
    Dalla mia casupola tra i monti alle Piramidi ne ha fatta di strada, questo ragazzetto di carta… e io resto a guardare il suo viaggio, grata per questa nuova tappa.

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  • Facciamoci trovare pronti (Istanti rubati a #dicembre2020)

    On: 12 Gennaio 2021
    In: la mia vita e io, quando la montagna era nostra, viaggi
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    31 dicembre
    Ieri sera siamo andati a fare un giro in auto, di paese in paese, per vedere le luminarie. C’era una luna tonda e luminosa che si sarebbe potuto girare a fari spenti .Le strade erano lucide e deserte, fatta eccezione per una volpe e una nutria solitarie. Le decorazioni facevano capolino nei cortili, se ne stavano appese ai balconi, aggrappate ai muri. Poi, attraverso le finestre accese, ne ho intraviste altre private, più intime e segrete. Una candela, il lumino in cima alla capanna di un presepe. Mi è venuto in mente che, dopo che se ne è andata la mia mamma, per anni non ho fatto alberi, né appeso luci. Lei era l’anima del Natale, e adesso che non c’era più, non avevo nessuna voglia di festeggiare. Finché, un dicembre, non ho tirato fuori il mio piccolo abete, qualche pallina, un filo lucente. Non so perché, semplicemente era arrivato il momento di farlo. Come un seme che a un certo punto germogli. È stato faticoso, e liberatorio.Mi sono chiesta quanti alberi altrettanto faticosi ci fossero dietro quelle finestre, dentro quelle case e dentro tutte le case. Credo molti. Faticosamente in piedi, carichi di stelle e fiocchi di neve. Ho immaginato il gesto: una mano che pettina gli aghi sui rami e appende qualcosa. Accende una luce che forse non verrà vista da nessuno, o forse da un passante, in una notte come tante.Questo spero per il nuovo anno, per noi tutti: il desiderio e la forza di accendere luci.Il desiderio e la forza.Auguri!

    24 dicembre
    Qui, il fantasma dei Natali passati è dappertutto. È nelle slittate che mi ricordano quelle con mamma la notte della Vigilia.È nella sensazione di Ossigeno che mi investe quando a sera esco sulle strade buie, gelide sotto le stelle, e in quella di accogliente calore che mi fa formicolare le dita dei piedi intirizziti quando torno in una stanza scaldata dalla fiamma viva della stufa. Nei sensi intorpiditi dal tepore e poi acuito dal freddo fuori, nei vividi sogni a occhi aperti.È nei profili scheletrici degli alberi che fan sembrare i monti in lontananza enormi e bonari animali dal pelo ispido.È nel cielo basso, gonfio, così vicino alla terra, così vicino. È negli odori della cucina, nelle coperte spesse, nei libri seminati in giro, nei rari incontri sulle strade desolate. Il fantasma dei Natali passati mi porta in giro per la Valle, mi solletica fin quasi alle lacrime. Mi mette di fronte ricordi che pensavo d’aver perso – e son tutti qui, impettiti, i piedi nella neve, i profili di fumo.Mi raccontano vecchie storie, mi confortano alla loro maniera: promettono che torneranno – che non smetteranno di tornare. I miei auguri, quest’anno: facciamo pace coi nostri fantasmi, diamogli una possibilità. Se dobbiamo frequentarli, tanto vale farsi buona compagnia. Conviene a tutti, no? Felice Vigilia a tutti!

    6 dicembre
    Questo 2020 mi sembra se lo sia inghiottito la neve.Guardo indietro: una distesa bianca, uniforme, con pochi punti a cui appigliare il ricordo. Mi sembra ci sia stato tolto qualcosa -incontrare, abbracciare, viaggiare… le cose che sappiamo, certo. Ma non solo quelle. Non è mai tanto quello che non si è potuto fare, ma una mancanza di prospettiva. Come se la paura, i divieti, le inibizioni riducessero il mondo a una dimensione sola. A una impossibilità di espandersi, a un rattrappirsi delle facoltà di immaginare. Di desiderare. Sono quelle, mi dico, allora, che bisogna pungolare. Qualche minuto al giorno alleniamo le nostre fantasie come si allena un muscolo – una giornata con qualcuno, una terrazza sul mare, un concerto, un volo da prendere, un libro da scrivere, un nuovo sentiero, caffè e giornale al tavolino di un bar, nel via vai generale. Quel viaggio là. Cinque minuti al giorno: chiudiamo gli occhi, scaviamo a fondo. Troviamo la terza dimensione e forse persino la quarta: coltiviamoci. Verrà il tempo di bucare il terreno, dopo tutto questo gelo. Facciamoci trovare pronti.

    5 dicembre
    Somiglia il mio amore a una legnaia tenuta bene. Somiglia alla fatica di andare per boschi a tagliare ceppi, alla forza che serve per portarli a casa. Ma sempre pensando al calore che ti avvolgerà quando ogni notte te ne starai accanto al fuoco, a guardare la neve cadere.

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  • Lascia andare (Istanti rubati a #ottobre2020)

    È in arrivo la notte dei fantasmi ma non è da stasera che li frequento. Mi fanno compagnia quando cammino, me li porto in giro – o forse è il contrario, forse sono loro farmi strada. Parliamo, io racconto, gli faccio vedere: qui vedi, qui c’è dove ci siamo seduti insieme tante volte, là dove ci siamo fermati sotto la pioggia. Ricordi? Là abbiamo ascoltato l’acqua, sorpreso il capriolo. Loro sanno, certo, sanno tutto. Ma mi lasciano dire. Perché mio è il bisogno di tenere insieme, di non lasciar andare.
    Loro che forse proprio quello vorrebbero insegnarmi, nel nostro andar vicini: Lascia andare, che non vuol dire perderci. Mi sembra di capire che è questo che mi dicono: Continueremo, sempre, a camminare insieme.

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  • Quando la montagna era nostra (Istanti rubati a #settembre2020)

    On: 17 Novembre 2020
    In: quando la montagna era nostra
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    Il momento della giornata che preferisco è il mattino.L’alba addirittura, per quanto mi costi regolare la sveglia sul canto del gallo. Mi piace perché è proprio quel momento, quello sul nascere del giorno, che mi dà la sensazione che tutto sia possibile.

    Oggi quel sentore è amplificato: esce in libreria “Quando la montagna era nostra”.

    E’ un’avventura che comincia, un sentiero -visto che di montagna si tratta- che mi piacerà percorrere insieme a chi avrà voglia di tenermi compagnia. Porto da bere, una bussola e tutte le cose che ho visto, toccato, sentito, mentre questa storia arrivava fino a me. La prima? Le impronte dell’orso nel fitto del bosco. Chissà se le vedrete anche voi…

    Così ecco, comincia un viaggio, in un mattino di autunno: tutto è possibile.

    Partite con me?

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  • Di nuovi libri e vernice

    On: 11 Agosto 2020
    In: quando la montagna era nostra
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    Cosa succede quando si mette in fondo a un libro la parola FINE?
    Dopo mesi o anni di scrittura, intendo.

    Ancora non l’ho capita bene, questa sensazione. So che mi sento un pozzo prosciugato, un buco asciutto e terra rossa intorno e crepata dall’arsura. Ma allo stesso tempo: levità. Come dopo un esame, una maratona, una cosa che ci hai provato e in tanti momenti ti sei detto Non ce la faccio mica, e invece.

    E sento un desiderio di muovere il corpo, di andare fisicamente verso qualcosa. Dopo sere e sere e sabati e domeniche e notti e mattine davanti a uno schermo, sento il corpo semiatrofizzato che reclama il suo diritto a muoversi, camminare, ballare, salire una montagna. Faticare.

    Per questo -anche per questo- mi sono messa a dare il bianco. Adesso ho vernice persino sulle mutande, casa mia sembra lasciata indietro da uno tsunami e per passare dal bagno alla cucina devo fare lo slalom tra scale, secchi di giallo, pennelli, rulli e secchi di blu, senza scivolare sui nylon stesi qua e là. E no, non sarà una cosa tanto veloce.

    Ma la vernice fa un odore buono e da qualche parte si sta stampando una storia che mi è costata mesi -e persino anni- di impegno. Mica male, mi dico, grattando via macchie dai pavimenti, dalle braccia e dalle ginocchia. Mica male.

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