«Perché una casa è anche e soprattutto questo: un luogo che resiste, ovunque tu vada, qualunque cosa tu faccia o diventi. Puoi averne cento, o una sola. Ma conta poco, perché quell’unica può combaciare col mondo.»
Ecco, dicevamo, tutto ha avuto inizio così: tre personaggi con caratteristiche via via sempre più definite e un’immagine precisa letteralmente esplosa nella mia testa una sera di pioggia. Le tre insistenti voci e il loro incontro mi hanno fatto capire quale terreno volevo esplorare con “Un luogo a cui tonare”: dovevo frugare tra gli interrogativi che vi dicevo.
Dovevo scavare nel senso dell’identità di ognuno, nel tentativo di mettere a fuoco ciò che ci distingue dal resto. Provarci, almeno.
E da lì, vi ho raccontato la strada venuta dopo: la fatica, la luce intermittente della torcia, il terreno a volte friabile e melmoso, le sorprese lungo il cammino. E, insieme, la bellezza di qualcosa che stava nascendo sotto i miei occhi. Non gratis, no. A costo di molto tempo ed energia. Di fatica, pazienza e dedizione. Anche di un certo spirito di avventura e amore per il rischio.
Se non parti mettendo in conto l’eventualità non arrivare da nessuna parte, è meglio lasciare stare, io credo. Ma se pensi che sia un viaggio che può insegnarti qualcosa, ha sempre senso fare il primo passo. Meglio che stare alla finestra a domandarsi cosa sarebbe stato.
E alla fine? Dove si arriva? A una risposta? No, purtroppo e per fortuna. Forse ad altre domande, forse a scoprire e raccontare delle parti di sé, un pezzo della propria visione del mondo che potrebbe somigliare alla visione del mondo di molte altre persone. Persone che cercano, come te, e annaspano nel tentativo di ricomporre qualcosa di cui abbiamo prepotentemente bisogno: un frammento di noi stessi nel vasto mondo.
Ho capito -a forza di affastellare segni sulla mia mappa- che volevo indagare su ciò che resta di questo viaggio che facciamo, nudi e scalzi, attraverso la vita. (Me lo domando insistentemente, per la verità, in molti modi diversi). E non so la risposta precisa, definitiva, ma so che è moltissimo, quello che resta, comunque sia stata la traversata. Potrei giurarci.
Scrive Izet Saraijlic: L’ avvenire aveva mille nomi e solo l’ultimo era solitudine.
Finita la strada -questo pezzo di strada- ho riguardato tutto da là e ho pensato che, comunque andrà da adesso in poi, per quel che mi riguarda ne è valsa la pena. Forse non sono proprio andata da qualche parte, forse sono tornata in un luogo che mi apparteneva. Il mio Luogo a cui tornare.
Se sarà lo stesso per qualcuno che vorrà seguirmi -se questa storia saprà condurre qualcuno in un posto in cui è piacevole stare, anche per poco- ne sarà valsa la pena due volte.
Qui la partenza, il percorso, le motivazioni.
Io adesso vi aspetto qui: www.facebook.com/unluogoacuitornare/.
Siate i benvenuti: tornateci ogni volta che vi va. Sarebbe bellissimo se vi sentiste a casa.
“Un luogo a cui tornare” vi aspetta da domani -mercoledì 21 giugno- in libreria. Lo festeggiamo insieme alla Libreria Paravia, a Torino (piazza Arbarello 6)
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