Non s’allunga il tempo, non stride il freno della corsa sui binari.
Pesano certe assenze, posti vuoti occupati da nessuno. Ma i fili ci sono, e legano. Nonostante l’evidenza di un quotidiano che ha scolorito le vecchie consuetudini, che avanza riflessi nel pozzo della memoria. Calo un secchio. Ma è così pieno di istanti che non ho braccia abbastanza per tirarlo vicino. Che restino lì. Drappi di amori confusi, inservibili come monete fuori corso, ma luccicanti come pance di lucciole nei prati umidi di notte e d’estate.
Del resto, le lucciole accendono luci prima dell’amore.
Pesano certe assenze, posti vuoti occupati da nessuno. Ma i fili ci sono, e legano. Nonostante l’evidenza di un quotidiano che ha scolorito le vecchie consuetudini, che avanza riflessi nel pozzo della memoria. Calo un secchio. Ma è così pieno di istanti che non ho braccia abbastanza per tirarlo vicino. Che restino lì. Drappi di amori confusi, inservibili come monete fuori corso, ma luccicanti come pance di lucciole nei prati umidi di notte e d’estate.
Del resto, le lucciole accendono luci prima dell’amore.
I ricordi scavano solchi dove il cuore si spaura. S’addensano e come arterie inspessite ostacolano l’andata e il ritorno dal cuore. Conto gli anni sulle dita, come bastasse per antidoto alla morte. Addiziono, sottraggo, applico formule che non salvano dal dubbio e dalla nostalgia.
(Ma se m’appoggio al muro quando fumo sono ancora bella).
(Ma se m’appoggio al muro quando fumo sono ancora bella).
All’origine di tutto, sei tu. Nelle ombre su quella terrazza dove non torna il sole, ti vedo vestita leggera dopo un giorno al mare. Con ricci freschi di permanente e sguardo di foresta.
Intorno, tutto solfeggia d’affanno.
_Cosa ci sarà, dopo?
_Io spero ci sia qualcosa da fare.
_Io spero ci sia qualcosa da fare.
Vorrei uscire, adesso, nel vento andaluso. Avrei vestiti corti e respiri in salita, mani piene di tequila. Occhi randagi. E tutte le notti, tutte quelle notti avute e mai resituite mi tremano nel petto come neon accesi. E la riga bianca, disegnata in terra una sera indaco di Spagna, non poteva durare sempre, come l’odore d’agosto nelle pinete.
Da cosa sei distratto, che ti svegli e son volati gli anni?
Bisognerebbe sorprendersi più forte.
Troppe finestre si spalancano certe notti, dentro questo vento marino. Senza abbassare le persiane non mi so difendere.
Ma è invincibile il bisogno di sbirciare.
Ma è invincibile il bisogno di sbirciare.
Però adesso ho un quaderno e una penna nuova: di cosa dovrei aver paura?
Tags: giacomo leopardi, infinito, mare, sproloqui, tempo
Paura di niente…solo di non usarli quel quaderno e quella penna…
The Real Person!
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hai colpito nel segno! 😉
che bella cosa leggerti.
The Real Person!
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cara che sei 🙂
grazie