1 agosto
Luce d’agosto.
Tre parole per dire un mondo. E la superluna dello storione, stasera: l’aspetterò a occhi grandi per vederla comparire, quando il giorno si fa sottile e la notte lo fascia con la sua sottana.
In bilico tra giorno e notte, i piedi nell’erba, i sogni accesi e proiettati sul lenzuolo sterminato del cielo.
Due miracoli insieme: esser vivi e saperlo.
10 agosto
Che estate strana.
Da qualche giorno in montagna c’è un freddo che ho raddoppiato le coperte sul letto e la sera, se esco, infilo una sull’altra buona parte delle cose che avevo in valigia. Ma, dicono, le temperature saliranno. Farà di nuovo caldo, dicono.
Intanto l’arcobaleno dopo il temporale è doppio e affonda i piedi a valle, dove scorre il fiume – sarà lì la pentola piena d’oro? Tra i pesci guizzanti, le pietre lisce, tra le onde fredde e inafferrabili?
Intanto mi hanno regalato un mazzetto di fiorellini che riempie la stanza di bosco. Ascolto Johhy Cash e leggo Truman Capote e l’arpa d’erba qui risuona più che mai, sui sentieri orlati di sassi, tra i rami del melo, nella preghiera che stilla dalla fontana, tutte le voci che mi hanno preceduta e mi accompagnano e mi accompagneranno – quest’arpa fatta di sussurri che sono tutti pieni di tenerezza e dicono parole d’amore e mistero e dicono La pentola piena d’oro è qui, l’oro è qui, non cercare tra i pesci del fiume, né su, lassù, dove la gobba indaco solletica il cielo.
L’oro è dove i tuoi occhi si abbeverano, nell’odore di ciclamino, tra le foglie dove il cuore gioca a nascondersi, nel respiro lungo del mondo. È dentro questo vento leggero di voci che suona la sua arpa dei prodigi tra l’erba ancora verde di agosto.
14 agosto
Traversata Rifugio Lancia – Rifugio Papa sul sentiero 105.
Un sentiero lunare, dove abbiamo incontrato più animali che persone. Per la precisione: nove camosci, quattro marmotte, tre rapaci, e poi corvi, farfalle, cavallette, pecore a frotte.
La notte in rifugio insieme a miliardi di stelle: polenta, crauti, partite a pinnacola, un letto a castello e prima un tramonto lento, lento, un tuorlo arancione che cola tra le cime sovrastato da un veliero di nubi.
Chilometri di montagna brulla che ha ascoltato i litigi e le le paci e le risate e un po’ di fatica e le confessioni (piccole cose di grande importanza).
Le preghiere tibetane che ballano al vento sulle cime, sopra le croci.
Le impronte che ci lasciamo dietro, le impronte delle nostre scarpe che adesso si somigliano così tanto da non saperle quasi distinguere.
Il mio cuore spalancato di gratitudine per questo camminare, ancora e ancora e vorrei sempre, vicini.
23 agosto
Sei viandanti su pe’ i monti – oltre i duemilaeduecento con un caldo che non ci si crede per questa quota, un caldo che nella salita ti arroventa le spalle e ti frigge il cervello e pensi che non è proprio possibile, e sai che sei un privilegiato in questo momento, che non sei a boccheggiare in città. Ma che comunque così non va bene.
Al rifugio, tempo per leggere Jhon Fante, per giocare a carte, esplorare i dintorni, coccolare tre agnellini nati da un giorno. Salire alla Croce per incontrare un tramonto color dello spritz, sentire i tuoi figli e il loro amico guardarsi intorno e dire Questo è il Paradiso, e pensare che se sanno cogliere la preziosità di un momento come quello, forse, le cose andranno meglio, forse andrà tutto bene.
Le gambe stanche, la cena ricca, il rito semplice e salvifico di sfilare gli scarponi.
I letti a castello nella camerata, la luce che si spegne alle 22, il bagliore che ancora viene da fuori – la notte piena di cose che possiamo solo percepire, laggiù, da qualche parte.
Svegliarsi al mattino in un silenzio pieno, sotto un cielo senza nuvole, compatto, senza increspature. Pensare come mi serve, tutto questo spazio.
Pensare di berselo a sorsi, il cielo: svuotarsi di tutto, riempirsi d’azzurro. Forse andrà bene.
27 agosto
Fine agosto. Restare quando gli altri vanno.
Paese di montagna che si spopola. Estate, ciao. Adesso ti defili, poi magari torni, un’improvvisata nel cuore di settembre. Nuvole scure e temporali invadono il cielo e le conversazioni di chi rimane.
Risale il brontolio della fontana nella contrada e il cielo di ruggine si popola di uccelli. Le rondini, soldatini sui fili, si danno appuntamento per il viaggio.
Avete già preparato, voi, i bagagli?
Avete preso tutto?
È questa la loro casa o quell’altra, giù giù nei cieli-senza-fine d’Africa?
È l’estate, la loro casa. E la mia?
Oggi è qui, in questo principio di autunno in anticipo sul calendario, sacche di tempo solitario, erba che sbiondisce, odore di legna dai camini. Le voci degli amici ancora nell’aria.
28 agosto
Mi tengo queste ore tra le dita, ne faccio un lenzuolo.
Mi terrà al riparo dalle piogge d’autunno, dalle recrudescenze del caldo, da tutte le nostalgie che certe sere mi sfilacciano il cuore come un lavaggio sbagliato.
Mi tengo questi giorni come amuleti, foglie d’edera intorno alle dita che si fanno anelli – pietre preziose i momenti in cui mi sono fermata a guardare, ascoltare. I rari momenti in cui ho saputo osteggiare il bisogno cocciuto di riempire il tempo, affollarlo di impegni, rimpicciolirlo nel tentativo di dilatarlo.
Faccio dei giorni un rifugio, una tana, per tornarci quando la sera mi precipita sulla nuca come un sipario e il mio cuore infeltrito chiama in preghiera la luce dei boschi.
30 agosto
“Uscì sulla veranda e si sedette. La notte era piena di suo padre”.
La notte è sempre piena di qualcuno, e alle volte anche i giorni.”Aspetta primavera, Bandini” me lo aveva regalato la mia mamma, una o due vite fa, a occhio e croce. Lo rileggo in questi posti che erano suoi, che ora sono i nostri.
Sono in Vallarsa, ma sono in Colorado. È estate ma c’è la neve. Tanta neve, muri di neve, nonostante il caldo.
Le montagne sono verdi ma sono anche “un gigantesco abito bianco caduto come piombo sulla terra”.
Ho pensieri di un quattordicenne che si affaccia alla vita, il suo amore straziante per una giovane italiana espatriata, ” Rosa: carta stagnola e cioccolatini, odore di un pallone da calcio nuovo, legnata in porta, corsa vincente alla casa base”.
Ho i miei sentieri da percorrere, queste pietraie e questi boschi, e gioco a indovinare i pensieri di mia madre quando mi ha regalato il libro, dopo averlo letto. Forse nemmeno li indovino; forse, semplicemente, li so.
Sarà che qui mi è più facile, da sempre, sentire il tutto che ci tiene insieme. Da qui le distanze sono un gioco di specchi, inframezzi ingannevoli di carta velina.
31 agosto
Giornate lente.
Nella casa sotto la nostra da qualche giorno sono arrivati dei musicisti. Da quel che ho capito, preparano un concerto di fine stagione.
Li sento dalla finestra aperta come fossi in platea di qualche teatro.
Leggo i racconti di Eudora Welty – come è possibile rendere la vita così viva e integra e palpitante a forza di parole?
Bevo caffè, scrivo, guardo un film coi bambini. Aspetto che spiova per andare al bosco, al pascolo all’albero, al ruscello. E poi ancora al bosco, al riposo frondoso e fresco con Settembre che bussa all’uscio di rami e foglie arrossate.
Incredibile come si mescoli bene al cielo d’autunno il suono della viola e del pianoforte.