4 maggio
Mi sono svegliata cinque minuti prima della sveglia. Saranno state le 5.50 dopo un sonno abbastanza di schifo. Ho cercato di riacciuffare un sogno di cui mi era rimasto poco più del finale: enorme villa nel bosco, alle vetrate decine di dinosauri. Scenografia alla Walt Disney. Peccato aver perso il proseguo.
Mi sono buttata giù dal letto, il cielo fuori era ancora cenere.
Sono giorni faticosi: anche la speranza/la preghiera richiede una sua intensità. In macchina, alla radio, davano una bella musica e sul fiume il firmamento trasmetteva un’alba spettacolo: un tuorlo liquido sotto un merletto di nuvole.
La prendo per una promessa?Al bar della stazione, caffè (cuore con la schiuma) e un libro nuovo (un regalo). Racconti. Ai binari, nuvola di bambini in gita. Vanno al mare. Hanno zaini pieni di dolcetti e tutto il blu già dentro gli occhi.
11 maggio
I campi sono pieni di papaveri rossi. Non ricordo di averne mai visti tanti cone quest’anno.
Li attraverso a piedi per mandar via lo sfarfallio che ogni tanto sento tra lo stomaco e il petto. Per farlo star buono cammino, oppure scrivo.
Quello sfarfallio mi dice sei inquieta, ma anche: sei qui, sei viva. Non ci piace che ce lo si ricordi, perché la frase si completa così: sei viva ADESSO. Chissà dopo. Chissà domani o tra quarant’anni. Non ci piace che ci si ricordi la caducità. Nemmeno con il coraggio lucido e intaccabile di Michela Murgia. Le sue parole mi accompagnano da giorni. Pungono, eppure consolano. A volte le parole possono farsi vita, possono farsi forza. Se non è un miracolo questo. Le ripasso mentre attraverso campi di papaveri rossi, i petali di carta velina, un palpito nel verde, mazzi fugaci di cuori accesi.
(E penso: grazie, anche per questo: “l’Aldilà non è un luogo ma uno stato sentimentale” – semicit.).
16 maggio
Faccio spesso uno stesso sogno, in salsa diversa.Sono in un posto nuovo, per lavoro o altri motivi non chiariti. Mancano pochi giorni al rientro a casa e realizzo di non aver visto quasi nulla. Perché?, mi chiedo. Perché non sono andata oltre questa via, quartiere, paese? Perché sono stata così pigra, timorosa, inconsapevole?
E a quel punto devo recuperare, fare presto.Mi sveglio sempre con la stessa sensazione di incompiuto e delusione. Avrei potuto, avrei dovuto…E con la stessa, implacabile domanda: non è il mondo un luogo di cui avremo visto sempre troppo poco?
(Solo quel “tornare a casa”, in qualche modo, mi consola…).
25 maggio
Visto il meteo non sembrerebbe, ma sono le ulltime settimane di scuola.
Pare possibile? Un altro anno di mattinate sui banchi, odore di inchiostro e panini tirati fuori nell’intervallo, di atomi-fiumi-regni-genitivi-carlomartello, di ripasso disperato prima che la prof entri in classe – ma oggi interroga o non interroga?
È passato un altro anno e ne sono passati parecchi dal mio, ultimo anno.Giusto la settimana scorsa ci siamo riviste, con le compagnie del liceo. Ti racconti i figli, le ultime cose al lavoro, i prossimi viaggi, quel giorno che in stazione hai beccato il vecchio bidello o la tale di terza b al bar, e ripassi i ricordi comuni (la gita a Rimini, i capelli nella foto di fine anno e le orrende spalline sotto le magliette). Ma sotto sotto, tra le pieghe di tutti i discorsi, negli spazi tra le parole, tra le risate, è tutto un chiedersi: ma come è andata che siamo qui? Che tutto questo è passato? Che è passato così tanto da quando è passato?
Il tempo è un gatto, mi dico. Un momento ce l’hai seduto in braccio a farti le fusa che sembra non doversene andare mai più, potresti giurarlo che non se ne va. Un momento dopo è sparito – un balzo flessuoso: resta una sensazione stupita di vuoto e la maglia piena di peli.