Il bosco non dorme.
Sento i pettegolezzi delle foglie quando la brezza porta notizie da chissàdove -hai sentito? così mi hanno detto- la parlata domestica della corteccia e i segreti sussurrati tra le radici, con sotterranea passione. Vedo gli occhi gialli e lontani dei cinghiali, delle volpi e dei pipistrelli che paiono rondini, nel buio dei rami a puntello del cielo.
La luce scolora e l’orizzonte s’inchiostra mentre gli sbuffi dei cavalli intorno, il loro terroso scalpiccìo, il pensiero che domani non avrò caffè al risveglio ma una falce di luna sbiancata, forse, un’unghia di felicità.
Il bosco non dorme e ne sento il respiro dentro il mio respiro, mentre scivolo nel sonno e tutto è qui, così vicino, come fossi io l’occhio sull’orlo del cannocchiale.
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Il bosco non dorme (Istanti rubati a #luglio2019)
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Istanti rubati a #settembre2016 (Ma poi, se tutto torna sempre: non dovremmo tornare anche noi?)
Lo sanno tutti: albe e tramonti sono porte, passaggi che conducono ad altri luoghi. (O forse lo sanno soltanto i bambini).
Anche settembre è una porta. Resta socchiusa per un po’, sbirci attraverso i gialli e i rossi d’autunno, poi una folata di vento la spalanca e ci sei dentro.
I tramonti di settembre, e poi di ottobre, sono cerniere. Il buio arriva veloce, ha meno premure delle notti d’estate; il buio sale dalla terra, e la luce sta tutta compressa nel coperchio di latte che fa da cappello al mondo.Qualche settimana fa abbiamo riempito un vecchio cestino da pik nik -uno di quelli che in certi film stanno sopra le tovaglie a quadri rossi stese sul prato- e siamo partiti.
C’è questa radura nel bosco che è un’atra porta. Sopra è appeso un cielo a cupola, lontano stanno i paesi, avvinghiati ai fianchi flosci della collina, intorno pareti di foglie e intrecci di rami. I bambini parlano agli spiriti del bosco. Senza accorgercene lo facciamo anche noi; la differenza è che loro stanno poi ad ascoltare le risposte.Federico ha insegnato a Eliandro e Lemuele a cercare la legna e accendere il fuoco, abbiamo abbrustolito pannocchie che nessuno ha mangiato. Poldo scodinzolava fissando i panini, ho fatto qualche foto, abbiamo bevuto una birra; il calore del fuoco faceva somigliare l’aria intorno a un fiume che sale. Cose normali così.
Intanto, intorno, succedeva che: l’estate scivolava in una versione di sé meno semplice e più raffinata. La sera si scioglieva, colava giù come una lingua molle, come tanti veli di tulle. Dopo, la notte s’è fatta notte per davvero, e il fuoco da trasparente è diventato rosso.Succede ogni volta così. Ogni giorno fa un passetto avanti, verso la prossima stagione, e la luce s’affievolisce e si inabissa. Per un po’. Mentre consumiamo i nostri piccoli riti quotidiani tutto si trasforma. E lo sappiamo.
Ma non guardiamo (quasi) mai.
(Ma poi, se tutto torna sempre: non dovremmo tornare anche noi?)
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Metti una notte nel bosco
Un falò nella radura al limite del bosco, tende sistemate in giro, una grigliata pronta sul fuoco. Gruppi di amici sparpagliati qua e là; chi è arrivato in auto, chi col quad, chi a cavallo. Queste sono le notti che piacciono a me.
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Sono arrivata con i pupi e Federico era lì, tutto intento a cucinare la carne e a controllare che i cavalli ricevessero cibo e acqua a sufficienza. Tutto intorno era un brulicare di luci veloci, quelle delle pile, e di passi a calpestare foglie secche e rami.