Una noce di luce chiama i miei occhi fuori dal finestrino, mentre distratta mi guardo intorno, su questo treno che anche ‘sta sera mi riporta a casa.
Si allunga il giorno, si stiracchia sulla pelle del mondo, è solo un chicco di primavera che si fa strada, piano, sotto strati di gelo.
Si allunga il giorno, si stiracchia sulla pelle del mondo, è solo un chicco di primavera che si fa strada, piano, sotto strati di gelo.
È un seme piccolo che spezza timido i rigori delle lunghe notti nordiche, che ti si struscia intorno alle spalle con il suo tepore tremulo di brevi segreti preziosi.
E promette grandi cose: sfilate sfacciate di fiori nuovi, i passi dei miei figli su distese riconquistate di verde.
E promette grandi cose: sfilate sfacciate di fiori nuovi, i passi dei miei figli su distese riconquistate di verde.
Passi che sono corse e sono inciampi e piccole acrobazie tra i fili d’erba.
E sono giuramenti solenni di perenni estati a rincorrere fiabe nei prati.
E sono giuramenti solenni di perenni estati a rincorrere fiabe nei prati.
Una primavera che si annuncia, con un sussurro che è poco più di un miraggio, è il motivo del sorriso sbilenco che vedo riflesso nel mio finestrino, su questo treno lento che mi riporta a casa.
(ma la mia primavera è tutte le sere, quando arrivo a casa e prima di entrare in cucina resto ad ascoltare fuori dalla porta, e nelle voci dei miei bimbi il mondo intero si scioglie di incanto).
Il jolly è: fidarsi della prima rondine. E non di chi giura che nel suo becco non custodisca chicchi di primavera