22 Marzo 2015
Diciamocelo, è stato un po’ il viaggio della speranza ma ne è valsa la pena. Perché i quasi 400 chilometri che stanno tra casa e la nostra meta in Trentino possono trasformarsi in un pomeriggio di puro terrore con due nani scalpitanti a bordo e la canicola di un dopo pranzo a fine luglio (unico momento in cui i bambini dormono sicuro).
Così mio padre ci ha eroicamente caricati tutti e tre in auto, con tanti di quei bagagli e infrastrutture marmocchie che per farci stare tutto ci è voluto un esperto in ingegneria meccanica con l’hobby del tetris. E la nostra audacia è stata ripagata perché, contrariamente alle più cupe aspettative, i pupi sono stati quasi irreprensibili, eccezion fatta per una pozza d’acqua sul sedile posteriore creata ad arte con un abile gioco di biberon incrociati (roba da Olimpiadi).
Incredibilmente mi sono anche evitata l’ultima mezz’ora di salita verso la vetta, quella in cui in genere devo scambiarmi di posto con una sfilza infinita di sacche e borsoni per infilarmi tra seggiolino e ovetto sul sedile posteriore, tipo contorsionista da circo Togni, per consolare i due monelli ormai stufi e urlanti.
In genere è la mezz’ora più lunga del viaggio, quella che passo pregando di arrivare a casa senza aver vomitato l’anima tra una curva e una salita e senza lussazioni sparse.
Invece questa volta no: mi sono goduta l’ultimo tratto come nella vita pre-riproduzione, con il naso fuori dal finestrino a respirare l’aria più fresca e appena rarefatta, ad annusare l’odore di legna, di boschi, di echi di campane che rimbalzano tra le valli.
Mi è capitato spesso di venire qui in treno e di fare l’ultimo tratto in corriera. Allora il rito abituale era alzare la musica nelle cuffie a tutto volume, appiccicarmi al vetro e lasciare i pensieri scivolare fuori a inerpicarsi per i sentieri impervi, a riprendere confidenza con quelle strade silenziose, il ritmi lenti, i gesti facili.
E già pregustavo il coro di saluti e benvenuto, il sapore del formaggio di malga e della polenta –una metà di luna gialla e compatta scodellata dal paròlo in rame nella stufa al tagliere in legno- le mattine lente a stiracchiarsi e ad ascoltare il mondo da qui.
Rieccoci, allora. A riesplorare questa terra che conosco come le linee della mia mano, un’altra volta insieme ai miei figli. Come tutto fosse nuovo di zecca, un bel libro appena scartato a Natale.
Sarà difficile riposare più di quanto non riesca fare a casa. Però vuoi mettere! Ho un paio di settimane da riempire di questi colori VIVI e di nuovi giochi coi miei bambini.
Tornerò, come sempre, con una nuova collezioni di immagini, tutte nella mia mente, da sfogliare e ricamare quando sarò lontana.
Il jolly è: riempirsi narici e polmoni di tutto ciò che si respira qui