13 dicembre
Federico ha messo le lucine sull’abete in cortile. Sono gialle e intermittenti e quando le guardo di notte -le vedo anche dal letto- mi sembra che la notte sia più larga, spaziosa. Ci stanno dentro più cose.
Quest’anno il freddo lo sento più forte. Non so se è solo una questione di temperatura o di me che invecchio. Non credo. Mi copro, strati su strati. Eppure. C’è un’umidità che passa attraverso i tessuti, la pelle, le ossa. A volte vorrei qualcosa che mi rendesse impermeabile.
È che certi bocconi -anche se non sono destinati precisamente a te- hanno un gusto talmente cattivo che viene da pensare che siano medicine. Ma se poi non lo sono? A che servono, se non curano?
C’è nebbia e starla a guardare dai vetri mi piace. Leggo Baricco, James Still e Thich Nhat Hanh.
Leggere alza la mia temperatura interiore. Come aprire una mappa, disegnare una strada. Come chiamare un’amica. Come stravaccarmi sul divano coi bambini e dire: Scegliete un bel film in tv. Come dicembre, quando si fa tana in cui rannicchiarsi. Come piangere quando fa bene. Come guardare le luci sull’abete – accese spente accese spente – il buio che dura un battito di ciglia.
(Felice Santa Lucia a tutti)
24 dicembre
Per un paio di giorni ho guardato il mio albero dalla stanza da letto: influenza. Me ne sono stata sotto le coperte in uno stato di dormiveglia. Avevo bisogno di questo. Riposo. Letargo. Ne ho bisogno ancora, a guardare bene.
Quando mi sento meglio, leggo. Assaporo con lentezza quella meraviglia che sono i racconti di Rick Bass (La vita delle rocce). Scrivo biglietti di Natale. Scrivo messaggi di auguri.
Luce!, dico. Luce!, scrivo.
Ma lo so, lo sento, che alle volte quello che serve è fare tana nel buio.
Raccogliere le gambe al petto, stringerle con le braccia. Sentirsi il cuore.E allora anche gli auguri sono per piccole cose piene di significato.
Una bella storia – qualcosa di rassicurante a cui pensare la sera.
Un letto da cui vedere le luci sull’albero o uno scorcio amico oltre i vetri.
Una stanza calda – meglio una stufa, qualcosa che brucia, sulla stufa una buccia di mandarino.
Qualcuno che passa a chiederti: ti porto una spremuta d’arancia?
Una caramella, un frutto, un cioccolatino – qualcosa di dolce per mandare via l’amaro.
Una persona a cui vuoi bene che ti scrive: sto meglio.
Qualcuno che va in farmacia al posto tuo.
Avere un piano b e metterlo in pratica senza troppi rimpianti, quando certi progetti vanno in fumo.
Una lettera. Il bosco. Caffè.
E per chi ha la grazia di avere a portata di mano o pensieri le quattro cose che contano: gli occhi giusti per vederle. Anche per chi, ora come ora, questo lusso non sa proprio cosa sia.
Davvero, solo questo. Che sia sotto il sole o nel buio a piombo di una lunga notte boreale: avere gli occhi giusti per vederle.
Auguri a voi.
27 dicembre
A te che sei coraggio e vulcanica immaginazione. A te – tutto cuore e capriole tra le nuvole – che da dodici anni ci riempi la vita di Magia…Grazie per essere esattamente quel che sei. Auguri amor mio!#12
30 dicembre
Quello che devo imparare, soprattutto quando viaggio: stare con la testa sui miei passi, in asse con il corpo. Non, come son solita, oltre la prossima tappa, a sbirciare tra le immagini della prossima meta. Stai qui, adesso, mi dice la Vita: non è per questo che mediti? Mezzore seduta a gambe incrociate o abbandonata in shavasana e poi? La tua mente resta la solita scimmia che senza vergogna nè saggezza dondola di ramo in ramo.
Me lo dice in modi diversi, la Vita. Ad esempio: programmavo l’Ammerica e sono sui Balcani. Croazia, Montenegro. Baia di Kotor. Mangiamo arance mele mandarini fichi secchi rotoli di pizza e involtini di formaggio, ascoltiamo Goran Bregovic, beviamo tisane di Rooibos caramel, leggo Lana Bastasic (meraviglia!).
Costeggiamo la baia di Kotor che è un pezzo di vetro costellato da una strada stretta. Ci perdiamo per i vicoli di tufo seminati di luci e saliamo centinaia di scalini fino ai resti della fortezza di San Giovanni.
Prenoto una notte alla volta, leggo una pagina della guida alla volta, per la maggior parte del tempo mi scollego da Internet ed evito di cercare info commenti foto suggestioni. Ogni scalino mi dico: sto qui.
Respiro. Non penso a ieri, l’ultimo tratto in salita. Non programmo domani, provando a prevedere, premunirmi, prevenire. Mi concedo di immaginare la veduta oltre la curva, tuttalpiù. Il prossimo centimetro sulla mappa.
E sto qui. Che a ben vedere c’è tutto quello che serve – e molto di più.
31 dicembre
Ieri abbiamo camminato sul lungomare di Budva (che a esser sinceri non mi ha colpito granché). Un locale lungo la passeggiata mandava musiche balcaniche e a un certo punto ho visto in lontananza una ragazza orientale -giovane, i capelli scurissimi e lisci tagliati sotto le orecchie – che ballava sulla spiaggia. L’ho vista sorridente, si sarebbe detto felice di quel suo ballo solitario, improvvisato, a pochi metri dal bagnasciuga, a due passi dell’onda. Brava, ho pensato, così si fa. Indifferente al viavai di passanti nel pieno del giorno. Ci sei tu, una buona musica, il mare. Che ti importa se qualcuno ti guarda o nessuno.
Pensavo questo, mano a mano che mi avvicinavo alla ragazza, quando ho scoperto l’inganno: un uomo la stava riprendendo, o fotografando.
Rideva e ballava a favore di obiettivo.
Peccato, ho pensato. E ho pensato quello che vorrei per l’anno nuovo: passi di danza per me. L’entusiasmo e il coraggio di essere quello che sono senza il dubbio di piacere o spiacere a qualcuno.
Una buona musica, chiedo. Una musica fortunata, potendo. E piedi e pensieri liberi di seguire il ritmo, improvvisando la coreografia.
Auguri a voi! Che sia un nuovo anno felice.