Giochiamoci il Jolly: Blog di Fioly Bocca

Perdere o vincere tutti

On: 13 Giugno 2014
In: la mia vita e io
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vincereI primi Mondiali che ricordo li ho visti al mare. Ero in un appartamento di quelli che trovi in Liguria: piccolo, balcone tra i palazzi, spizzico blu laggiù in fondo al cemento, letti a castello. Eravamo mia madre, mia sorella e io. Lei era piccola e quando l’Italia ha perso sul più bello, ai rigori, è scoppiata in un pianto irrazionale e inconsolabile. Avrà avuto una sciarpa tricolore stretta in mano e si sarà sentita tradita. Come quando la vita promette e poi non mantiene. C’era da uscire a festeggiare con tutta le gente in canottiera e bermuda accalcata su terrazzini asfittici e invece niente: lacrime rabbiose sul piano alto di un letto a castello.

 

Quelli che ricordo dopo: avevo pochi anni e molta voglia di uscire di casa e partecipare alla vita, ancora misteriosa, dei grandi (ovvero quella fascia di popolazione imperscrutabile tra i 15 e i 20 anni). Con un’amica si stava in cortile a dar guerra all’afa a suon di ghiaccioli, ma al primo scoppio di urla o fischi si sgattaiolava veloci, fino al bar poco distante, a sbirciare le reazioni alla finestra, a intuire un rigore non dato o un fuori gioco appeso al fischio dell’arbitro.

Dopo, quelli con il fidanzato. Che, a dirla tutta, quando c’erano le partite di calcio tu era proprio come non ci fossi. Figurarsi quando giocava l’Italia! Ma era bello, vederlo esultare e gridare dentro la sua voce, aspettare i gol per farsi abbracciare, offrirgli da bere per consolarlo di un fine partita arrivato troppo in fretta, prima della rimonta.

 

Tutti i Mondiali visti insieme agli amici. Cene imbastite alla bell’e meglio ad accompagnare fiumi di birra e improperi e sfanculi. Nomadi da una casa all’altra, dappertutto gli stessi rituali –L’altra sera abbiamo vinto e stavamo seduti vicini, vieni qui e rimetti il cappellino come lo avevi, non incrociare le gambe, tieni il bicchiere nell’altra mano-.
Gli uomini a perdere fiato nell’incoraggiamento di un tiro nato sghembo, raschiando sul fondo del barile di corde vocali messe a dura prova, le donne divise tra occhi al cielo e tifo. Il caldo, il sudore di alcol ed entusiasmo gridato fuori come se anche tu corressi in campo sputando pezzi di polmone. Come se contorcendoti sul divano in modo spasmodico potessi dare una mano ai Maglia Azzurra pedinati attraverso lo schermo.

 

Una partita, in finale, vista una sera d’estate in montagna, mia sorella e io, ma stavolta si è vinto. Correre fuori in un paese deserto, poche anime strette intorno al televisore dell’unico bar, correre urlando che Abbiamo vinto, stavolta – Abbiamo vinto chi? Abbiamo vinto tutti, per una volta.


Non sono nazionalista né tifosa fanatica, non ricordo incontri-giocatori-formazioni, ma come è bello, una volta ogni quattro anni, sentire un tifo solo, avere qualcosa da condividere.

 

Una volta tanto: perdere o vincere tutti.

 

Il jolly è: forza Azzurri, dai!

 

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