Ho collezionato passi, sopra una strada ma più spesso intorno, nei prati, nei sentieri di bosco, su vecchie mulattiere, solchi segnati ad aratro, trincee. Li ho fatti sulle mie gambe, in moto, auto, aereo, treno, barca, cavallo, navicella di luna park. Li ho fatti di corsa, scalza, ballando, controvoglia, saltando o sputando fiato in salita.
Ho avuto notti accese di luci e luci popolate di ombre e cuori scalati e altri sbucciati come cipolle grosse e dure, che fan lacrimare. Sono rimasta appoggiata al parapetto di sopra la vita, a guardare, aspettando un segno per tornare a scalpitarci dentro.
Ho collezionato rughe e qualche macchia sulla pelle, un tatuaggio che è ancora ferita, brufoli, tagli di capelli, sempre spettinati, vestiti, stracci, scarpe – vecchi dottor Martens, tacchi altissimi, punte da ballerina, stivali da amazzone.
Il mio corpo è stato più magro, più grasso, più sodo, ha avuto qualche taglio, operazione, sbucciatura, anestesia e due pance piene di vita.
Ho conservato parole, non in ordine alfabetico ma di bellezza: croco viene prima di astrolabio, malleolo viene prima di zazzera. Ho collezionato ti amo e fanculo e resta e vai via. Alcune me le sono appuntate dove so che non scolorano più, su tutte c’è mamma, e accanto il mio nome.
Ho messo in fila oroscopi, previsioni, notti ubriache con l’anima corazzata e il cuore in mutande, concerti sotto il sole dritto come un fuso e la gola in fiamme, momenti di vuoto così vuoto che hanno svuotato anche me.