È sempre molto difficile descriversi, raccontare se stessi con pregi e difetti. Siamo materia in evoluzione e per quanto di vada a fondo nell’autoanalisi, ci sono alcuni barriere difficili da superare. Una zona di penombra che illuminare è molto faticoso.
Per esempio, quando vengono richiesti i maggiori difetti, il 90% degli esseri umani in grado di intendere e volere include nella propria top ten “ostinato” o “cocciuto”, tuttalpiù “scorbutico”. Quasi nessuno dirà mai “sono stronzo fino al midollo” o “sono falso come la chioma di Berlusconi”.
Anche io non so bene quali aggettivi attribuirmi, ma una cosa è certa: come raccontavo qui, la casalinghitudine sta alla mia natura come i tronisti di “Uomini e Donne” stanno alla ricerca scientifica. Così, se per esempio mi chiedono quale sia la ricetta in cucina che mi viene sempre, la risposta è certa: NESSUNA.
Ci sono ricette che mi vengono ogni tanto, altre che non mi riescono mai, altre ancora che più o meno casualmente mi riescono in buona percentuale. SEMPRE, nel mio ricettario, non esiste.
È che sono troppo distratta maldestra creativa e non faccio mai una cosa due volte allo stesso modo. La mia pizza in genere è buona, per dire. Ma sicuro che se mi azzardo a invitare amici a cena (e comunque se sono amici mi conoscono e declinano l’invito oppure si presentano alla mia porta cibo muniti stile picnic di pasquetta), dicevo di certo se invito gente a cena l’impasto si trasforma in un blob colloso e straripante.
Per qualche insondabile legge della fisica, per uno specifico astio del lievito nei miei confronti o per qualche cosa nascosta nel mio karma, chi può dirlo.
Sono anche molto abile nell’autoboicottarmi. Mettendo sale al posto dello zucchero, dimenticando la torta nel forno fino a che non si trasforma in un monoblocco fossilizzato o assicurandomi un’ustione di alto grado nel maneggiare un pentolino sul fuoco.
Sembrerà strano, ma non sono male nelle grigliate. Forse perché è un lavoro più di fatica che di fino. E si fa sotto il sole, e con gli amici intorno che sorseggiano birra ghiacciata.
L’ultima volta che ho fatto le crepes, Federico è corso in casa dopo aver notato i segnali di fumo dalle finestre e quando sono riuscita a metterlo a fuoco attraverso la cortina di nebbia londinese, ho notato che era armato di estintore e maschere antigas. Voleva usare il mio grembiule come camicia di forza per immobilizzarmi fino a emergenza terminata. E per fortuna non ho vicini di casa, altrimenti avrei un processo in corso per disastro ambientale.
Quando preparo gli gnocchi in casa –perché io insisto, eh, mica mi arrendo al karma- la cucina sembra la casetta di Biancaneve dopo che i sette nani hanno improvvisato una battaglia coi sacchi di farina.
Il punto è che lo sanno tutti: io ai fornelli sperimento, ma non garantisco l’incolumità di ospiti e ambienti.
Lemuele aveva circa 15 mesi e si sgranocchiava anche i copertoni del trattore di suo padre se ci beccava distratti; quando gli ho porto uno dei miei biscotti impastati con tanto amore (non erano granché belli, ma che fa) mi ha guardato serio e mi ha detto “No, ace” [trad. No, grazie].
Lapidario.
Visto che la reazione degli altri familiari è stata più articolata e prolissa ma di identico contenuto, ho mangiato biscotti autoprodotti per un paio di settimane.
Del resto ho sempre detto che avrei garantito l’alimentazione dei miei figli fino al termine dell’allattamento al seno. Perché lo so, la cucina non è il mio ambiente.
C’è una ricetta, però, che MI PIACEREBBE mi riuscisse come si deve. Sono i grostoli, dolcetti trentini simili alle bugie (ma più buoni). Mia madre ce li preparava ogni carnevale e ricordo quei pomeriggi passati a impastare e friggere insieme a lei e mia sorella come giornate di festa.
Li ho fatti e rifatti con risultati ACCETTABILI, se si soprassiede sulla fusione di un manico di mestolo e qualche litro di olio bruciato.
Ma ci riproverò, ancora e ancora, perché nella mia lista di aggettivi quel “testardo” ci sta a pieno titolo.
E se faranno schifo potrò sempre commentare “A carnevale ogni scherzo vale”.
Qui la RICETTA, dagli appunti gastronomici di mia sorella:
INGREDIENTI
30 grammi di burro
1 e mezzo bicchieri di zucchero
2 uova
1 bustina di lievito
4 etti di farina bianca
1 bicchierino di rum
olio per friggere
Impastare tutti gli ingredienti e lasciare riposare per un quarto d’ora.
Stendere la sfoglia sottile, ritagliare con un bicchiere i biscotti e immergerli in olio bollente per qualche minuto.
Alla fine cospargerli di zucchero a velo.
Suggerimento: meglio un pentolino piccolo e profondo, per evitare sprechi di olio.
Il jolly è: mai arrendersi. Almeno fino a quando resta qualcosa della cucina
Questo post partecipa alla Staffetta dei Blog, un’interessante iniziativa nata per far circolare le idee in Rete, trattando ogni mese un argomento diverso. Carino, no?
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Il prossimo appuntamento è per il 15 settembre
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Dai che con la pratica tutti possono diventare bravi in cucina. SPerimenterò anche questa
The Real Person!
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non perdo le speranze! grazie, buoni grostoli!
Ah.. da me si chiamano crostoli!
Non mollare!!! E poi la cucina è bella proprio perchè puoi sperimentare. Io quando andai a vivere fuori casa per studiare all’università non sapevo fare praticamente nulla. Ricordo che partii con una serie di post-it con vari suggerimenti e raccomandazioni di mamma e nonna e un quadernetto con semplici ricette di base. Ancora oggi mi capita di commettere errori o di fare piatti non proprio riusciti.. L’ultimo disastro in ordine di tempo è stata una zuppa di zucca letteralmente dimenticata sul fuoco.. em… ho prodotto un interessante carbone, ma per fortuna sono almeno riuscita a salvare la pentola!
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ahah anche io sono specializzata in carboni! ma no, non mollo, in fondo mi diverto a fare esperimenti. l’aspetto tragico del cucinare, secondo me, sta nel fatto che in teoria si mangia tutti i giorni… se si potesse stare ai fornelli una volta ogni tanto sarei un’entusiasta della cucina!
bello il tuo post!
mi ha fatta sorridere!
anche io in cucina sono una frana e non e’ stato facile trovare una ricetta davvero infallibile 🙂
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sapere che non sono la sola mi consola un pochino. grazie!
Chiamateli come volete, ma sono una meraviglia!!!
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concordo! magari non quelli fatti da me, ma gli originali sono super!
Dalle mie parti si chiamano chiacchiere e anche a me piacciono tanto, anche se non ho mai provato a farli: di solito ne faccio richiesta a mia sorella che è una garanzia!
ciao,
cri
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quello sì è un ottimo sistema, anche perché sicuramente tua sorella è molto più affidabile della sottoscritta!
a presto
Brava! mai arrendersi!
Sei forte comunque 🙂 io sono piena di cicatrici per la mia ehm “creatività” in cucina…l’ultima poco piú di un mesetto fa: bruciato il polsosinistro sfiorando la padella…difatti mi sono ormai da immemore tempo auto soprannominata Madame Katastrophe!
A presto!
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allora mi sa che abbiamo molto in comune! potremmo organizzare una cena insieme e vedere che ne esce…
grazie, a presto!
Ecco, sarebbe carino, sperando di non combinare guai ;P
semplici ma sembrano un ottimo consiglio per le mie figlie
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da provare!;)
Grostoli, crostoli, cenci, chiacchiere, bugie, frappe, sfrappe… quanti nomi in giro per l’Italia per chiamare questo dolce così piacevole da sgranocchiare in compagnia!
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essì, viva il carnevale!
Credo che si può sempre imparare a cucinare dignitosamente, basta munirsi di un libro serio di cucina e seguire alla lettera le ricette. Per esempio Il cucchiaio di argento…
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Dici che c’è speranza per tutti? ti farò sapere, grazie per il suggerimento!
Anch’io sono “creativa” (che sta proprio, senza dubbi, per “distratta-maldestra”) in cucina. Ma il lato molto piacevole della faccenda è che quando vengono i miei amici (e per fortuna vengono molto spesso!) scatta al volo l’automatismo: io mi faccio da parte e loro vanno ai fornelli. A volte mi inviano prima la lista della spesa e io eseguo fedelmente. Poi apparecchio, metto i fiorellini in tavola, chiacchiero e distraggo tutti…insegno persino a tutti a fare gli origami con i tovaglioli… ma nessuno mi lascia avvicinare ai “miei” fornelli. A volte mi chiedono di comprargli una pentola fatta così…o così… che poi io non uso mai e che lascio a loro. E a casa mia, come si mangia bene!! Quindi c’è sempre un lato “B” nelle cose…! Il punto è che se dovessimo, tu e io, trovarci a cena, lo spazio davanti ai fornelli rimarrebbe un po’sguarnito, a meno di non invitare anche altri amici…! Si può fare, si può fare…!
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Ma vedi? Il lato positivo è che con noi non ci si annoia mai! Io in ogni caso continuo a provarci e qualche (rara) volta riesco a stupirmi da sola. L’importante è non arrendersi e riderci su!
Sembrano quelle che fa mia mamma, mi segno sta ricetta così le proverò anch’io il prossimo carnevale! Grazie 🙂
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dai, così poi mi fai sapere come ti riescono!
Non sarai una chef ma sei sicuramente simpatica :-)))
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grazie! in effetti mi conviene puntare sulla carta simpatia, quando mi chiedono di cucinare qualcosa!!:D
Le ricette semplici sono SEMPRE le migliori… vedi che la parola SEMPRE può tranquillamente starci! 😀
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ahah giusto, saggia osservazione! l’unico inconveniente è che per me nemmeno l’uovo sodo è semplice. ma migliorerò!