Dicevamo di come ci si sente nel primo periodo dopo il lieto evento. In sunto: si è stanche, ma stanche è un eufemismo. Fuori forma, anche, perché nella migliore delle ipotesi nelle ultime settimane prima del parto sarai riuscita a malapena a trascinarti da un divano a un letto (ginnastica base), a fare qualche passeggiata stile pensionato ottuagenario (non per tutti), e a piegarti quanto basta per allacciare le scarpe (sport estremo).
Non avrai voglia di ricevere la visita -magari pure a sorpresa- della cugina dell’amica di tua zia, che in condizioni di normalità non ti avrebbe salutata per strada, ma trova sia una splendida idea venire a fare un salutino al pupo (che ha 2 giorni di vita) ora che tu sei in pigiama, ma sporco, con le occhiaie tatuate e spettinata come se fossi appena uscita dalla galleria del vento. E con il desiderio di socializzare di una cavia con il suo vivisezionatore.
Mixando gli elementi si ottiene il ritratto psicologico di una neo mamma. Dire che si è fragili non basta. Ma a tutto questo bisogna aggiungere il più serio dei sintomi, il cosiddetto baby blues. Quella tristezza inconsolabile e apparentemente inspiegabile che colpisce circa il 70% delle puerpere. A questo sì, bisogna stare attente.
Dopo il primo parto ricordo il rientro a casa come un incubo. Ero stremata e dolorante,e tanto più affranta perché mi aspettavo che quello sarebbe stato il momento più felice della mia vita. Mi immaginavo di entrare tutta sorridente e leggiadra in una casa agghindata a festa per il bebè, tra i sorrisi del papà e gli hip-hip-hurrà dei nonni. E nella realtà la cornice era perfetta, l’unica nota stonata ero io.
Ed è stato così per un bel po’ di giorni, mentre mi sforzavo di razionalizzare che non c’era nulla di sbagliato in me, che ero semplicemente ostaggio dell’associazione a delinquere organizzata dai miei ormoni. La paura di non farcela, il terrore di sentire i pianti del tuo bambino e la difficoltà a restare sola con lui, nonostante sia obiettivamente la cosa più preziosa che hai al mondo. O forse proprio per quello. Le mie paure toccavano tutti i temi e le fasi dell’umana esistenza: dal terrore che mio figlio soffocasse in culla a quello che, adolescente, si votasse a una vita di delinquenza e droga. Fatto sta che tutto era molto più grande di me.
Ecco, credo che queste siano sensazioni comuni, e che se ne parli ancora troppo poco. Quello che mi ha aiutata a superare “il momento più bello della mia vita” è stato il calore della mia famiglia e la pazienza del mio compagno. Che, oltre a far buon viso a cattivo gioco di fronte ai miei umore ballerini, ha avuto sempre la voglia di chiedermi Come stai, e ascoltare la risposta sul serio. E abbracciarmi, sul serio.
Mariti, sorelle e amiche non dovrebbero lasciare sole le mamme durante la fase del baby blues. E le donne non dovrebbero trascurare i sintomi perché potrebbero trasformarsi in qualcosa di più profondo e difficile da domare. Chiedere aiuto non significa essere deboli, ma essere intelligenti.
E superare quei momenti difficili ti permette di godere finalmente delle emozionanti più intense, autentiche e preziose della tua vita. Ti permette di stringere il tuo bimbo tra le braccia e sentire che non esiste fastidio o dolore che tu non possa affrontare per il profumo della sua testolina e per quegli occhioni spalancati sulla sua mamma.
Il jolly è : sostegno. E la forza di chiederlo
*Più info qui
**A giorni esce Maternity Blues, magari vale la pena fare un salto al cinema
E’ come tuffarsi in un lontano passato…guardandosi allo specchio.
Bravissima. ciao. pomella
già, e guardando indietro ci si riesce pure a ridere su! (grazie)
hai guadagnato una seguace: non ti mollo più! :))
ma grazie!=)
Gia’, anche a me. Con questo mi hai conquistata. Sei brava, sai? 🙂
Verissimo post, che poi a me il baby blues non è venuto al rientro a casa quando gli ormoni han incredibilmente continuato a sostenermi, ma qualche tempo dopo quando nella nostra vita è entrato uno strumento infernale: ta-da-da, la bilancia pesaneonati, brr, ancora tremo al pensiero.
Come se il benessere o la felicità si misurassero in grammi o percentili?!?
Come se ne esce? Con la condivisione tra mamme, parlare parlare parlare, confrontarsi con sincerità e sostenersi l’un l’altra, perché giuro che scoppio in una fragorosa risata davanti alla prossima che dice: il mio dorme tutta la notte-mangia il giusto e in rapidità-non so cosa siano le colichette-io ho più tempo di prima per me e ho già perso tutti i chili bla bla bla
eggià, la tremenda doppia pesata! Pensa che a me in ospedale l’hanno fatta fare con Lemuele e non più con Eliandro… a distanza di soli 13 mesi è cambiata la moda. Meglio così comunque!
D’accordissimo sull’importanza della condivisione tra mamme, è davvero un’ancora di salvezza!
in pratica hai fatto un report della mia condizione al ritorno a casa…e ti aggiungo pure che le mie tette al vento le ha viste pure la trisavola che credevo morta…
ecco, la trisavola in effetti mi mancava!;-)
E’ INCREDIBILE : TUTTO QUELLO CHE E’ SUCCESSO A ME , COMPRESA LA VISITA DELLA A SORPRESA DELLA CUGINA DELL’AMICA ECC ECC…
GRAZIE FIOLY , ORA MI SENTO MEGLIO A CONDIVIDERE QUELLA SENSAZIONE DI TRISTEZZA LATENTE CHE MI HA ROVINATO I PRIMI MESI …
eggià, e mi sa che purtroppo siamo in grande compagnia! per fortuna poi passa e ne resta un vago ricordo…