Bene, è dunque venuto il momento di accomiatarsi? Se domani il mondo finisce sul serio, non credo che sarò tra i salvati. Non sono abbastanza buona né abbastanza cattiva. Non ho caratteristiche particolari, che so, una vista prodigiosa, la telecinesi o la faccia di tola e la sistematica costanza di perseguitare il prossimo, per decenni, con le stesse puttanate, per dire – caratteristiche che mi rendano appetibile per la selezione naturale.
Read MoreIl senso della vita. Eterna ricerca, enigma per eccellenza. Quesito con cui tutti, chi prima chi dopo, ci troviamo a fare i conti. Scienziati, filosofi, carpentieri, teologi, preti e saltimbanchi. Ballerine e minatori, madri e vecchi, serial killer e santi. Ciascuno a modo suo si dà delle risposte, le accarezza come certezze salvifiche, le pesca a casaccio nel mare magnum delle possibilità, le accoglie come placebo a tutti i mali. Se le rigira tra le dita, le mette in riga e le razionalizza fino a farne regole matematiche, le rinnega dopo un dolore sfibrante, ci si accarezza i pensieri per lenire il male, scacciare la noia, trovare scorciatoie.
Tutti ci facciamo i conti, più o meno. Chi sempre, chi poco e chi troppo.
Chi mi conosce lo sa, non sono mai riuscita a schiacciare nemmeno un insetto (zanzare a parte, la categoria non me ne voglia). Anche perché da piccola mi capitava spesso di fantasticare sulle più –apparentemente- insulse bestiole. Sulle colonie di formiche, per esempio. Mi immaginavo questi gruppi industriosi e indaffarati venire sconvolti ogni volta da una mossa umana o di qualche animale appena più grande. Me le vedevo disperate e affrante, con il loro lavoro distrutto, incapaci di comprendere cosa stesse accadendo. Me le immaginavo correre a destra e sinistra, sconvolte dalla catastrofe, causata magari dal nostro semplice passaggio con una bicicletta.
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