Vorrei che il primo si chiamasse Tempo.
Quello che sgocciola piano, senza fretta, dalle mani rugose del mondo.
Il tempo senza lancette dei bimbi, che non teme mai il dopo.
Il tempo senza peso del sogno, che non ha obblighi con i numeri e la progressione.
Quello che sgocciola piano, senza fretta, dalle mani rugose del mondo.
Il tempo senza lancette dei bimbi, che non teme mai il dopo.
Il tempo senza peso del sogno, che non ha obblighi con i numeri e la progressione.
Vorrei che il secondo si chiamasse Voglia, ché quella, se manca, sbiadisce il senso e incancrenisce lo sguardo.
Voglia di un giorno al mare, del riso aperto di un figlio.
Di fare l’amore -come libellule, allacciate e sospese- di andare, tornare.
Partire, restare.
E’ Voglia anche la voglia di aspettare: un risultato, una lettera, il giorno.
O che spiova, soltanto.
Read More
Voglia di un giorno al mare, del riso aperto di un figlio.
Di fare l’amore -come libellule, allacciate e sospese- di andare, tornare.
Partire, restare.
E’ Voglia anche la voglia di aspettare: un risultato, una lettera, il giorno.
O che spiova, soltanto.