21 Marzo 2015
Avrei pianto volentieri e forse l’ho fatto. Dev’essere successo nell’ultima mezz’ora, dopo un paio trascorse in auto alla disperata ricerca di un –bip- di parcheggio, e dopo aver setacciato ogni angolo di costa ligure con la pedanteria di un cercatore d’oro.
Sì, doveva essere l’ultima giornata al mare della stagione, una roba mordi e fuggi che io non amo molto (vorrei perlomeno riuscire a fare un bagno che mi dia il tempo di inumidirmi), ma che col mio moroso sono la norma in questo periodo (ovvero durante tutto l’anno eccetto novembre: momento poco adatto per le gite fuori porta). Sempre meglio di, dice il saggio.
Però stavolta abbiamo fatto male i nostri conti perché per cominciare siamo riusciti misteriosamente a perderci nell’entroterra ligure. Affascinante, eh, ma non quando hai un ottomesenne che con acrobazie e urla da far impallidire Tarzan ti scava nelle orecchie come un tamburo a percussione, stufo marcio delle tue ricerche della spiaggia perfetta, mentre l’altro non fa che gridare “mamma, papà, dado… tuffi!” perché gli abbiamo promesso ‘sto dannato mare e non gliene importa ‘na beata fava delle bellezze di vigneti, colline, alberi da frutto e altre amenità.
Così i nostri buoni propositi di non perdere la calma sottoscritti con un morbido sorriso alla partenza, sono crollati nello spazio di pochi minuti di afa e grida, trasformandosi in ruggiti scomposti e litanie di miserie. Prima abbiamo alzato la musica a tutto volume, trasformando la mia piccola auto in un danno ambientale vagante. Poi sono iniziate le recriminazioni. Gratuite e liberatorie.
“Ma non avevi detto di esserci già stata, a Finale? Allora è possibile che non sai dove si può lasciare la macchina?”
“Veramente io ci sono sempre venuta in moto. (Tié). E comunque saremmo dovuti partire prima”
“Ma se ti sei alzata per ultima!”
“Ehm”.
Niente. Quando già al culmine dell’esasperazione avrei quasi desiderato non essere mai partita (e per me è detto tutto), ecco che la ridente Noli ci accoglie a braccia aperte e ci offre un parcheggio. Chiaramente a pagamento. E chiaramente costa un botto. (Praticamente sommando benzina, autostrada e parcheggio saremmo potuti stare una settimana in India, per dire. Te possino). Che poi Noli è carina, ci ero già stata un paio di giorni di tante vite fa, ma ricordavo praticamente soltanto il bar degli aperitivi. Ah no, anche il bar degli aperitivi di fronte.
Comunque ormai ci siamo, nutriamo un nano e di corsa a buttare in acqua l’altro, così finalmente posso passare quell’oretta al sole e la giornata non sarà proprio da campare alle ortiche.
Ecco. Serve dire che a questo punto esatto della storia (perché era una candid camera, vero? Siamo su Scherzi a parte?), proprio adesso arriva LA nuvola? No, non ci posso credere. Se ricomincio a piangere adesso non mi vede nessuno, perché due sono in acqua e l’altro si sta impanando nella sabbia (sassosa) come una cotoletta.
Io mi voglio arenare qui. Spiaggiarmi tra questi turisti di fine stagione che si litigano pezzetti di spiaggia, con la tristezza di chi sta buttando nel cesso le sue ultime ore di libertà. Altro che sapore di sale sapore di mare, quello che sento è il gusto delle mie lacrime.
Poi mi volto e vedo questi tre ometti, due dei quali impiastricciati di crema solare (che ormai non serve più) che se la ridono come matti su un lembo di asciugamano che più che stare in spiaggia sembra d’essere in una favela. Pure con le nuvole e la coda fatta e l’afa e tutto il resto loro si divertono come pazzi. E mi chiedo, Ma sì, ma chi sta meglio di me? E mi torna il sorriso.
(La prossima volta, però, montagna)
Il jolly è: dimenticarsi la Liguria in agosto. Soprattutto se si arriva a mattinata inoltrata con due pupi affamati e stanchi.