Ho una storia da raccontare, se vuoi ascoltarmi. Dice di te e di me, prima di ieri, prima del tempo e del gheriglio di noce.
Ce ne stavamo stretti e in pace, forse sovrapposti e senza nessun bisogno. Ce ne stavamo zitti, perché le parole non erano state ancora inventate.
L’anima deve tendersi sugli abissi cosmogonici
mentre il corpo compie i suoi quotidiani doveri.
“Autobiografia di uno yogi” di Paramahansa Yogananda: è il volume che campeggiava da mesi nella mia libreria nel reparto “da leggere”. Me lo hanno prestato parecchio tempo fa, è consumato, sottolineato e mezzo distrutto, come piace a me, perché anche i libri, e non solo le parole che vi albergano dentro, devono avere una loro storia da raccontare. E questo di storie ne racconta un bel po’.
E sai che gli antenati approvano quando due gufi spuntano proprio nel momento che dici i loro nomi e così si fanno vedere per benedirti. Vedi, dici, vedi come girano la testa. Approvano anche te, mi dici. Benedicono anche me, chiedo. Aspetta, dici. Aspetta e vedrai. Io penso di sì, perché adesso sto venendo. Sto venendo da te.
(Toni Morrison, Il dono)
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