Alle volte sopperisco al bisogno di viaggiare osservando la luce che trasforma i luoghi che mi sono familiari.
A maggio è capitato spesso. Non c’è stato nemmeno un giringiro, ma il tempo è cambiato così frequentemente che è stato come andare a spasso attraverso le stagioni.
Per esempio: trovare in casa tracce di topi (bella la campagna, eh) mi ha aiutata a convincere Federico a tenere un gatto. Così è arrivata Draghessa, che noi nomi normali non ner vogliamo, ed è la prima volta che ho un gatto mio. Che poi è una gatta di tre colori e spiccato spirito di adattamento, visto che nell’arco di poche ore ha fatto amicizia con il cane e i bambini, che se la portano a spasso sulla spalla come fosse un papppagallo.
E io che non ho mai avuto un gatto mio, provo la bellezza di scrivere con un felino sopra le ginocchia. Due frasi e una carezza. Un punto a capo e un po’ di ron-ron.
Abbiamo avuto un altro amico con l’ala ferita, un corvo. Ma è volato via in fretta.
Maggio è stato così. Frammentario. Un giro al Salone del Libro, qualche giro col libro, una giornata di festa con la banda -come mi piace la banda- qualche gita in campagna, un paio di sogni significativi, come sempre libri a profusione (Non scrivere di me di Livia Manera Sambuy, Ghiaccio-Nove di Kurt Vonnegut, Il grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, Maschere per un massacro di Paolo Rumiz, Big Magic di Elizabeth Gilbert, Io prima di te di Jojo Moyes, Maria di Isili di Cristian Mannu).
Sapete cos’è un sogno? Non è una chimera generata dal nostro desiderio, ma un’altra via attraverso cui assorbiamo la sostanza del mondo e accediamo alla stessa verità che svelano le brume, celando il visibile e rivelando l’invisibile. (Muriel Barbery)
Non sempre è un vantaggio. Ma mi piace pensare che la pioggia sia venuta per rinverdire i prati e profumare le rose.
E non è stato male vederla attraverso la finestra, la gatta sulle ginocchia, qualche frase e un po’ di fusa.