Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Operatori di call center: tipi psicologici

On: 22 Gennaio 2015
In: scienza&fantascienza
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gabiano, ALVivere in campagna e isolati è bello (per chi piace) ma, come tutto, ha il rovescio della medaglia.
Una delle controindicazioni è la difficoltà di mantenere una costante (basterebbe anche qualcosa in più che occasionale) connessione internet e telefonica. Insomma, a volte sei proprio tagliato fuori, soprattutto in inverno dopo piogge abbondanti o -il cielo non voglia- una nevicata. I guasti si sprecano e siccome la densità di popolazione è superata da quella degli equini, le varie compagnie telefoniche delle mie accorate proteste se ne strafott non si curano granché.
Per questo ho un filo diretto (ma non privilegiato) con gli addetti al call center e ho potuto, in anni di fedeli frequentazioni, tratteggiare alcuni tipi psicologici dominanti.

 

Il timido. Non parla, sussurra. Sperando che a voce bassa le informazioni si disperadano nell’etere prima di suscitare la rabbia profonda del cliente frustrato.

 

L’intimista. Per impietosirti e stemperare il nervosismo dopo l’ottava chiamata, di tanto in tanto, butta lì alcune vicende di vita vissuta. Anche a me è capitato, signora, dopo la nevicata di due inverni fa sono stata senza connessione per giorni, e pure senza luce. E avevo pure il gatto malato, si figuri.
Mi figuro, mi figuro.

Il premuroso. Ogni 12 secondi di silenzio, durante i quali starebbe lavorando per risolvere il guasto, ti conforta con voce ferma: Sono ancora qui signora. Come ti stesse guidando in una manovra di rianimazione di primo soccorso.

L’aggressivo. Quello che non gli va di farsi mettere all’angolo.
“Senta, mi avete detto che mi avreste richiamata dopo cinque minuti e sono passate sei ore: posso capire cosa sta succedendo?”
“Signora guardi, qui facciamo tutti del nostro meglio per risolvere il problema, sa? C’è un guasto interstellare e noi non possiamo farci niente, i tecnici in zona stanno già lavorando da giorni…”
“Basta saperlo, prima mi avete sbattuto il telefono in faccia.”
“Ma questo è un altro problema.”
Certo. Non ha nulla a che vedere con il fatto che ogni chiamata mi costa 28 minuti di attesa. Minimo.

 

Il fatalista. “Evidentemente lei non può usare il modem in wi-fi, non è configurato.”
“Ma veramente lo usavo fino a mezz’ora fa.”
“Bè, a volte si sconfigura.”
Chiaro, niente è per sempre. Figuriamoci il wi-fi.

 

L’irriducibile. “Guardi è la terza volta che chiamo e non mi avete risolto il problema.”
“No guardi, qui ci risulta che il problema è risolto.”
“Ma io non riesco ad accedere alla Rete.”
“Ma per quello che vedo io lei riesce.”
Ah bè, se lo dice lei.

 

Il supercazzolaro. Quello che cerca di colmare vuoti di certezze piazzandoti una raffica di tecnicismi e spiegazioni tra lo scientifico e il fantascientifico. “È chiaro che il segnale non arriva perché una tempesta solare sta momentaneamente attraversando il campo magnetico che sovrasta il ripetitore che sovrintende il suo modem.”
Uhm?
(con scappellamento a destra)

 

(Nota politically correct: Sono stata operatrice di call center anche io e so bene quanto sia stressante avere a che fare con clienti insoddisfatti del servizio. Non so a quale tipo psicologico appartenessi, ma so per certo che anche e ancor più “dall’altra parte della barricata” si potrebbe comporre una raccolta di aneddoti enciclopedica).

 

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